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Miriam Leone: “Mi sono fatta male e sono stata male. Oggi sono felice e innamorata. E il matrimonio…”

Miriam Leone è stata male ma oggi è felice, l’attrice lo racconta a ”Vanity Fair’

Miriam Leone: “Mi sono fatta male e sono stata male. Oggi sono felice e innamorata. E il matrimonio…”. L’attrice siciliana si racconta a cuore aperto in una intervista rilasciata a ”Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Quando sente paragonare questo lungo periodo a una guerra cosa sente?
«Disagio. Non mi sembra che siamo in guerra. I più fortunati hanno una casa, possiamo comunicare e godere delle arti attraverso l’etere, il quinto elemento. Certo, mi mancano i cinema, i teatri e i concerti, ma se fossimo stati completamente isolati, probabilmente, saremmo impazziti tutti».

C’è chi impazzisce, dopo tanto correre, per la quiete improvvisa. Abbiamo esagerato?
«Capisco il paradosso, ma non mi convince. In guerra hai la privazione della libertà, la violenza, la fame, lo sfregio della dignità. In questa situazione abbiamo un nuovo modello di vita da anteporre a un altro, speriamo solo temporaneamente. Ma un conto sono le bombe, un altro quello che abbiamo vissuto. Un passaggio di tempo duro. Uno shock pieno di lutti e sicuramente bisognoso di grande sostegno psicologico ed economico».

A trent’anni diceva di essere alla ricerca della felicità. L’ha trovata?
«Ora sono felice, ma so che quello che ho oggi l’ho voluto davvero perché ai sogni ho dato forma con le mie azioni».

Come si fa?
«Non si lasciano da parte e non si vagheggiano, ma ci si lavora. Mi sono confrontata con il mio fango, con le mie zone d’ombra, con le mie parti oscure. Le ho illuminate».

Miriam Leone: “Sono stata male ma oggi sono felice e innamorata…”

Com’erano queste parti oscure?
«Cappuccetto Rosso incontra il lupo e rischia. La parte oscura può essere negli incontri. Nella mia vita ce ne sono stati di funesti, dolorosi e pericolosi. Sono incontri che lì per lì credevo potessero lasciare solo rabbia senza insegnamenti, ma mi sbagliavo».

Ha trasformato quella rabbia in qualcosa di utile?
«Quando non sapevo come gestirla l’ho riversata contro me stessa. Mi sono fatta male e sono stata male. Dovevo sempre correre, essere al meglio, rispondere alle aspettative. Mostrandomi per quello che ero mi sentivo molto esposta, fragile e temevo di non essere all’altezza. Poi ho iniziato ad ascoltarmi e quella rabbia è diventata energia. Ho capito che non dovevo più nascondermi proprio perché non avevo idea di come si facesse. Ho capito che potevo ridere se avevo voglia di ridere e commuovermi se sentivo di farlo. Questa consapevolezza mi ha salvato».

Chi la fece uscire dalla rabbia?
«La volontà, la bellezza della vita e alcune persone illuminate che mi hanno aiutato a guardarmi dentro senza vergogna e a capire quanto c’era di tossico nei miei rapporti interpersonali, nelle mie relazioni e nelle mie amicizie. Alcune le ho perse per sempre, altre le ho ritrovate, ovviamente sull’altra sponda».

Come si sta sulla sponda dei salvi?
«Se hai già percorso una parte di strada buia e superato quella parte della vita tiri un sospiro di sollievo perché dici “poteva finire male”. Scegliere il bene è più faticoso. Prevede impegno. Ma dopo la fatica, la strada è più bella e piena di felicità. Ora che la divisa da Cappuccetto Rosso è nel baule da almeno 5 anni, considerando che l’ultimo anno ne vale almeno 10, ripensare ai miei vent’anni, glielo giuro, mi impressiona».

Miriam Leone: “Matrimonio? Niente scoop, non lo dirò a un giornale”

Cosa la impressiona?
«Non sapevo niente e non capivo niente. I vent’anni sono stati sicuramente inventati per non sapere di averli e per sprecarli, ma me ne rendo conto soltanto adesso. Quando osservo i ventenni provo una tenerezza infinita: capisco quanto fossi piccola e mi sentissi grande».

[…] Aveva sfiducia negli altri?
«Avevo sfiducia in me stessa e poi preferivo stare per conto mio, nel mio anacronismo. Con i miei scarponcini, i capelli rosa e i pantaloni lunghi. Sa cosa dicevano a mia madre? “Tua figlia è così carina, non potrebbe provare a essere un po’ normale?”».

