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Spettacolo

Ultimo: “Ho perso l’amore per colpa del successo. Io favorito a Sanremo? Certi giochini mettono ansia…”

Ultimo, cantautore in gara a Sanremo con il brano «I tuoi particolari», ha rilasciato una intervista a “Il Corriere della Sera “:

Favorito, altro che Ultimo…
«Mi mettono ansia i giochi di parole sul mio nome d’arte, li vivo male. Anche se fa piacere vedere che il pubblico lo abbia adottato».
 
La vittoria nei Giovani lo scorso anno, e adesso tutti dicono che «I tuoi particolari» è la favorita di questa edizione. È scaramantico?
«Mi ripeto: la vivo male. Quella dell’anno scorso è stata una vetrina importante. Avere addosso l’etichetta del vincitore annunciato, però, è una responsabilità troppo alta. Se arriverò secondo si dirà che ho perso. La storia di Sanremo insegna, non sempre vincere è segno di apprezzamento da parte del pubblico».
 
Il vero traguardo, dopo Sanremo e il tour nei palazzetti, è il concerto all’Olimpico di Roma del 4 luglio?
«Questi risultati indicano che ho lavorato bene dal vivo. Il mio è un percorso atipico. Ho sempre puntato sul live: non mi si vede mai in tv a fare le cosiddette marchette. Ci sono andato per cantare negli show musicali e basta».
 
Niente tv nel 2019?
«Esatto e forse nemmeno gli instore (gli incontri nei negozi con l’artista che si concede a selfie in cambio dell’acquisto dell’album, ndr). Se vuoi vedermi devi venire al concerto. Qualcuno dice che più ti fai vedere più ti ricordano: siamo sicuri? Quando vado a una festa mi ricordo di chi non c’è».
 
Era la teoria di Apicella- Nanni Moretti in «Ecce bombo»… L’Olimpico fa paura?
«Quel concerto è una mia esigenza. Mi piace mettere in evidenza i numeri per chiudere un cerchio».
 
Quando lo aveva aperto?
«Nell’ottobre 2017 è uscito il mio album di debutto, “Pianeti”, un mese dopo annunciavo le mie prime date che sarebbero arrivate a gennaio e in pochissimo tempo arrivò il sold out. Certo, erano locali da 400-500 posti. Al di là del giudizio bella/brutta, la mia musica adatta al contesto di un concerto: è suonata, unisce le persone, parla di quotidianità».
 
«I tuoi particolari» parla proprio di come, dopo un addio, ci si ricordi delle piccole cose…
«Ci sono particolari cui non dai peso vivendo la quotidianità e che ti tornano in mente perché quando tutto è finito senti che ti mancano. Ho provato questa sensazione in questi mesi. All’inizio del testo dico che mi manca la sua voce che al mattino faceva “bu”… quella cosa mi faceva arrabbiare quando stavamo assieme. È andata male per colpa degli impegni: il successo ti dà tanto sul palco, ma ti toglie tanto nella vita. Nel tempo troverò un equilibrio».
 
Il successo fa anche perdere la testa?
«Gli amici mi tengono coi piedi per terra, sono la parte più importante della mia vita. Siamo quelli che, come canta Venditti in “Sora Rosa”, dicono “che ce ne frega si nun contamo gnente”».
 
Sanremo: amore contro impegno…
«Non amo la ricerca del tema sociale per far parlare di un brano, anche una canzone d’amore può essere bellissima. Nell’album ho un testo su chi non ha aspettative. Il sociale si fa nel sociale (e non vuole parlare della giornata di Natale passata alla comunità Sant’Egidio a Roma, ndr), non è che sei un pensatore o filosofo solo se fai una canzone così».
 
Il tema migranti, in una canzone o in un monologo, agita la politica…
«Non vedo l’esigenza di espormi nella politica. Sono un cantautore e la politica non è un’esigenza nella mia musica. Lo sono i sogni, le speranze, l’amore…».
 
Per la serata dei duetti ha scelto Fabrizio Moro. Su Instagram è pieno di foto in coppia, avete già collaborato in passato… 
«Non ho dovuto pensare nemmeno un attimo a chi invitare. Ci vediamo spesso a casa sua, e non per forza parliamo di musica. Lui fa da mangiare, un bravissimo cuoco».
 
Uscirà anche un nuovo album, «Colpa delle favole». Che lato mostrerà?
«È una sorta di chiusura di una trilogia. “Pianeti” era il primo disco in cui mostravo un ragazzo che cercava la sua posizione nel mondo e si era innamorato. Era tutto giocato sulla metafora delle cose che non posso avere e che vorrei. “Peter Pan” descriveva l’amore trovato, mi sentivo un sognatore. Questo è la presa di coscienza che volevo raggiungere, un’isola che non c’è perché non basta più o forse l’ho persa».
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