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Brumotti: “La colpa dello spaccio è degli italiani. Io esaltato? Lo faccio solo per un motivo. Ho un obiettivo”

Brumotti sullo spaccio e non solo, l’intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Brumotti: “La colpa dello spaccio è degli italiani. Io esaltato? Lo faccio solo per un motivo. Ho un obiettivo”. L’inviato di Striscia la notizia parla dopo l’ennesima aggressione subita in una intervista ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

«Per rigenerarmi sono tornato sul luogo del misfatto con la mia mascella mezza distrutta: è il mio modo per superare il trauma. Poi sono andato a villa Necchi, una delle meraviglie del Fai, a rifarmi gli occhi, per riempirli di cose belle» […] «Sono stato aggredito da un gruppo di spacciatori. Mi hanno colpito al volto in modo violento con il bastone della mia go pro, una botta fortissima. Sono svenuto per qualche secondo, ora ho lividi qua e là».

Prima le hanno lanciato pietre e bottiglie…
«C’erano tanti ragazzi di colore. Ma non sopporto le generalizzazioni. Sono di colore anche i tanti ragazzi che ci hanno portato il cibo a casa con Glovo per soddisfare i nostri vizi. La colpa dello spaccio è degli italiani: sono loro i primi consumatori di droga, spesso padri di famiglia che vanno a comprare cocaina per il loro sballo. E italiano è il business: la ’ndrangheta controlla il 90% del mercato della coca. Quando mi sono venuti addosso non ho visto dei piccoli spacciatori, ho visto la ’ndrangheta».

Tanti se lo chiedono: chi glielo fa fare di andare a rischiare sempre la pelle?
«Lo faccio per vocazione, come la fede per i preti. Per questo non mi piace quando strumentalizzano i miei servizi: io mi muovo solo quando mi chiamano i cittadini esasperati da situazioni insopportabili. Io porto la mediaticità: la telecamera — come la penna — fa paura a tutti. Pensi che il paradosso è che mi sento quasi più a rischio quando faccio i servizi contro chi parcheggia ingiustamente nel posto dei disabili. In quei casi, a volte, la reazione della gente è molto più aggressiva di quanto mi aspetti».

La vocazione quando è arrivata?
«Mio papà è un ex carabiniere, mio zio era un generale dei carabinieri. Il senso delle regole ce l’ho nel sangue. Molti pensano sia un esaltato o un incosciente, ma anche se non andassi in onda farei questo lavoro. Non lo faccio per apparire e non lo faccio nemmeno per soldi. Quello che guadagno dal programma lo reinvesto per fare sempre ricerche sul territorio. Mi hanno minacciato di morte in tutti i modi, ma non mi fermo perché se no hanno vinto loro».

Spesso è lei a diventare notizia. Qual è il suo obiettivo?
«Il mio obbiettivo è risvegliare le coscienze, il mio motto è andare a riprendersi il territorio dove comandano le mafie. Le mafie vanno ridicolizzate e Striscia ha trovato la chiave ironica giusta, con questo personaggio che va in bicicletta nei luoghi dello spaccio. Vado a saltellare davanti a loro e li rendo ridicoli».

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