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Quarantena Coronavirus, nei guai chi posta immagini di trasgressori: ecco cosa rischia penalmente

Quarantena Coronavirus, ecco cosa rischia penalmente chi posta sui vari social network video e immagini dei trasgressori

Quarantena Coronavirus, nei guai chi posta immagini di trasgressori: ecco cosa rischia penalmente. Sono sempre più i cittadini arrabbiati per l’isolamento e le misure adottate dal governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus. In molti si scagliano contro chi esce da casa e spesso volano accuse anche senza prove certe.

Ma finché si presume non è un problema, cosa invece differente se si applica un particolare tipo di giustizia fai-da-te. Stiamo parlando delle segnalazioni via social network di chi viola le misure restrittive imposte dal Governo.

Dall’inizio dell’emergenza si moltiplicano i gruppi pubblici, privati, ma anche i singoli profili social che condividono fotografie di chi fa jogging o di chi uscirebbe di casa violando le regole. Fioccano foto in chiaro, targhe di veicoli e numeri civici di abitazioni private rese pubblica nel web. Tutti dati personali che per la nostra legge non possono essere diffusi da privati, neppure per denunciare presunti illeciti.

A fare chiarezza sulle segnalazioni ‘aggressive’, è ‘Il Sole 24ore, secondo cui, “oltre a un eventuale risarcimento in sede civile, si rischia di dover rispondere del reato di diffamazione aggravata se la fotografia viene accompagnata da post che etichettano come trasgressori o peggio ancora chi avrebbe violato le disposizioni anti contagio.

La regola è semplice: non sappiamo perché quella persona sta uscendo di casa e, in ogni caso, eventuali condotte illecite devono essere segnalate alle autorità competenti, polizia o carabinieri, come precisa da ultimo il decreto legge n.19 del 25 marzo da oggi in vigore.

Quarantena Coronavirus, nei guai chi posta immagini dei trasgressori: il rischio

Saranno infatti le autorità competenti a doversi fare carico di dare esecuzione alle misure prescritte. L’emergenza sanitaria non sospende le norme che disciplinano il rispetto dell’altrui riservatezza e reputazione. Dal punto di vista tecnico tutto ciò che identifica una persona fisica è un dato personale che, salvo eccezioni, non può essere divulgato senza il consenso dell’interessato.

Il mezzo non conta, il reato di diffamazione si può configurare anche se si condividono i contenuti su gruppi WhatsApp o via mail comunicando con più persone”.

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