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Salute

Sla, scoperta proteina che frena la progressione della malattia: la speranza da uno studio italiano

Grazie ad uno studio italiano sulla Sla, è stata scoperta una proteina che frena la progressione della malattia nei topi

Sla, scoperta proteina che frena la progressione della malattia. Da uno studio italiano una nuova speranza contro la sclerosi laterale amiotrofica. Si tratta di una ricerca condotta dal Laboratorio di Neurobiologia molecolare dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, pubblicato online su ‘EBioMedicine’.

Dall’Istituto fondato e presieduto da Silvio Garattini si dicono ottimisti: “Per la prima volta la proteina Cxcl13, della famiglia delle chemochine, è attivata dai neuroni che comandano i movimenti muscolari volontari (motoneuroni) e che la sua presenza ha effetti benefici nel contrasto della progressione della Sla in un modello animale”.

Secondo gli esperti, Cxcl13 è una proteina fisiologicamente coinvolta nell’organizzazione degli organi linfoidi dove maturano le cellule immunitarie. La sua presenza nel sistema nervoso centrale è strettamente associata alla neuroinfiammazione, una caratteristica patologica di diverse malattie neurodegenerative tra cui la Sla.

Le evidenze preliminari avevano messo in luce un significativo incremento di Cxcl13 nei topi affetti da Sla. Questo dato poteva suggerire una correlazione diretta tra l’attivazione della chemochina e una progressione della malattia più rapida. Inaspettatamente, la neutralizzazione della chemochina in topi Sla ha invece portato a un peggioramento della malattia esacerbando il danno motoneuronale e l’atrofia dei muscoli scheletrici. Suggerendo, di contro, un effetto benefico della presenza di Cxcl13 nella Sla.

Sla, scoperta proteina che potrebbe frenare la malattia

Ne parla Maria Chiara Trolese, co-investigatore e primo autore del lavoro. “L’aspetto rilevante è che durante la malattia i motoneuroni esprimono alti livelli di questa chemochina, sia a livello centrale sia periferico. La specifica soppressione di Cxcl13 ha quindi privato le cellule di un processo di protezione precedentemente ignoto. Infatti abbiamo osservato che il silenziamento di Cxcl13 induce una perdita di motoneuroni e un incremento dell’infiammazione, mentre la sua somministrazione preserva i motoneuroni dalla degenerazione”.

Coerentemente con l’azione protettiva di Cxcl13 nel modello animale, i livelli della proteina sono aumentati anche nei motoneuroni spinali rimasti dei pazienti Sla, mentre sono significativamente ridotti nel liquido cerebrospinale rispetto ai pazienti con sintomi non neurologici o affetti da sclerosi multipla.

Ne parla anche Caterina Bendotti, capo del laboratorio di Neurobiologia molecolare. “I livelli ridotti di Cxcl13 nel liquido cerebrospinale dei pazienti di Sla potrebbero essere un indice della degenerazione dei motoneuroni. Questo perché mettono in luce questa chemochina come marcatore clinico per la discriminazione precoce della malattia, rispetto a disturbi neurologici con elevata componente infiammatoria, come la polineuropatia cronica demielinizzante e la sclerosi multipla.

Il team sta attualmente lavorando allo sviluppo di una corretta validazione multicentrica su larga scala per avvalorare Cxcl13 come biomarcatore nella pratica clinica. In parallelo, verrà eseguita un’analisi più estesa dei processi alla base dell’attivazione motoneuronale di Cxcl13 nella Sla per definire i meccanismi implicati nell’inibizione dell’infiammazione nel sistema nervoso centrale, si legge in una nota del ‘Mario Negri’.

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