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Lilli Gruber: “In Rai non torno, vi spiego perché. Rivali? Ogni mattina faccio una cosa e sono soddisfatta…”

Lilli Gruber in Rai di nuovo? Non torna, è la stessa giornalista a ‘Il Corriere della Sera’

Lilli Gruber: “In Rai non torno, vi spiego perché. Rivali? Ogni mattina faccio una cosa e sono soddisfatta…”. La giornalista e conduttrice a spiegarlo in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Lilli Gruber, «Otto e mezzo» ha chiuso la stagione su La7 con uno share medio al 7,56% con 2.084 milioni di telespettatori, sotto lockdown (8 marzo- 5 giugno) siete arrivati a 8,20% con 2.384 milioni. Il suo bilancio?
«Prima di qualsiasi analisi un pensiero a chi ha perso la vita o il lavoro per il coronavirus, i numeri sono drammatici. “Otto e mezzo” era forte ben prima di un’emergenza che ha aumentato il bacino di pubblico tv. I telespettatori hanno premiato la scelta di una fantastica squadra: attenersi sempre e solo ai fatti. Siamo il programma di approfondimento col più alto numero di spettatori della tv italiana».

Com’è cambiato il talk tv nel lockdown?
«Equilibri saltati, niente ospiti in studio, solo “a distanza”. Il pubblico ci ha percepito come un luogo dove capire cosa stesse accadendo e come proteggersi dal virus. L’interesse per gli slogan politici è crollato. Sono cresciuti infatti tutti i programmi credibili».

Il «carattere Gruber»: scontri con Renzi, Meloni, Salvini…
«Nei paesi anglosassoni si chiama “hard talk”. Chiedo conto di parole e di azioni. Se le risposte sono elusive, io insisto. L’incontro giornalismo-politica, nonostante il distanziamento, resta uno sport di contatto».

Lilli Gruber: “In Rai non torno, qui più autonomia”

Sulla sua fascia oraria c’è molta concorrenza. Come giudica i suoi e le sue rivali?
«Ogni mattina analizziamo i risultati e… siamo sempre soddisfatti. Mi fermo qui. La nostra squadra è serrata e brillante, io sono arrivata alla conduzione dopo anni di duro lavoro sul campo, anche in zone di guerra. Il pubblico ha imparato a conoscermi, e eventualmente ad apprezzarmi».

Lei in tv, e con il suo libro «Basta!» (I Solferini) attacca la «invisibilità delle donne» e il machismo al potere. Una «missione»?
«In questa fase economica e in un Paese maschilista e tradizionalista come l’Italia è indispensabile ricorrere alle competenze e alla capacità di sintesi delle donne: sono propense all’ascolto, sanno occuparsi dei diversi aspetti di un problema. Privarsene non è solo ingiusto ma anche semplicemente stupido. Innumerevoli studi dimostrano che le organizzazioni o i Paesi che hanno le donne nelle stanze dei bottoni funzionano meglio».

Cosa ha pensato quando Vittorio Sgarbi è stato portato via di peso dalla Camera dopo le sue parole contro Mara Carfagna che presiedeva l’aula?
«Mara Carfagna sta dimostrando da tempo di fare un lavoro politico serio a difesa delle istituzioni. Sgarbi? L’ho invitato a “Otto e mezzo”, da noi non si è mai azzardato a eccedere. La sua versione peggiore vista in tv non fa onore né a lui né alla sua intelligenza».

[…] Lei viene dalla Rai. Mai avuta la tentazione di «tornare a casa»?
«No. Per un giornalista l’autonomia professionale è un bene troppo prezioso. E a La7 l’ho trovata».

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