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Fabio Volo: “Cresciuto in povertà, poi ho pagato i debiti di papà. Murgia? Mai incontrata ma quello che dice…”

Fabio Volo cresciuto in povertà e poi il riscatto, il racconto a ‘Il Corriere della Sera’

Fabio Volo: “Cresciuto in povertà, poi ho pagato i debiti di papà. Murgia? Mai incontrata ma quello che dice…”. Il conduttore radiofonico rivela le vicissitudini del passato, e non solo, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Suo papà faceva il panettiere.
«Sì, da dieci generazioni fino a me. Si chiamava Giovanni Bonetti. Non c’è più da cinque anni».

È mancato poco dopo che è nato il suo secondogenito, Gabriel.
«Cinque mesi dopo. Quando sono andato all’ospedale a Brescia perché Johanna doveva partorire, il giorno successivo lui è stato ricoverato. Andavo in un reparto dove ero padre e in un altro dove ero figlio, in situazioni opposte. È stata una esperienza intensa. Papà se n’è andato lentamente, aveva l’Alzheimer, in qualche modo non c’era già più. Le cose che dovevamo ricucire, alcuni scontri su idee politiche o sulla vita, le avevamo già ricucite. Essere padre, grazie anche al mio rapporto con lui, non è mai stato difficile».

Sua mamma?
«Lei c’è ancora, si chiama Fiorangela Buelli, del lago d’Iseo. È del ‘42, come papà. Faceva la parrucchiera».

Il regalo più grande fatto ai suoi genitori?
«Mio padre purtroppo ha sempre avuto grandi problemi economici, pignoramenti, sono cresciuto dentro questa bolla della povertà. Non che non ci fosse da mangiare, ma il non poter fare le cose. Quando sono stato fortunato abbastanza da aiutarli ho pagato i suoi debiti, ho comprato casa per loro e li ho mandati in pensione qualche anno prima. Il più grade successo della mia vita è stato quello».

Fabio Volo: “Cresciuto in povertà, poi ho pagato i debiti di papà”

Cosa ha imparato dai suoi genitori?
«Da mio padre, la cultura del lavoro: la disciplina, la coscienza, il rispetto dei tempi, la determinazione: l’opposto dell’Instant Gratification che funziona oggi sui social. Da mia madre, molto socievole, l’empatia con il mondo e il non giudicare gli altri».

[…] In cosa riconosce la sua parte femminile?
«Nella sensibilità, nell’accoglienza. Per esempio piango guardando un film».

L’ultima volta che ha pianto?
«Da poco con “Ethos”, su Netflix, quando questa donna si toglie la maschera e dice che è stufa di tutto, di aver paura di invecchiare, della palestra, di fingere di essere qualcun’altra…».

[…] Hanno capito di avere un papà famoso?
«Qualcosina sì, mi hanno visto fare la radio, ma a casa non ho mai messo un mio film, mi hanno riconosciuto solo nel video di Rovazzi. Mi chiedono se conosco chi mi ferma per strada per un selfie. Con loro sono molto semplice, quando smetto di lavorare torno a essere Fabio Bonetti che ha gli amici di Brescia o di Milano di sempre».

Li ha già portati allo stadio?
«Volevo, a vedere il Milan. Ma poi c’è stato il Covid. Vorrei portarli anche a pescare».

[…] La fa sorridere, oggi, la stroncatura di Michela Murgia al suo «A cosa servono i desideri»?
«Io e lei personalmente non ci siamo mai incontrati. Trovo che sia stata una cosa molto scorretta, ma va bene, avrà avuto i suoi motivi. Mi occupo di come mi comporto io, non degli altri. Io scrivo e spero che le cose che scrivo piacciano il più possibile: più libri vendo più sono contento, se non vendo ho sbagliato. È una cosa che non do per scontata».

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