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Demansionata sul lavoro dopo la seconda maternità: “Non dovevi fare un altro figlio”

Demansionata sul lavoro in un’azienda milanese dopo la seconda maternità

Chiara è stata demansionata sul lavoro in un’azienda milanese dopo la seconda maternità. La notizia è riportata da Il Corriere della Sera che racconta il calvario vissuto dalla donna che si è rivolta alla Cgil. “Non dovevi fare un altro figlio, ora al lavoro ti faranno morire. Ti conviene andartene”. Queste le parole di un consulente dell’azienda rivolte a Chiara.

Con il primo figlio nessun problema, tutto era andato secondo le leggi. Ma la seconda gravidanza, circa un anno fa, arriva in un clima totalmente diverso. All’inizio alla donna viene fatto notare un “ritardo nella comunicazione” della gravidanza e quando lei prova a far notare che, in realtà, l’annuncio era pervenuto nei termini stabiliti, il datore di lavoro insiste. “Dovevi dirmelo già quando tu e il tuo compagno avete deciso di avere un altro bambino”. 

Quando la donna va in maternità scopre che la persona chiamata a sostituirla è stata assunta a tempo indeterminato. Quando rientra al lavoro scopre la decisione di ‘riposizionarla’. Svolgerà altri compiti mai affrontati prima. Lei non obietta nulla e a quel punto si sente dire, senza più giri di parole, che l’azienda non la vuole più e che se non avesse accettato l’incentivo subito sarebbe stata comunque licenziata al compimento di un anno del figlio. Anzi, meglio non presentarsi fino a quel giorno. Chiara al lavoro ci va, ma si incrina anche il rapporto con i colleghi che iniziano a redarguirla ed escluderla.

Da responsabile di reparto si ritrova a fare fotocopie, rispondere al citofono (“ma non al telefono”), triturare documenti e archiviare fascicoli cartacei. Dal suo computer non ha accesso alla posta elettronica, né ad altri indirizzi aziendali, non viene coinvolta nelle riunioni e, soprattutto, viene ignorata da tutti. Persino quando viene cambiato il cancello elettrico all’ingresso dell’azienda a lei non viene consegnato il telecomando.

Il passo successivo è stato rivolgersi alla Cgil e continuare la battaglia per i suoi diritti

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