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Spettacolo

Francesco Renga: “Cantare mi evita lo psicanalista. Rimpianti? Solo uno…”

Francesco Renga ha rilasciato una intervista ai microfoni di leggo.it:

Francesco Renga, 50 anni, due figli (nati dalla relazione con Ambra Angiolini), ha parlato del suo nuovo disco, “L’altra metà”, e non solo. Vi proponiamo le parole del cantautore bresciano ai microfoni di leggo.it.

L’altra metà, per come ci ha abituati, non sembra suo.
«Era proprio quello che volevo. È il punto di arrivo di un percorso non indolore fatto di tentativi e spinto dall’urgenza di un linguaggio contemporaneo. Ci sono voluti tre dischi e la collaborazione con artisti giovani per portarmi su strade inesplorate, da Ultimo a Gazzelle, a Paolo Antonacci. Ho tolto vibrati, scelto tonalità vicine al parlato, giocato su ottave».

Colpa della maturità?
«Già dal disco Tempo Reale cercavo uno stile espressivo che rispettasse voce e scrittura. Ma senza scimmiottare nessuno e senza rendersi ridicoli, anche perché a 50 anni non te lo puoi permettere».

Cinquanta, portati bene. In quale fase della vita è?
«Nell’altra metà, appunto. Sono in uno spartiacque naturale con un prima e un dopo, e soprattutto con la curiosità di scavalcare il confine della mia stessa musica. Se penso a Il mio giorno più bello del mondo e alla fatica che ho fatto per cantarla».

Cioè non si sopportava più?
«Riempirsi la bocca di se stessi è stata la sensazione più sgradevole che abbia provato».

Dove ha osato di più?
«In Sbaglio perfetto, la preferita di mio figlio Leo. Sembrerà uno scherzo, ma paradossalmente nella strofa dopo il ritornello – E c’è qualcosa che non va – davvero non andava qualcosa: mi ero scordato il testo. E l’ho lasciata così».

Elettronica, ritmi sincopati: cosa risponde a chi potrebbe criticarla per tutto questo?
«Rispondo che ero a Sanremo con una canzone classica. Ma che ho sentito la necessità di uscire dalla mia zona comfort diventata un limite comunicativo. E oggi ascolto meno cult e più radio: i giovani stanno facendo una grande rivoluzione musicale».

Difficile fare l’artista?
«È l’unico modo per riuscire a dire le cose. Ti evita, cioè, di andare dallo psicanalista. E non avendo un piano B, vai avanti anche nei momenti difficili. Questa la vera fortuna, altrimenti saremmo dei disadattati».

E lei?
«Canto amore, paura, disagio, senso di inadeguatezza, assenza: la poetica che mi rappresenta. E la voglia di comunicare ai miei figli».

A proposito, con loro esame superato?

«Parrebbe di sì. Danda ama L’odore del caffè, anche perché l’ha scritta Ultimo (ride, ndr). Ho la fortuna di viverli tanto. Mi piace guardarli, essere guardato. Fare compiti, portarli a scuola, cucinare per loro. Mi sono specializzato nella cacio e pepe».

E poi c’è L’amore del mostro che sa di social.
«Io sono diventato social. Parlo alla generazione dei miei figli, fatta di uomini soli, connessi a tutto ma in realtà a niente. È un ossimoro dei sentimenti che non tiri fuori».

Il suo mostro?
«La paura dell’abbandono. Poi trovi l’amore…»

E lei l’amore l’ha ritrovato, parrebbe.
«Sono un uomo fortunato. Di amori ne ho tanti: i miei figli, la madre dei miei figli, la mia compagna Diana…».

La vita è un posto per tutti i rimpianti, canta: il suo rimpianto?
«Non avere potuto far conoscere i miei figli a mio padre. Questa la cosa che mi fa più male».

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