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Spettacolo

Francesca Michelin si racconta: “Io in minoranza in questa nuova realtà. Una canzone parla di un doloroso addio…”

Francesca Michelin si racconta in una lunga intervista dove parla della sua vita professionale e non solo ai microfoni della rivista Vanity Fair

Francesca Michelin si racconta: “Io in minoranza in questa nuova realtà. Una canzone parla di un doloroso addio…”. L’artista parla della sua vita professionale, e non solo, ai microfoni della collega Silvia Gianatti per Vanity Fair. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Come mai la scelta di tornare con un brano scritto da altri?
«Perché gli astri si sono allineati. Ho scelto Cheyenne come apripista di un progetto che parla del dialogo, dell’incontro e scontro tra la natura e l’urban. Ho conosciuto Mahmood a settembre. Mi ha detto che aveva scritto un brano per me e io sono impazzita perché sono sua grande fan. Era da tanto che non facevo solo l’interprete, ma se ho scelto di cantarlo è perché mi sono rivista in queste parole, da quando ho finito il liceo ad adesso. Mi è passato davanti il film della mia vita».

Charlie Charles che ruolo ha avuto?
«È una presenza importante, ecco perché il featuring è dichiarato. C’è il suo suono. Cheyenne a livello strutturale è una canzone pop, molto larga, avvolgente, ma volevo che a livello sonoro fosse fresca. Charlie è uno dei produttori della nuova scena, è giovane, ha un anno più di me, volevo fare il team metà anni 90. Ha una scelta di suoni minimali. È essenziale e al contempo super emotivo. Per me il pezzo ne ha guadagnato tantissimo. Agire per sottrazione appartiene molto all’urban più che alla realtà pop melodica. E mi piace tantissimo».

Perché Cheyenne? Cosa c’entrano i nativi americani dell’America settentrionale?
«È una questione un po’ simbolica, attitudinale. Mi sento un po’ in minoranza in questa nuova realtà che ogni tanto mi schiaccia. Ma sento di avere la natura dalla mia parte. Ho un background bucolico nel cuore che diventa la mia forza».

Divisa quindi tra natura e urban?
«Sono tra questi due mondi. Inizialmente ho vissuto male questa mia condizione. Mi sono sentita combattuta in queste due realtà, stavo male. Ho pensato di farci un disco».

Anche la cover del singolo presenta le due anime.
«Il concetto del dualismo sarà presente in tutto il progetto. Nella cover il manga rappresenta l’evasione, da piccola ho sempre usato i fumetti per staccarmi dalla realtà. La natura per me è manga. Invece nella foto c’è un palazzo di mattoni, l’urban. Milano».

Oltre a essere una questione di luoghi, quanto conta la natura nella sua vita?
«La salvaguardia dell’ambiente ce l’ho sempre a cuore. È una cosa di cui mi occupo fin dall’altro disco, con Treedom. Sono nata in un ambiente super collinare, ho ricevuto un’educazione biodinamica, a impatto zero, mia mamma mi ha cresciuta così. È ovvio che a Milano sia più difficile vivere in questo modo, ma è proprio questo il punto. Facile dire, come ho fatto, vado in Portogallo e vivo la natura, la vera sfida non è scappare ma cercare di vivere nel luogo in cui sei con il mondo che hai dentro».

Dentro ha anche molto amore. Quando canta una canzone così malinconica, a chi pensa?
«In quinta superiore mi sono messa insieme a un ragazzo a cui voglio ancora oggi un sacco di bene. L’ho amato tantissimo. A un certo punto mi sono dovuta trasferire a Milano, o meglio, ho iniziato a fare avanti e indietro spessissimo. E così, a un certo punto, ci siamo ritrovati a non comunicare più come una volta. Ed era assurdo perché comunque vuoi bene a una persona, la vedi, ma era come se qualcosa si fosse spezzato. All’inizio quando la cantavo, piangevo tantissimo. Non ci parliamo più tanto, ma credo che si riconoscerà. Lo spero. Questo brano è anche un modo per fargli capire bene come mi sento».

Anche il suo precedente disco aveva dentro un bel po’ di amore sofferto. Che Francesca troveremo nel prossimo album?
«Ci saranno brani molto sarcastici, ma l’amore ci sarà sempre. La natura e l’urban si possono declinare in tantissimi aspetti della mia vita. Il bello di fare questo lavoro però è che non devi per forza riferirti sempre a una sola persona. Puoi prendere pezzi di più storie, di più persone. Ma avremo tempo per parlarne».

Non guardiamo al futuro quindi, ma a questi ultimi mesi. Ha scritto molto?
«Ho spesso periodi di grandi vuoti di scrittura e periodi in cui vengono fuori tre brani alla settimana. Ho scritto tanto nell’ultima fase del vecchio progetto, a disco ormai chiuso da mesi. E poi in questi ultimi sei mesi mi ci sono ributtata. Nel mezzo il silenzio. Quando si chiude un lavoro si pensa di dover scrivere subito e invece penso sia proprio necessario fermarsi. Stare zitti e tranquilli. Un disco non muore mai, ma bisogna riuscire a metterlo da parte».

E ora invece è pronta a ripartire?
«Ricomincia la fase filosofica, degli “spiegoni”. Che mi piace molto. Ma ho due fasi preferite. Quella della scrittura dei brani e quella del tour».

Per ora è annunciata la data del 20 settembre al Carroponte. Sicura che dal disco a settembre, con un’estate di mezzo, non farà nient’altro?
«Il disco esce in primavera. Non annunciare niente né prima né dopo è solo perché voglio che quella data sia una grande festa. Non sarà una data normale, sarà una data speciale in un luogo che è la rappresentazione di questo progetto: una commistione di realtà diverse. Sarà perfetto, come la pizza con la birra».

Per febbraio invece, è sicura di non avere impegni a Sanremo?
«Con grande rispetto e ammirazione per la manifestazione, no grazie, non è nei piani».

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