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Bonaccorti si racconta: “Le canne e la follia di gioventù e ora la malattia. Il poeta che allungò la mano. E l’operazione…”

Enrica Bonaccorti si racconta in un’intervista a ‘Il Fatto Quotidiano’:

“Guardo le mie foto di un tempo e dico: ‘Ero proprio bella’. Mica me ne rendevo conto, ero una cretina, condizionata da un’ educazione molto severa, e con la mano di mamma sulla testa pronta a tenermi in basso. E così pensavo sempre di essere l’ ultima, sempre a disagio, non giusta”.

Si sentiva inadeguata.
“Se ci penso, mi stupisco della mia non capacità di giudizio.Mi ritenevo passabile”.

Però corteggiata.
“Tantissimo, ma credevo solo per le mie forme abbondanti, per un seno evidente, tanto è vero che appena ho potuto mi sono operata per ridurlo”.

Un errore.
“Nella mia vita ho spesso peccato di superficialità”.

Si condanna.
“Tanto”.

Quando l’operazione?
“Nel 1981. E avevo appena passato la terza selezione per il ruolo di co-protagonista nell’ Amadeus di Shaffer, con la regia di Pressburger. Io felicissima. Solo che Giorgio voleva che a un certo punto del dramma, mi aprissi la camicetta e mostrassi il seno”.

Prorompente.
“Ecco, troppo. Una sera vado a cena con una collega e il suo compagno, famoso chirurgo plastico. Lui mi dice: “Che problema c’ è? Oggi è semplice: riduciamolo”. Due giorni dopo ero in clinica”.

Due giorni?
“Davvero, è incredibile: mi sentivo realmente inadeguata, vedevo tutte le altre colleghe più belle di me”.

Allora, sotto i ferri.
“Oltre cinque ore e mezzo di sala operatoria, sono tornata in stanza con la lingua schiacciata di lato, poi il braccio sinistro completamente morto; neanche riuscivo a deglutire”.

Massacrata.
“La lingua è tornata normale dopo venti giorni, il braccio non ne parliamo. Risultato? Ho mandato un certificato medico alla compagnia e rinunciato al palco dell’ Argentina di Roma”.

Ha posato per “Playboy”.
“Che s’ ha da fa’ pe’ magnà. Però così ho anche tirato su, da sola, mia figlia”.

Sua mamma non l’ ha trovata bella neanche dopo “Playboy”?
“Quando mi hanno eletto come la più elegante della tv, si è messa le mani in faccia: ‘Se sapessero se sapessero che in realtà sei una zingara’”.

Senza tregua.
“Aveva ragione. Non sono precisina”.

Anche allora le avranno rivolto dei complimenti.
“Ammazza, complimentissimi. Mi invitavano a cena, mi sparavano le frasette del caso, e spesso citavo Ungaretti: ‘Vorrei essere scabra ed essenziale come una pietra del Carso'”.

Appassionata di Ungaretti?
“Tanto; l’ ho conosciuto, portato a casa, e nonostante l’ età in macchina ha allungato la mano. Che imbarazzo”.

Il suo ideale di bellezza.
“La mia immagine ideale era quella di poter uscire dal mare, vestita solo di una maglietta bianca, con appena due puntine sotto, e i capelli dritti e lisci con la frangetta (Mentre cerca foto sull’ iPad, ne compare una con Mino Damato)”.

Lui
“Gli devo molto, perché dopo l’ operazione sono rimasta a casa un paio di mesi, e non sapevo come organizzare la vita. Una mattina mi chiama la Rai: ‘Sappiamo che ha annullato la stagione teatrale, l’ aspettiamo da noi’. Vado. E mi trovo davanti Piero Badaloni e Mino, per un programma pomeridiano”.

E poi?
“Badaloni lascia, restiamo in due, per me aumenta lo spazio, e Mino mi insegna le tecniche del mestiere: come si approfondisce la notizia, la tigna, oppure come si cercano gli ospiti. Quanto ho studiato e il nome Italia Sera l’ ho inventato io”.

Lei a scuola.
“Andavo bene, riuscivo anche a bluffare quando qualcosa non la sapevo, sono stata rimandata solo l’ ultimo anno perché ho mandato a quel paese un professore in commissione d’ esame; ma eravamo alla vigilia del ’68”.

Ha partecipato alle proteste?
“Vuole sapere quante botte ho preso? Tante, anche insieme a Giuliano Ferrara. E sono stata arrestata.

Eravate a scuola insieme?
“Non subito. Appena arrivata a Roma sono finita al Mamiani, allora il Ginnasio più prestigioso della città, ma ho discusso con gran parte dei docenti e dei compagni, tanto da finire in un angolo”.

E poi?
“Sono caduta in una crisi esistenziale, chiusa in casa per due mesi, con i miei che a un certo punto volevano darmi dei ricostituenti. Fino a quando mamma mi cambia scuola, e lì trovo Giuliano”.

