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Separazione, si cambia: via assegno mantenimento, doppia residenza per figli e tempi paritetici

Separazione, si cambia:

Il disegno di legge presentato dal senatore Simone Pillon, si inserisce tra genitori separati e figli e, probabilmente, porterà una vera e propria rivoluzione nel diritto di famiglia. Via l’assegno di mantenimento, doppia residenza per la prole e tempi paritetici da spendere insieme. Queste le novità presenti nelle “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, che a settembre finirà in discussione e che è stato anticipato da Il Messaggero. Le nuove regole saranno derogabili sono se c’è accordo tra le parti.

Addio assegno per i figli:
“E’ prevista la sostanziale soppressione dell’assegno di mantenimento. Non ci sarà più l’obbligo di versare soldi all’altro genitore, perché il mantenimento dei figli sarà un onere di entrambi che provvederanno in maniera diretta, come accade nelle coppie conviventi, salvo diverso accordo”. In casi limite interverrà il giudice che stabilirà il mantenimento diretto “sulla base del costo medio dei beni e servizi per i figli, individuato su base locale in ragione del costo medio della vita come calcolato dall’Istat”, ha spiegato Pillon a ‘Il Messaggero’.

Doppia residenza per i figli, l’anticipazione del disegno di legge:
“Salvo diverso accordo tra le parti e salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica dei figli deve essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre. In caso di difficoltà, sono previsti adeguati meccanismi di recupero durante i periodi di vacanza”. Via il principio dell’assegnazione della casa, dunque: il testo ribadisce responsabilità e impegno dei genitori nei confronti dei minori e sottolinea la condivisione dell’affidamento che dovrà essere concreta.

Tempi paritetici con i figli:
Il minore ha “il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici ed equipollenti, salvo i casi di impossibilità materiale”. Solo se c’è un accordo nella coppia le nuove regole saranno derogabili.

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1 Commento

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  • Io credo che qualunque legge seria sulla separazione dovrebbe partire dalla perfetta simmetria nella posizione e prerogative di marito e moglie, se non la parte tutelata dalla legge può inevitabilmente approfittarne in modo opportunistico. Quindi nessuna differenza tra moglie e marito. Per avere una legge seria e funzionante bisogna puntare su altro.

    Il decreto Pillon è per diversi aspetti apprezzabile perché riduce le possibilità di comportamenti opportunistici da parte di chi è tutelato dalla legge, però mi sembra debole e temo inattuabile nella parte in cui prevede che siano i figli a doversi spostare da un genitore all’altro ogni due settimane. Con conseguente trasferimento continuo di molto materiale. Credo del tutto inattuabile nel caso i due coniugi vivano distante uno dall’altro. A parte la fattibilità pratica, potrebbe causare seria instabilità psicologica e sofferenza in molti bambini e ragazzi.

    La parte sbagliata mi sembra anche quella che tende a proteggere prima di tutto la proprietà dell’immobile, al punto che il proprietario avrebbe sempre il diritto di riappropriarsi dell’immobile dopo la separazione o di chiedere all’altro coniuge il pagamento di un canone di locazione. A prima vista questo può sembrare ragionevole, perché con la legge odierna spesso si abusa della proprietà altrui (a volte purtroppo il coniuge non proprietario chiede la separazione per poter avere accesso esclusivo ad un immobile che non è di sua proprietà e questo è inaccettabile), però è anche vero nei termini posti dal decreto Pillon mi sembra che la cura al male rischi di essere peggiore del male stesso: il coniuge proprietario può liberarsi dell’altro maltrattandolo e chiedendo la separazione, il modo che l’altro coniuge sia costretto ad andare via, anche se non ha mezzi di sostentamento ed anche se ha vissuto in quella casa (di cui non è proprietario) per decenni e senza colpe. Anche questo è inaccettabile. Se io ho vissuto in un immobile per molti anni e mi sono sempre comportato bene, anche se non ne sono il proprietario, di norma dovrei avere il diritto di rimanerci. Questo è implicato dalla logica del matrimonio e dalla creazione di un nucleo familiare.

    So che questo principio non esiste nell’ordinamento italiano, ma a mio modestissimo parere gran parte di questi problemi (forse quasi tutti) si potrebbero risolvere in modo molto semplice, cioè che (a parte il caso di colpa – tipo violenza o infedeltà, abbandono etc… – che ovviamente è da regolare in modo adeguato), la presunzione dovrebbe essere che chi sbaglia è chi chiede la separazione. Ovviamente la separazione non può essere impedita dalla legge, ma chi chiede la separazione dovrebbe assumersene le responsabilità e quindi cercare una nuova residenza e spostarsi senza poter pretendere che l’altro coniuge e i figli lascino l’immobile in cui sono residenti (ovvio che i bambini sotto i tre anni devono rimanere con la madre, ma in una fascia di età compresa tra i 5 e i 10 anni i bambini possono benissimo trasferirsi dal padre e questo può essere previsto nel decreto o accordo di separazione). Il resto si aggiusta e si adegua a questo principio generale. In questo modo si tutela veramente la famiglia perché questa regola per molti motivi (economici, ma non solo) rappresenterebbe un forte deterrente a chiedere la separazione, che non verrebbe più chiesta per motivi futili come spesso avviene adesso, ma solo per motivi veramente gravi. Ovvio che l’aspetto economico è importante, ma si può cercare di trovare soluzioni di compromesso che limitino il più possibile i danni per tutti, soprattutto per i figli. I danni ci sono sempre, ma si cerca di metterci una pezza. L’uso (non la proprietà) della casa viene assegnata alla famiglia in base al matrimonio, né ai coniugi, né ai figli. Se uno dei due coniugi chiede la separazione e se ne va, la casa rimane alla famiglia che c’era prima senza il coniuge che è andato via.

    Il decreto Pillon presta il fianco al fenomeno molto pericoloso del “killer seriale”, cioè ai ricchi (o alle ricche) basta essere proprietari della casa per potersi sposare quante volte si vuole e poi cacciare via il coniuge senza alcuna penale appena ci si è “stufati”. Legare il matrimonio e la famiglia alla proprietà della casa è molto pericoloso. Sono fenomeni sociali deteriori. Ci porterebbero molto indietro nel tempo.

    Al di là del fatto che il decreto Pillon prevede che in caso di separazione ciascuno dei due coniugi dovrebbe provvedere per se stesso e per i figli sulla base della propria capacità reddituale, il fatto che sia chi chiede la separazione a dovere lasciare la casa e i figli dove sono implicherebbe che, di norma, in caso di separazione entrambi i coniugi devono lavorare, mentre con la legge attuale spesso accade che anche in caso di separazione uno dei due coniugi non lavora e l’altro deve pagare tutto (di norma il marito, ma non necessariamente). Questa implicazione non stupisce ed è normale: la separazione è una condizione familiare patologica e come tale va trattata. E’ normale che entrambi i coniugi affrontino questa patologia andando a lavorare.

    La questione della mediazione familiare obbligatoria e quella della alienazione parentale a mio parere possono ma non sono per nulla esperto. C’è ampia letteratura sul tema. Credo che l’alienazione vada provata, non possa essere assunta dalla legge. La mediazione obbligatoria può avere senso se non troppo lunga (3-6 mesi).

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