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Reddito di cittadinanza: requisiti, cifre e coperture della proposta del M5s

Reddito di cittadinanza, che cosa prevedere la proposta del M5s

Il reddito di cittadinanza non sarebbe un’alternativa al lavoro. E’ quanto chiarito da Luigi Di Maio qualche giorno fa a Porta a Porta. Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste la proposta del M5s.

Le cifre: Il reddito di cittadinanza è un trasferimento pari alla differenza tra una soglia di povertà calcolata come il 60% del reddito mediano netto – in Italia 780 euro – e il reddito familiare. I 780 euro verrebbero corrisposti solo agli adulti single che non hanno alcuna altra entrata. Chi ha già un reddito avrebbe diritto solo alla differenza tra quello che guadagna ogni mese e i 780 euro. La cifra sale in proporzione alla composizione del nucleo familiare e,  secondo la simulazione fatta dagli economisti Massimo Baldini e Francesco Daveri su lavoce.info, tenendo conto dei redditi delle famiglie italiane il trasferimento medio sarebbe di 480 euro al mese per ogni nucleo. Che è anche l’ammontare massimo (per i nuclei di 65 o più persone) del sussidio contro la povertà attualmente in vigore in Italia.

I requisiti: Come spiegato da Il fatto Quotidiano, bisogna avere più di 18 anni, essere disoccupati o inattivi, percepire un reddito o una pensione sotto la soglia dei 780 euro. Occorre poi rendersi disponibili a lavorare e iscriversi ai Centri per l’Impiego pubblici (esonerati le madri o i padri con figli minori di 3 anni, i disabili e i pensionati) e iniziare un percorso di ricerca attiva di un’occupazione, frequentando corsi di formazione e facendo colloqui con gli operatori dei centri. Nel frattempo si dovrà contribuire a progetti sociali del suo Comune per 8 ore alla settimana. Fondamentale, infine, la disponibilità effettiva ad accettare un posto: perderà il reddito chi “rifiuta, nell’arco di tempo riferito al periodo di disoccupazione, più di tre proposte di impiego ritenute congrue” e anche chi “sostiene più di tre colloqui di selezione con palese volontà di ottenere esito negativo, accertata dal responsabile del centro per l’impiego”. Verrà considerata congrua una proposta “attinente alle propensioni, agli interessi e alle competenze acquisite dal beneficiario in ambito formale, non formale e informale, certificate nel corso del colloquio di orientamento” e remunerata con una “retribuzione oraria maggiore o uguale all’80 per cento di quella riferita alle mansioni di provenienza se la retribuzione mensile di provenienza non supera l’importo di 3.000 euro lordi”. Perderà il reddito anche chi si licenzia senza giusta causa per due volte in un anno.

La teoria, sviluppata dall’economista Pasquale Tridico – indicato da Di Maio come ministro del Lavoro di un eventuale governo pentastellato – è che l’obbligo di iscrizione ai centri per l’impiego farebbe salire il tasso di partecipazione al lavoro e questo aumenterebbe le stime del pil potenziale dell’Italia. Che è quello che l’Italia potrebbe raggiungere al netto di crisi economica e circostanze eccezionali. E in base al quale la Commissione Ue calcola il deficit strutturale dei Paesi membri e di conseguenza gli “aggiustamenti” richiesti. La tesi di Tridico è che con più persone attive il pil potenziale sarebbe più ampio e l’Italia potrebbe fare ogni anno più deficit, coprendo in quel modo i costi del reddito di cittadinanza.

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