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Manchester, c’è una rete organizzata dietro al kamikaze, usato lo stesso esplosivo di Parigi e Bruxelles

Alta tensione tra polizia Gb e USA, esplosivo identico a quello di Parigi e Bruxelles.

“Non abbiamo a che fare con un lupo solitario, c’è un network di terroristi ispirati dall’Isis”, lo sostiene a proposito della strage di Manchester il deputato statunitense Mike McCaul che presiede l’House Homeland Security Committee americano. E che spiega anche che a Manchester è stato usato l’esplosivo Tapt, lo stesso delle stragi di Parigi e Bruxelles. 

Intanto – riferisce il Guardian – altre due persone sono state arrestate in connessione con l’attentato di Manchester, portando così il totale a 8 fermi. E dalle indagini, secondo quanto afferma l’intelligenge di Berlino citata da Sky News, emerge che Salman Abedi era a Dusseldorf, in Germania, quattro giorni prima dell’attacco.

Si alza la tensione tra forze di sicurezza britanniche e americane: prima la polizia del Regno Unito ha denunciato che la fuga di notizie sulle indagini sull’attentato “mina” l’inchiesta, in particolare in relazione alla pubblicazione delle foto dell’ordigno sul New York Times. E poi ha interrotto la condivisione delle informazioni con gli Usa, secondo quanto appreso dalla Bbc. Sarebbe “furiosa”, pur auspicando di ritornare presto alle normali relazioni di intelligence e di scambio delle informazioni.
Il servizio antiterrorismo nazionale ha commentato che “la diffusione non autorizzata” di elementi di indagine sulla strage di Manchester “danneggia le inchieste” e rischia di “compromettere le relazioni” con i servizi segreti alleati. “Noi condividiamo informazioni sensibili” con i “servizi di sicurezza nostri partner”, ha detto un portavoce, precisando che “se la fiducia si rompe, le relazioni vengono compromesse e le inchieste danneggiate”.

E’ caccia all’uomo – dunque – per provare a smascherare la rete di complicità attorno al kamikaze Salman Abedi: il 22enne, che con un fratello avrebbe giurato fedeltà all’Isis, fattosi saltare in aria lunedì sera fra le famiglie (ragazzi, bambini, genitori) reduci dal concerto della pop star Ariana Grande, trucidando almeno 22 esseri umani.
Le indagini lasciano ormai pochi spazi a dubbi. Questa volta nessuno crede al lupo solitario di turno. Salman, figlio di rifugiati libici anti-Gheddafi sbarcati nel Regno Unito negli anni ’90 e nel frattempo tornati in patria, non è stato che una pedina, a quanto pare. L’ordigno che s’era caricato nello zaino con il quale si è fatto poi esplodere era abbastanza sofisticato da escludere che possa aver fatto tutto da solo.
Di qui la convinzione che esista almeno una cellula, che questa sia ancora attiva e disponga come minimo di uno specialista. Una convinzione che ha spinto il governo di Londra, e il comitato di emergenza Cobra riunito due volte in poche ore dalla premier Theresa May, a portare l’allerta nel Paese al livello ‘critico’: il più alto nella scala delle minacce, proclamato solo due volte in passato, l’ultima 10 anni fa. Significa che un possibile nuovo attacco viene considerato imminente, come ha confermato la ministra dell’Interno, Amber Rudd, pur parlando di “progressi nelle indagini”.

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