Allora di sinistra.
“Insieme ci hanno mazzolato dopo una manifestazione a piazza Cavour, con me presa per i capelli dai celerini e trascinata per decine di metri sul marciapiede. E poi giù calci e manganellate”.

Suo padre colonnello della polizia.
“Appena sono tornata a casa vedo sul mobile d’ ingresso il suo berretto e sopra i guanti: li prendo e butto per terra”.

Avvelenata.
“Così il giorno dopo decidiamo l’occupazione della scuola. Giuliano il nostro leader”.

Lei protagonista.
“Per forza, ma dopo poco sono arrivati i celerini, con mia madre fuori dall’ istituto ad urlare: ‘Chicca Chicca vieni via! Scendi!'”.

Se n’ è infischiata.
“Ovvio! Arrivano gli agenti e ci portano via, ci obbligano a salire dentro una camionetta, e nel tragitto ci riempiono di botte, ma botte vere! Arrivati alla centrale mi convoca il commissario: ‘Bonaccorti, lei è una ragazza intelligente’. E che ne sa? ‘È la figlia del colonnello, sono stupito del suo comportamento’. Gelida replico: ‘Lo stupore è il mio, sono nata e cresciuta in una caserma, con questa divisa sono stata allevata e un tempo mi sentivo sicura, tra fratelli; venir picchiata così’. Picchiata? per carità. ‘Al mio compagno hanno rotto il naso dentro il cellulare’. E qui la sua risposta è stata un gioiello

Avrà farfugliato.
“Parole sue: ‘Forse inavvertitamente vi sarete urtati tra di voi'”.

Suo padre.
“Ho avuto più rapporti con mia madre. E sottolineo purtroppo, perché è morto a soli 48 anni. E io ne avevo 19”.

Sensi di colpa?
“Sono arrivati adesso”.

Come mai, ora?
“Un po’ perché a suo tempo non ho sofferto abbastanza, sono stata travolta da una morte improvvisa, e poi ho il rammarico di non avergli rivolto le domande necessarie, ed è un errore imperdonabile. Ah, mio padre era bellissimo, sembrava David Niven Comunque mi ha salvato il teatro”.

Benedetto palco.
“Fondamentale, ha cambiato la mia vita e nei momenti difficili mi ha sempre cullato. Su quelle assi di legno conta solo quello che accade lì, tutto il resto sfuma alle spalle”.

È una fuga
“Vivo sempre in fuga: ovunque sono vorrei essere altrove”.

Quindi suo padre era fascinoso.
“Si è tolto molti più piaceri di mia madre”.

Sua mamma gelosa?
“Quando alcune amiche provavano a metterla in guardia con la frese ‘stai attenta, tutte corteggiano tuo marito’, lei rispondeva: ‘Vuol dire che ho scelto bene'”.

Benedicta Boccoli sostiene: “A Enrica l’ ha fregata il carattere: troppo buono”.
“Più di una persona mi ha rivolto la stessa bonaria accusa; la mia presunta bontà è anche reale scemaggine”.

Senza retorica.
“Su certi aspetti sono più intelligente della media, su altri proprio non capisco: da come si avvia la lavastoviglie, a una ipocrisia palese”.

È nel pantheon del nazional-popolare.
“Anche in questo caso me ne sono resa conto dopo, in quel periodo uscivo solo per lavorare, poi tornavo a casa e studiavo la puntata del giorno dopo o guardavo la televisione. In quegli anni mica c’ erano i social, il contatto con il mondo lo dovevi cercare. A me il successo è successo”.

Non lo ha cercato a tutti i costi?
“Ricordo un’ intervista quando avevo 23 anni, e interpretavo la sorella della Masina in Eleonora. Alla fine la giornalista mi domanda: ‘Dove vuole arrivare?’. E io: ‘Sono già arrivata’”.

Ed è stata tacciata di presunzione.
“Per me significava aver raggiunto il mio obiettivo e mantenermi da sola”.

Lei talmente nazional-popolare da finire da Berlusconi.
“Dopo anni di corteggiamenti professionali, partiti nel 1983: ‘Mi piacerebbe conoscerla’. Va bene. ‘L’aspetto nel mio ufficio a viale Mazzini’. Chiaro? Aveva preso delle stanze nella stessa via della Rai. Geniale”.

Anni dopo con lui ha firmato il contratto delle vita.
“Una cifra incredibile, mi sconvolse, già allora la trovai vergognosa. Però in Rai avevo le porte chiuse e senza alcun motivo”.

Cosa ha votato?
“Sempre a sinistra. E ringrazio mia madre per avermi impedito, fisicamente, di andare a Trento a studiare Sociologia”.

E perché “grazie”?
“Con la testa che avevo nel 1969, certamente mi sarei fidanzata con Curcio o con altri simili a lui, avrei combinato casini, e oggi o non c’ero o sarei finita in galera, poi pentita e disgraziata”.

