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Esultanza e risate dopo gli spari a Manuel Bortuzzo: “Ci prendiamo la piazza” [VIDEO]

Esultanza e risate dopo gli spari a Manuel Bortuzzo:

Gli investigatori hanno diffuso le immagini della sparatoria a Roma in cui è rimasto gravemente ferito Manuel Bortuzzo. Oltre al video, senza audio perché rioreso dalle telecamere di sorveglianza, c’è la testimonianza della fidanzata del giovane. Stando a quanto si apprende i due accusati, Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano, si sarebbero lasciati andare a grida di esultanza e poi risate: “Ci prendiamo tutta la piazza, è nostra”. , subito dopo aver sparato a Manuel Bortuzzo a Roma. Grida e risate che, sentite chiaramente dalla testimone che ha poi portato all’identificazione dei due, gettano una nuova luce sull’agguato: Bazzano, che guidava lo scooter, sostiene infatti di non aver saputo che l’amico aveva con sé un’arma.

Come riporta ‘TgCom’, “è stato Lorenzo Marinelli, dal sedile posteriore dello scooter, a premere il grilletto credendo di aver dato una lezione ai rivali con cui poco prima era scoppiata una rissa all’Irish pub, dove avevano un appuntamento. Lì la pistola non l’avevano portata, ma l’avevano nascosta “in una buca nel terreno dove avevano parcheggiato il motorino”, scrivono i magistrati nel decreto di fermo, riferendo le parole di Marinelli. I due restano in carcere perché, secondo la Procura, sarebbero in contatto con “ambienti criminosi in grado di offrire loro protezione”.

La testimone chiave – A mettere gli inquirenti sulle loro tracce è stata la testimonianza di una donna, in auto con un’amica, che ai poliziotti ha raccontato di aver “sentito dei colpi di pistola” e di aver visto uno scooter fuggire “a tutta velocità”, con a bordo “due ragazzi che urlavano e ridevano. Uno più piazzato, era senza casco e aveva il doppio taglio ai capelli. L’altro con un giubbotto rosso”.

Chi li ha protetti? – Già, perché ancora i due non hanno detto una parola su dove si siano rifugiati prima di costituirsi. Secondo le ricostruzioni sarebbero stati nella casa di un pregiudicato ad Acilia, non lontano dal luogo in cui lo scooter è stato dato alle fiamme domenica mattina. Ci sarebbe poi un’altra persona coinvolta, a cui i due avrebbero offerto denaro in cambio di ospitalità. La Procura sta cercando di scoprire chi li abbia aiutati e chi abbia loro fornito l’arma. Anche sulla pistola restano molte cose da chiarire. Marinelli ha detto di averla trovata per caso qualche mese fa, ma i pm non gli hanno creduto.

La pista mafiosa – Ai magistrati è sembrato subito strano che i due non avessero parlato dei loro veri obiettivi. E questo ha fatto pensare che dietro i due uomini, già stati in carcere per spaccio entrambi e per rapina Bazzano, ci sia l’ipotesi di un’aggravante mafiosa. Lorenzo Marinelli è il nipote del boss Stefano, morto a gennaio 2017 in carcere: i Marinelli sono legati con il potente clan di camorra degli Iovine e dei Guarnera, che controllano i traffici ad Acilia. Ostia e il suo litorale sono invece territorio del clan Fasciani e della famiglia Spada. Marinelli e Bazzano al quartiere Axa spacciavano ma da cani sciolti, perché l’alleanza con Iovine e Guarnera si era chiusa con la morte dello zio e con l’arresto del padre. I due quindi si erano “messi in proprio” e, oltre allo spaccio, avevano messo a segno una rapina ad Acilia, che però è sotto la protezione dei “napoletani”. Ecco dunque la rissa del 2 febbraio contro gli uomini della camorra di Acilia, che si erano subito ribellati alla “intromissione”. E poi la corsa a recuperare la pistola per vendicarsi delle botte prese. Infine, dopo l’ “errore” di persona, i due mettono a fuoco chi hanno osato sfidare. E così, consegnandosi alla giustizia, sembra che scelgano il male minore.

L’informativa sui Casalesi al pub – A rinforzare la pista mafiosa del caso c’è il particolare di cui parla un’informativa: sembra che quella sera al pub ci fossero i figli del boss dei Casalesi trapiantato ad Acilia, Mario Iovine. Quanto alla decisione di costituirsi presa da Marinelli e Bazzano, secondo gli inquirenti non è di grande rilievo: i due sapevano di avere gli uomini della Mobile addosso. E poi c’è una confessione ritenuta dai magistrati solo parziale. “Hanno cercato di limitare le proprie responsabilità”, secondo gli inquirenti.

Il giallo della pistola – Per i due l’accusa è di tentato omicidio con l’aggravante di motivi “futili e abbietti”. Alla base del gesto c’è infatti la volontà di una vendetta violenta, con un’azione premeditata, secondo la Procura. Marinelli ha ammesso di aver sparato dopo aver preso la pistola che aveva nascosto, mentre Bazzano ha detto di non sapere che l’amico avesse un’arma. “Gli ho detto ‘ma cosa hai combinato?’ e lui mi ha chiesto di portarlo a casa da suo figlio”. Tutto confermato dall’altro. Ma i pm non ci credono, mentre ritengono “verosimile che Bazzano” sapesse “di essere tornato sul luogo per punire coloro che avevano picchiato l’amico e che tale comportamento possa giustificarsi solo essendo certo della possibilità di utilizzare l’arma””.

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