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Mancini: “Tifavo Juve da bambino. Messi o Ronaldo? C’è una differenza. Su Vialli e Mihajlovic…”

Mancini tifava Juve da bambino, questa e non solo, le rivelazioni del ct in una intervista rilasciata a ‘7’, l’inserto de ‘Il Corriere della Sera’

Mancini: “Tifavo Juve da bambino. Messi o Ronaldo? C’è una differenza. Su Vialli e Mihajlovic…”. L’attuale commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di ‘7’, l’inserto de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni stralci.

Con chi “cazzeggiava” il Mancio? Con Gianluca Vialli che nel 2017 ha scoperto di avere un tumore.
«Siamo sempre stati legati da una forte amicizia. Abbiamo parlato della malattia diverse volte, subito all’inizio. Poi è arrivato un momento in cui, quando ci sentivamo al telefono, anche nei momenti più complicati, cercavamo quasi di sdrammatizzare, di… “cazzeggiare”, appunto. La nostra amicizia mi imponeva questo, sentivo di avere il compito non solo di stargli vicino e ma di dargli un po’ di sollievo. Ora perfortuna sta meglio, sia fisicamente sia come tumore. L’impegno con la Nazionale gli farà bene».

Avete ricostituito la coppia d’oro di fine Anni 80.
«L’idea di scegliere Luca come capo delegazione degli Azzurri è stata del presidente Gravina. Quando me ne ha parlato, non potevo che esserne felice. Il rapporto che c’è tra noi, ma in realtà tra tutti quelli che hanno vinto con la Samp del 1990- 1991, è molto solido. Crescere insieme, anche se non ti vedi spesso, è una cosa che ti lega per sempre».

Sono passati quasi trent’anni da quando i blucerchiati, spinti dai gemelli del gol Vialli&Mancini, hanno conquistato il loro primo (e unico) scudetto di Serie A. Cosa aveva quella squadra di speciale?
«Il presidente Mantovani. È stato lui l’artefice di tutto. Ha costruito una squadra comprando giovani talenti italiani che sono diventati grandi migliorando insieme, giorno dopo giorno. Ha creato un gruppo straordinario sapendo aspettare, lasciandoci il tempo di maturare, dandoci sempre fiducia. L’unico rammarico che ancora oggi mi porto dentro è il fatto di non aver stretto tra le mani la Coppa dei Campioni».

Gianluca Vialli non è l’unica persona con cui ha condiviso campi e spogliatoi che sta affrontando un grave problema di salute. Lo scorso settembre Mihajlovic ha annunciato di avere la leucemia.
«Io e Sinisa abbiamo giocato insieme alla Samp, alla Lazio. Sono stato il suo mister alla Lazio e all’Inter, poi lui è stato il mio secondo quando allenavo i nerazzurri. L’ho visto di recente, sta meglio. Certo il percorso è lungo e faticoso».

Mancini: “Tifavo Juve da bambino. Vialli e Mihajlovic stanno meglio”

Cosa le è rimasto della forza che Vialli e Mihajlovic hanno dimostrato nell’affrontare la malattia?
«Che Luca e Sinisa fossero forti l’ho sempre saputo, li conosco troppo bene. Mi hanno insegnato che bisogna godersi la vita, essere persone positive perché tutto può cambiare dalla sera alla mattina, com’è successo a loro. Sono insegnamenti che dobbiamo cogliere e mettere in pratica in ogni momento: la vita è troppo breve per arrabbiarsi o essere cattivi con sé stessi e gli altri».

A proposito di Sinisa e del Bologna: è vero che una volta si è perso allo stadio Dall’Ara?
«Sì. Ero un bambino. Tifavo per la Juventus e mio padre mi portava spesso a vedere le partite. Una volta alla fine di Bologna-Juve, era il ’72- ’73, al momento di uscire mi sono perso… dopo un primo momento di smarrimento, mi sono fatto coraggio e ho cercato mio padre. Sono ancora orgoglioso di non essermi fatto prendere dal panico».

[…] Cosa le viene in mente ripensando agli ultimi minuti di City-QPR? Una vittoria soffertissima.
«Ho un bellissimo ricordo, vincere la Premier significa conquistare uno dei campionati più importanti del mondo. Quel City l’avevamo costruito con attenzione, ha vinto prima del previsto».

L’attuale allenatore Pep Guardiola ancora la ringrazia. È vero che la mattina era stato a messa?
«La domenica vado sempre. In città c’era un prete che arrivava dal Vaticano. Lì non sono tanti, una fortuna».

Che rapporto ha con la fede?
«Sono credente, cattolico. Frequento la messa con costanza come tutte le persone che hanno fede».

È andato a Medjugorje: che esperienza è stata?
«Molto intensa. Ci sono stato più volte. Ho conosciuto i volontari, ho parlato con loro. Sono stati giorni emotivamente molto intensi e sereni».

Dove ha cominciato a giocare?
«In oratorio. Era attaccato a casa: mangiavo e correvo lì».

Quanti anni aveva?
«Cinque, sei. Praticamente rincorro un pallone da sempre».

Mancini: “Tifavo Juve da bambino. Nazionale? Il 27 si gioca…”

[…] Eccoci al calcio di oggi. Lazio-Inter, lei le conosce bene entrambe: chi è la vera anti-Juve?
«Adesso si è creato un po’ di caos, con tutte queste partite rinviate. Bisogna vedere quando si recupereranno tutti gli incontri. Per il momento credo sia una lotta a tre. Mancano 12-13 giornate alla fine, è presto per dire chi vincerà».

[…] Due settimane fa, Marco van Basten proprio sulle pagine di 7 diceva che tra Cristiano Ronaldo e Messi non ha dubbi, il migliore è l’argentino: cosa ne pensa?
«Sono i due fuoriclasse assoluti di questi anni. Chi è più bravo è soggettivo. Certo, Messi è un giocatore nato, come Maradona o Pelé, non aveva bisogno di molto per migliorarsi. Cristiano Ronaldo invece ha dovuto lavorare per diventare quello che è, per essere uno dei più forti e di questo gli va dato merito».

Chiudiamo con la Nazionale che nel 2018 era sprofondata al 21° posto nel ranking Fifa. Un anno dopo, grazie alla cura Mancini, l’Italia è risalita al 13° posto portando a casa un bottino di dieci vittorie su dieci partite. Com’è avvenuta questa svolta?
«Il segreto è aver trovato ragazzi giovani che volevano costruire qualcosa di speciale riportando la Nazionale al posto che le spetta».

Il prossimo impegno sul campo dovrebbe essere l’amichevole del 27 marzo a Wembley.
«Niente condizionale: si gioca, si gioca. Voglio essere ottimista».

Affronterete l’Inghilterra che ha chiuso l’ultimo Mondiale al quarto posto: che partita sarà?
«Una partita dura. Così come difficile sarà anche la successiva contro la Germania, entrambe le volte fuori casa. È stata una scelta, volevamo incontri pieni di insidie perché le risposte che hai dopo 90 minuti complicati sono molto utili in preparazione di un appuntamento importante come l’Europeo».

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