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Rasata a zero perchè rifiutava velo: la Procura allontana la ragazza dalla famiglia

Interviene la Procura di Bologna sul caso della ragazza rasata a zero perchè rifiutava velo

La madre le ha rasato i capelli, quando ha scoperto che la figlia 14enne appena fuori casa si levava il velo dal capo passeggiando coi capelli scoperti, per reindossarlo solo prima di rientrare in famiglia: un velo che non si sentiva più di vestire, ma che per la cultura islamica dei genitori, di origini bengalesi, era evidentemente imprescindibile. La studentessa, una 14enne di Bologna che frequenta con ottimo profitto la terza media, ha raccontato ai suoi insegnanti il motivo di quel taglio di capelli improvviso . La preside ha deciso di informare i carabinieri e la Procura è intervenuta per sottrarre la ragazza alla famiglia.

L’hanno portata in una struttura protetta, lontana dai quei genitori che l’hanno punita perché non voleva portare il velo. Padre e madre che ieri mattina si sono visti notificare i primi atti giudiziari. Entrambi sono stati denunciati dai carabinieri per maltrattamenti ai danni della figlia. Nessuna violenza fisica, la stessa bambina, sentita dagli assistenti sociali ha detto di non essere mai stata sfiorata. Ma violenza psicologica, reiterata nel tempo. Non c’era solo l’imposizione del velo, sia a lei che alle due sorelle di poco più grandi. La coppia di bengalesi, impedivano alle figlie di uscire da sole o di intrattenere qualsiasi rapporto con i coetanei maschi.
I servizi sociali d’intesa con la Procura per i minorenni di Bologna sono intervenuti con l’atto urgente di messa in protezione per la ragazzina  collocata al di fuori dalla famiglia d’origine, così come le sorelle.

I due mussulmani, residenti nel quartiere di Borgo Panigale da diversi anni, sono noti per essere una famiglia molto chiusa, ma non radicalizzata dal punto di vista religioso. Sconosciuti alle forze dell’ordine non risultano neppure essere frequentatori di moschee o luoghi di culto.

Sulla vicenda interviene il sindaco di Bologna, Virginio Merola, che a proposito della punizione inflitta alla ragazza dai genitori parla di “inaccettabile autoritarismo genitoriale” e ammonisce che “chi viene in Italia deve attenersi alla nostre leggi e alla nostra Costituzione”.

Mentre Yassine Lafram, coordinatore della comunità dei musulmani bolognesi, afferma “per la tradizione islamica qualsiasi forma di imposizione rende l’atto stesso invalido”. Tutte le prescrizioni dell’Islam, dal digiuno del Ramadan all’andare in pellegrinaggio alla Mecca, “rientrano in una libera scelta della persona: nessuno può imporle, religiosamente parlando. Qui siamo al di fuori del religioso: è un fatto che va inquadrato in un codice culturale particolare ed errato”. Secondo Lafram è necessario “aiutare i familiari, anche la madre stessa, e capire che cosa l’ha spinta a compiere questo gesto. E’ troppo facile condannare e consegnarla al macello mediatico”.

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