Solo botte a Roma.
“Sono anche entrata nel Gruppo degli Uccelli con Liguori, io unica donna, il mio nome da battaglia era Clementina ‘perché avevo il sorriso fresco come la mentina’, mentre Paolo era ‘Straccio'”.

Non si è fatta mancare nulla.
“Con il gruppo siamo anche partiti per una settimana e in autostop, cinque uomini, più io: ero l’ esca per gli automobilisti”.

Un classico.
“Non avevamo una lira, rubavamo il pane per mangiare, e una notte il nostro giaciglio è diventato il tavolo da biliardo di un circolo Pci di Fucecchio. Un freddo assurdo. Per riscaldarci ci siamo divisi il contenuto della mia valigia da brava ragazza, preparata da mamma completamente ignara, con dentro sottane e camicie da notte”.

Qualche canna per la notte.
“Più di una, ma all’ epoca era normale, e comunque per me lo spinello è meno dannoso dell’alcol”.

Niente vino.
“Sono astemia, e non per scelta, per necessità: mi sbronzo subito e poi vomito”.

Sempre.
“In compagnia posso assaggiare qualcosa, non vado oltre; vent’ anni fa questa mia riluttanza mi ha salvato da una situazione strana: qualcuno mi deve aver versato della droga in un cocktail, per fortuna ho ceduto a un solo sorso; poco dopo ero rintronata”.

Quanto?
“Da non riuscire a guidare bene, ho scheggiato anche il vetro dell’ auto”.

Lei però usciva poco.
“Sì, e poi ho lo stesso problema di Luciano de Crescenzo: soffro di prosopagnosia”.

Cos’ è?
“Non riconosco le persone, non associo visi e nomi: posso parlare con un tipo tutta la sera, e l’ indomani non riconoscerlo. A causa di ciò sono caduta in gaffe colossali”.

Tipo?
“Avevo 25 ani e incontro a una festa Gino Paoli. Lo guardo e gli dico: ‘Aspetta, aspetta chi sei?'”

Ha ucciso il suo ego.
“Intorno a noi ridevano tutti, e non è la mia peggiore Proseguiamo. Riunione a Mediaset, mi fermo un quarto d’ ora a colloquiare con una persona, anche piacevole nella conversazione. Ovviamente ero all’ oscuro della sua identità. Quindi decido di attingere al mio repertorio di frasi strategiche, affinato in anni di imbarazzi: ‘Di cosa ti occupi adesso?’. E lui: ‘Sono sempre il presidente di Mediaset, Enrica’. Era Confalonieri”.

Chissà quante volte l’ hanno giudicata stronza.
“Un’ altra sera accetto un invito a cena, con vari ospiti. Arrivo. Fermo la padrona di casa: ‘Per favore indicami i presenti in salotto e svelami i loro nomi’. Lei mi asseconda. Al quarto cognome inizio a sudare freddo, entro in crisi: avevo dimenticato l’ identità di chi mi parlava”.

De Andrè lo ha conosciuto?
“Mi hanno detto di sì, ma non lo ricordo, forse perché ero troppo emozionata, e l’emozione aggrava la patologia”.

Terribile.
“Mi salvo con le foto sul computer. (Questa volta ne compare una con Modugno.

Con la sua patologia, come gestisce il lavoro?
“Sul palco o in televisione ricordo tutto.

Adrenalina.
“Forse, è una magia”.

Palco e tv sono una droga?
“Totale. E non lo credevo, tanto da averla mollata per tre anni, e quando ero al top, con Costanzo che mi rimproverava: ‘Non fare questa cazzata’. Aveva ragione Maurizio”.

I suoi più bei ricordi legati alla tv?
“Il periodo di Italia Sera, un programma pionieristico”.

E “Non è la Rai”?
“Primi tre mesi stupendi, culminati con la pessima vicenda del Quizzone, quando un concorrente ha offerto la risposta giusta prima delle mia domanda, e imbufalita ho urlato “datemi una mitraglietta”; poi qualcosa si è incrinato e hanno iniziato a non inquadrarmi e a tagliare i miei spazi. A giugno sono andata via. Ho seguito l’amore”.

Non ha dato retta a Costanzo.
“E ho vissuto i tre anni più belli della mia vita; tre anni di sintonia mentale e sessuale; con lui camminavo su un pulviscolo dorato”.

Finito, perché?
“È nobile e ha 13 anni meno di me. La famiglia lo ha richiamato all’ ordine”.

Quante delusioni ha vissuto?
“Continue”.

Porta rancore?
“No, perché dimentico”.

Lei oggi rispetto a ieri.
“Invecchio senza crescere: ho gli stessi difetti e gli stessi pregi di un tempo”.

Cosa la offende?
“Solo quando non mi credono, basta un ‘ma figurati se’ e ci resto male. E professionalmente Non avere più un programma radiofonico. (Sfoglia ancora, ecco Lucio Dalla)”.

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