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Spettacolo

Accuse Michael Douglas, parla la moglie Catherine Zeta-Jones: “I miei figli e io profondamente devastati”

Accuse Michael Douglas, parla la moglie Catherine Zeta-Jones:

Il movimento #MeToo, insorto in seguito allo scandalo Weinstein, continua a mietere vittime e accuse. Il non ultimo della lista è Michael Douglas, finito nel mirino per una presunta molestia. Ma la sua storia, secondo la moglie Catherine-Zeta Jones, è molto diversa dalle altre.

Ma andiamo per gradi. Circa un anno fa, durante le feste di Natale Michael Douglas venne contattato dal suo avvocato. The Hollywood Reporter voleva pubblicare la testimonianza di una donna che aveva lavorato per lui circa 30 anni prima: l’ex dipendente, in sostanza, sosteneva che l’attore si fosse masturbato davanti a lei.

Douglas decise di anticipare l’uscita del servizio e raccontò a Deadline, la sua versione dei fatti: “Ciò che fa più male è dover condividere qualcosa di simile con la propria moglie e i propri figli. Loro si sono davvero arrabbiati, erano molto spaventati e a disagio all’idea di poter leggere qualcosa su di me e di sentirmi additare come un molestatore”, disse respingendo ogni accusa in maniera categorica.

E a quanto pare l’idea si dimostrò azzeccata: la testimonianza della donna, infatti, non è stata mai reputata attendibile. Tutto svanì come in una bolla di sapone, ma gli strascichi che questo scandalo ha avuto per la famiglia Douglas hanno lasciato il segno.

A raccontare tutto è la stessa Catherine Zeta-Jones ai microfoni del DailyMail: “I miei figli e io siamo stati profondamente devastati da quelle accuse. Questa donna è saltata fuori dal nulla e ha accusato mio marito. Ho avuto una conversazione molto intensa con lui, con i nostri figli nella stanza, e gli ho chiesto quale fosse la verità”. La coppia ha due figli: Dylan (18 anni) e Carys (15 anni).

Douglas la rassicurò, dicendosi certo della sua totale innocenza e di non avere nulla da temere: “Ci disse che il tempo avrebbe dimostrato che in quella storia non c’era niente di vero. Ed è stato così. Per ogni accusa non supportata da prove, il movimento #MeToo torna indietro di 20 anni”.

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