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Svizzera, il “salario giovanile” per imparare la gestione del denaro e diminuire le tensioni in famiglia

Il progetto dello psicologo e terapeuta familiare Urs Abt diventa un marchio brevettato

Si chiama “salario giovanile” ed è la ricetta svizzera anti-bamboccioni. Il principio è semplice, già dall’età consigliata di 12 anni i ragazzi ricevono dai genitori un importo mensile fisso. Serve per esempio a coprire le spese per abbigliamento, parrucchiere, cellulare, attività sportive o le piccole spese e ha come obiettivo quello di sviluppare la capacità di gestione dei soldi e il senso di responsabilità.

Il “salario giovanile” è stato messo a punto e brevettato dallo psicologo e terapeuta familiare Urs Abt. Il quale è arrivato a farne un vero e proprio marchio depositato. Ma è approvato anche dalla Scuola professionale di scienze applicate e arti di Lucerna che conferma che il sistema funziona.

Secondo un sondaggio online, la gran parte dei 944 genitori interrogati assicura che grazie al salario giovanile i loro figli «imparano a gestire i soldi, a soppesare gli acquisti necessari con i loro bisogni in materia di consumi e acquisiscono più autonomia e responsabilità nelle questioni finanziarie», si legge in un comunicato stampa congiunto diffuso dall’Associazione Salario Giovanile, della Città di Zurigo e di Pro Juventute. Inoltre, i giovani risultano più consapevoli del prezzo delle cose.

Il “salario giovanile” funziona così: ai figli si versano dai 100 ai 200 franchi mensili, ovvero dagli 80 ai 160 euro, a condizione che si assumano buona parte delle loro spese esclusi, evidentemente, il vitto e l’alloggio. D’accordo sui sostanziali effetti positivi dell’esperimento anche il professor Remigio Ratti, ex-deputato democristiano al Parlamento federale elvetico e docente di Economia all’Università della Svizzera Italiana di Lugano. “In generale, penso che questa sia la giusta direzione, per superare un regime di paghette varie che non educa, crea conflitti tra genitori, nonni e figli e che poi genera disparità tra gli adolescenti stessi”.

 

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