[…] Cosa le fa più paura in assoluto dei social?
«La voglia di gogna generalizzata. È vero che veniamo da un anno irripetibile e che siamo tutti compressi e chiusi, al bivio tra disperazione e depressione, ma non per questo consola vedere le fogne a cielo aperto. C’è un desiderio violento di prendere posizione su ogni argomento che è la spia di un malessere profondo. Si sente una voce in lontananza, non ci si preoccupa di verificarla e si spara nel mucchio plaudendo alla giustizia sommaria, allo sputtanamento, alla shitstorm».

Lei come si tutela?
«Non cedendo alla tentazione di dire la mia ed evitando di rispondere al commento cretino. Non vedo alcun vantaggio ad accendere un riflettore sul nulla. Meglio l’oblio».

Miriam Leone: “Mi sono fatta male in passato…”

[…] Il primo amore?
«Eravamo grandi amici, siamo rimasti tali. Ho fatto disastri in amore, tanti disastri. Con il tempo ho capito cosa non mi faceva stare bene e perché ero attratta da persone problematiche e difficili che più che di una fidanzata avrebbero avuto bisogno di un’assistente sociale».

L’abbaglio è la regola e la difficoltà la norma?
«Esiste anche la possibilità che l’amore sia semplice: è l’eccezione ed è eccezionale. Anche io a 12 anni soffrivo per ragazzi. Ma se ti accade molto dopo e se sei felice solo nella sofferenza, la questione è materia per analisti molti bravi».

Si è mai sentita ingannata?
«A fregarci sono sempre le aspettative eccessive. Da piccola investi tutto in un’idea e poi magari ti arrabbi e ti senti tradita, ma bisogna essere lucidi e onesti e saper dire ogni tanto: “È colpa mia”. Va bene, ho sbagliato. Però è necessario andare avanti. Non esiste niente di più potente della nostra capacità di reagire e di ricominciare. Perché a un certo punto arriva il vero amore e lo riconosci non per le farfalle nello stomaco, ma proprio perché te lo toglie il mal di pancia».

[…] Provo con una domanda sintetica: si sposa nel 2021?
«Dpcm permettendo?». 

Sia seria.
«Sono seria. Non lo dico su un giornale né tantomeno sogno di fare uno scoop. Diciamo che sono felice e innamorata, ma rimango riservata perché le cose preziose sono le più fragili. Vanno curate, protette e conservate. La cristalleria non la metti in lavastoviglie proprio come la felicità non la sbandieri ai quattro venti. Quando accadrà, comunque, nonostante il mio riserbo che non è una posa ma un modo di essere, lo condividerò con chi mi ha dato forza in questi anni. Che ci fosse vento o calma piatta, a spingermi sono stati soprattutto loro».

Miriam Leone: “Mi sono fatta male e sono stata male…”

[…] Lei si sente autentica?
«Io sono sempre autentica. Mi capita di dover fingere di sorridere? Certo che mi succede, ma a volte è solo questione di educazione. Ci invitano tutti, ossessivamente, a essere come siamo. “Dovete essere voi stessi”, ci dicono. È un imperativo assoluto il “sestessismo”, una nuova religione. Ma quando un concetto si trasforma in slogan secondo me diventa vuoto. Se sei uno stronzo, essere se stessi è un valore? Conoscere se stessi è un valore proprio come lo è prendersi cura di se stessi. Perché la perfezione, bisognerebbe arrendersi a questo, non esiste».

Cosa resiste della Miriam Leone di ieri?
«La risata sincera, cantare tanto e accettare con umiltà i miei scompensi e le mie ignoranze. Sentirsi ed essere niente e nessuno, a volte, aiuta molto. Dà la possibilità di mettersi in ascolto. Di imparare».

Cosa ha imparato soprattutto?
«Ad amare e a lasciarmi amare. Che mi piaccio di più, ma non del tutto. Che devo migliorarmi. E poi che la vita va “surfata” come le onde del mare, il mio più grande maestro: con un respiro continuo e un continuo movimento. Va vissuta, la vita, per quel che dà. Va celebrata e lasciata fluire. Non siamo noi a deciderne l’indirizzo. Perché la vita se ne va. E questa consapevolezza deve diventare la nostra forza più grande».

Però cambiamo.
«E meno male. Certe scelte di oggi, con la testa di dieci anni fa, non le avrei fatte. Ma il tempo non lo puoi fermare: puoi solo accompagnarlo con grazia. Deve servire a crescere. Come dice De André: è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti».

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