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I gatti non sono asociali. Sono gli umani ad esserlo: Lo studio dell’Oregon University

Uno studio riportato da Focus riabilita la personalità dei gatti

I gatti non sono affatto animali chiusi e solitari, anzi. A riabilitare la reputazione di uno degli animali domestici più amati è uno studio pubblicato su Behavioral Processes e riportato da Focus secondo cui il livello di attenzione prestata dagli umani e il contesto di origine dei gatti influenzano la loro voglia di interagire più ancora della familiarità con l’umano stesso, che non sembra invece un elemento discriminante. In ogni caso, i gatti mostrano – come i loro amici sapiens – una grande variabilità nella socievolezza: in altre parole, non c’è una regola fissa, ma molto dipende dal carattere.

I ricercatori della Oregon State University hanno studiato 46 gatti (metà domestici e metà di gattile) e li hanno fatti interagire prima con persone che non parlavano e non dedicavano loro nessuna attenzione, per poi fargli trascorrere del tempo con le stesse persone che hanno iniziato ad accarezzarli e rivolgergli attenzioni. 

Le attenzioni dedicate dall’uomo hanno influito sulla propensione dei gatti ad avvicinarsi e miagolare, a prescindere dalla provenienza dei mici. Anche se hanno mostrato una gamma di personalità molto diverse: la variabilità individuale è quindi un elemento importante da tenere in considerazione, quando si parla di comportamento felino.

“In entrambi i gruppi abbiamo osservato che i gatti trascorrono molto più tempo con le persone che prestano loro attenzione” spiega Kristyn Vitale, tra gli autori. “Questo insieme di test indica che i gatti domestici riconoscono il livello di attenzione umano e modificano il loro comportamento in risposta ad esso, perché sono sensibili ai segnali sociali umani”.

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