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Palermo, maxi blitz con 25 arresti per mafia. C’era una donna a capo del clan

A Palermo un maxi blitz in corso ha portato all’arresto di 25 persone e Mariangela Di Trapani capo clan di Resuttana

Blitz in corso a Palermo che ha portato all’arresto di 25 persone accusate di mafia, estorsione, favoreggiamento e ricettazione e di Maria Angela Di Trapani ritenuta capo clan del mandamento mafioso di Resuttana e San Lorenzo.
Oltre 200 Carabinieri, supportati da 2 elicotteri del nono Elinucleo di Boccadifalco, da 5 unità cinofile del Nucleo di Palermo Villagrazia, da militari del 12esimo Reggimento Carabinieri Sicilia e dello Squadrone Carabinieri Eliportato ‘Cacciatori Sicilia’, su delega della Procura distrettuale di Palermo, stanno eseguendo un provvedimento restrittivo emesso dal Gip del Tribunale di Palermo.
Per gli inquirenti c’era una donna a capo del clan mafioso di Resuttana-San Lorenzo. Il suo nome è noto alle cronache: Maria Angela Di Trapani, figlia di un capomafia e moglie dello storico boss mafioso Salvino Madonia, il killer dell’imprenditore Libero Grassi. Come emerge dall’indagine dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Palermo, la donna, scarcerata due anni fa, sarebbe stata incaricata dai vertici di Cosa nostra di riorganizzare il mandamento.
I pentiti hanno già in passato parlato del ruolo di Mariangela Di Trapani, tanto che la donna venne arrestata nel 2008. Per gli inquirenti reggeva le sorti del clan mentre il marito, pluriergastolano, era detenuto al 41 bis, riuscendo a portare all’esterno gli ordini che il boss mandava ai suoi dal carcere. Moglie di Salvino, killer dell’imprenditore Libero Grassi, sfruttava i colloqui in carcere col marito e i cognati Nino e Giuseppe, entrambi capimafia ergastolani, per mantenere i contatti dei familiari col mandamento di Resuttana, guidato dai Madonia dai tempi in cui a comandare era il suocero di Mariangela, Francesco.
Con gli arresti di oggi è stato evitato un omicidio, pianificato da tempo dalla mafia, la vittima designata da Cosa nostra, come emerge dall’inchiesta coordinata dalla Dda di Palermo, era Giovanni Niosi, colpevole di aver deciso di patteggiare una pena. Una decisione disdicevole ed un’offesa difficile da cancellare. A salvargli la vita, come emerge dall’indagine, è stata solo la mediazione di alcuni boss del clan di Porta Nuova.

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