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Sorpresa Pyongyang, apertura a Trump: “Disposti a trattare, ma solo a certe condizioni…”

La Repubblica

Corea del Nord, apertura a sorpresa verso Trump: “Disposti a trattare a certe condizioni”

PECHINO – Miracolo sulla (nuova) Via della Seta. La Corea del Nord è pronta a trattare con gli Stati Uniti: “a certe condizioni”, ovviamente. Ma non è proprio “a certe condizioni” che anche Donald Trump si è detto disposto, anzi letteralmente “onorato”, di incontrare Kim Jong-un? La clamorosa apertura di Pyongyang è l’ultimo colpo di scena nella guerra fredda tra il resto del mondo e il Regno Eremita, come la penisola coreana era anticamente chiamata per il suo isolazionismo: guerra che rischia però di diventare da un momento all’altro incandescente, tra minacce del regime e la volontà degli Usa di Trump di risolvere la questione nucleare “non escludendo nessuna azione – neppure quella militare”.

L’apertura al dialogo arriva ora da un altissimo funzionario nordcoreano, Choe Son-hui, l’incaricata di “affari americani” del ministero degli esteri di Pyongyang, e la notizia è stata raccolta e rilanciata dall’agenzia di stampa della Corea del Sud Yonhap. Ma al di là della fattibilità o meno quello che colpisce è il timing. Da pochi giorni a Seul si è insediato un presidente, Moon Jae-in, che è stato eletto sull’onda della promessa di dialogare con il Nord, e per prima cosa ha detto infatti di essere “disposto ad andare anche a Pyongyang” per risolvere la questione coreana. Tra poche ore, poi, si apre a Pechino il supersummit sulla Belt and Road Initiative, il megaconvegno che ospita quasi trenta tra capi di stato e di governo, il primo grande appuntamento di questo G20 alternativo made in China che mette sul piatto investimenti in tutto il mondo da 650 miliardi di dollari.

Tra i Paesi invitati c’è appunto anche la Corea del Nord: storico alleato della Cina, certo, ma ultimamente in freddo per le pressioni di Pechino sul nucleare. I nordcoreani, anzi, erano arrivati addirittura ad attaccare verbalmente il potentissimo vicino, accusando il Dragone di “ballare al suono del piffero di Washington”. Si sa che il pressing cinese è infatti il risultato dell’accordo siglato da The Donald e Xi Jinping nell’ormai storico incontro a Mar-a-Lago: Pechino si impegna a frenare Kim l’Atomico e gli Usa si impegnano a non andare alla guerra commerciale che il miliardario aveva annunciato in campagna elettorale. Un patto in piena regola suggellato da “un piano da 100 giorni” che ha già dato i primi frutti: liberalizzando la vendita per esempio di carni, prodotti finanziati e biotecnologie americane in Cina.

Una vera intesa ritrovata. E guastata solo dall’invito cinese ai nordcoreani. L’ambasciata americana a Pechino aveva inoltrato una nota ufficiale al ministero degli esteri di qui, sottolineando – rivela la Reuters – come la presenza di Pyongyang al meeting dava un “messaggio sbagliato” mentre il mondo cerca di fare pressione sul regime. Adesso, però, il colpo di scena, con l’apertura al dialogo: i cinesi ci avevano visto giusto?

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