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Guerri: “Trattato da untore in Spagna perché italiano. Coronavirus come peste nel 300, vi spiego”

Giordano Bruno Guerri trattato da untore in Spagna, l’intervista a Luca Telese per ‘La Verità’

Giordano Bruno Guerri: “Trattato da untore in Spagna perché italiano. Coronavirus come peste nel 300, vi spiego”. Lo storico e filosofo parla dell’emergenza sanitaria in una intervista rilasciata a Luca Telese per le pagine de ‘La Verità’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Che cosa pensa Giordano Bruno Guerri dell’incubo che stiamo vivendo?
«Sono uno storico, posso risponderti con la storia?».

Devi.
«La peste del Trecento, in Europa uccise 20 milioni su 60 milioni di abitanti».

Una apocalisse.
«Fatte le proporzioni è come se oggi morissero 100 milioni di europei, capisci?».

Tabula rasa.
«Ebbene: oggi si studia quel disastro immane per i suoi effetti benefici. Curioso, no?».

A quali effetti ti riferisci?
«Carenza di uomini e di braccia in agricoltura, per esempio. La conseguenza è che furono abbandonate le coltivazioni non funzionali per concentrarsi sui terreni ad alta redditività».

Un salto evolutivo.
«E non fu l’unico. Le corporazioni medievali non facevano entrare nessun nuovo membro. Furono costrette dalle morti a quello che non avrebbero mai voluto fare, per non sparire».

Sangue fresco nelle vene di società bloccate.
«Ma il più importante fattore di modernizzazione fu un altro».

Ci fu una strage di amanuensi. I monaci morirono quasi tutti.
«Perché i monasteri furono l’equivalente delle case di riposo per anziani. E così si centuplicarono gli sforzi per arrivare alla stampa. Forse Gutemberg arrivò 100 anni prima grazie alla peste».

E cos’altro?
«Si sviluppò la tecnologia delle armi da fuoco. C’erano meno braccia…».

E quindi dovevano poter sparare di più, meglio.
«Tutto questo grazie alla peste. Pensa a quanto ci insegna sul corona, questa storia apparentemente terribile».

Giordano, rifletti sulle conseguenze della pandemia?
«Sono sicuro di una cosa: il Covid, come tutte le disgrazie, ci cambierà. Apparentemente in peggio».

Guerri: “Trattato da untore in Spagna perché italiano. Coronavirus sta già cambiando il nostro modo di vivere”

A che ti riferisci?
«Il virus sta già cambiando il nostro modo di vivere e di pensare. Anzi, lo ha già fatto. È sotto gli occhi di tutti».

Fammi un esempio.
«Aumenta la diffidenza: cresce la lontananza fisica tra le persone, non sarà facile tornare indietro».

L’euforia della «liberazione» dal lockdown cancellerà i vincoli della paura?
«No. L’euforia non è un sentimento che lascia traccia. Non vedo nessun motivo di ottimismo».

E poi?
«Sta arrivando una crisi economica drammatica e tremenda. Il Covid ne è l’antefatto, e noi ne saremo le vittime».

Arriveranno solo disastri?
«No, altrimenti non ti avrei parlato dell’Europa del Trecento».

Però oggi è più difficile immaginare i benefici…
«Alcuni sono già in atto. Uno degli effetti positivi immediati è la rivoluzione digitale a cui siamo stati costretti: ci ha spinto a crescere».

Alfabetizzazione forzata.
«Conta anche il modo in cui reagiamo. Nel mio piccolo ho deciso di fare una follia».

Cioè?
«Il Vittoriale per dare un senso di vitalità di vivacità e di speranza apre nel suo parcheggio un drive in per proiettare film all’aperto».

[…] Come nasce questo drive in?
«C’è un grande parcheggio sotto il Vittoriale. Possono entrarci 100 spettatori con 50 macchine. Cinque euro di biglietto a testa».

E ci rientrate?
«Ovviamente no. Non coprono nemmeno il costo di noleggio delle apparecchiature e dei film».

[…] Dove ti ha incastrato il virus?
«Mi sono trovato bloccato in Spagna. Trattato come un untore!».

Addirittura?
«Nei primi giorni bastava essere identificato come italiano per diventare oggetto di improperi».

Nella civilissima Spagna?
«Ho sperimentato su di me che cosa significa essere banditi e considerato un marginale, un pericolo, un infetto».

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