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Calo demografico Italia, 2020 flagellato dal Covid: crollo al Sud, mai così male da influenza spagnola

Calo demografico Italia, nel 2020 flagellato dal Covid si regista un brusco crollo, mai così male da influenza spagnola

Calo demografico Italia, 2020 flagellato dal Covid: crollo al Sud, mai così male da influenza spagnola. Oltre 700mila morti e nascite sotto la quota delle 400mila, per un bilancio che fa registrare un meno 300mila. È quanto emerge da una pubblicazione del presidente dell’Istat con le prime tendenze demografiche dell’anno appena trascorso.

Il 2020, flagellato dal Covid-19, è stato un anno nero anche dal punto di vista demografico per l’Italia. E’ la stima fatta dal presidente dell’istituto nazionale di statistica, Gian Carlo Blangiardo, nella pubblicazione “Primi riscontri e riflessioni sul bilancio demografico del 2020”, in attesa dei dati definitivi

Nello studio, ripreso da Sky Tg24, si fa notare che il margine superiore dei 700mila morti era stato oltrepassato soltanto nel 1920 e nel pieno dell’ultimo conflitto mondiale (1942-1944), mentre il limite inferiore dei 400mila nati non era mai stato raggiunto negli oltre 150 anni di unità nazionale.

Si tratta di due sconfinamenti che, di riflesso, spingerebbero il valore negativo del saldo naturale oltre le 300 mila unità; un risultato che, nella storia del nostro Paese, si era visto unicamente nel 1918, allorché l’epidemia dispagnola” contribuì a determinare circa metà degli 1,3 milioni dei decessi registrati in quel catastrofico anno”, le parole di Blangiardo riportate da Sky Tg24.

Nell’analisi si evidenzia che il bilancio demografico definitivo di Istat sarà disponibile a breve, ma attraverso i dati dell’ANPR, anagrafe nazionale della popolazione residente, si stima che ai 665mila decessi stimati, appunto da ANPR a tutto novembre, se ne aggiungeranno altri 62mila attribuibili al mese di dicembre, arrivando a un totale di 726mila decessi nel 2020.

Calo demografico Italia, 2020 flagellato dal Covid: mai così male da influenza spagnola

Con 726mila decessi in un anno, la media giornaliera è di 1990 morti. Un dato, si legge nello studio del presidente Istat, in aumento di 223 unità, rispetto al quinquennio precedente, che si allinea al dato ufficiale delle circa 200 persone mediamente decedute ogni giorno per Covid-19 (valore che sale a 250 casi se si restringe l’intervallo al periodo 20 febbraio-31 dicembre 2020).

Sul piano territoriale gli effetti del Covid hanno modificato la quota di decessi. Se prima del 2020 le tre grandi ripartizioni, Nord, Centro e Mezzogiorno, accentravano rispettivamente il 47%, 20% e 33% del totale dei morti in Italia, nel 2020 il Nord si è accresciuto di quasi 4 punti percentuali, raggiungendo la metà del totale nazionale (50,5%), mentre il Centro ha perso 1,3 punti e il Mezzogiorno ne ha persi 2,4.

Blangiardo spiega inoltre come sia possibile raggiungere la soglia minima dei 400mila nati nel 2020. Si osserva che già nel periodo gennaio-agosto 2020 c’era stato un calo di nati del 2,3%, frutto comunque di concepimenti nel periodo pre-Covid, da aprile a novembre 2019. Tale andamento, se mantenuto per il successivo bimestre settembre-ottobre, ancora legato a concepimenti in periodo Covid-free, porterebbe il totale dei nati nei primi dieci mesi del 2020 a 343 mila unità.

L’incognita per la redazione del bilancio 2020, spiega il presidente Istat, è rappresentata dai nati di novembre e dicembre, due mesi che nel precedente quinquennio hanno registrato mediamente 36.665 e 38.594 nati, rispettivamente, ma con una tendenza regressiva che li ha portati a 34.084 e a 34.769 casi nel 2019.

Sommando questi due ultimi valori alle 343mila unità del periodo gennaio-ottobre si arriverebbe a 412mila nati in totale nel 2020. “Ma ciò non terrebbe conto realisticamente dei primi effetti di Covid-19 sul livello di fecondità della popolazione”, scrive Blangiardo.

Calo demografico Italia: crollo al Sud

Dicembre 2020 si colloca a distanza di 9 mesi dalla drammatica comparsa della pandemia e secondo l’analisi “è verosimile immaginare che, così come accadde per la caduta delle nascite al tempo della grande paura per la nube tossica di Chernobyl (il significativo calo di nati a febbraio 1987 in relazione ai concepimenti di maggio 1986), anche in questa circostanza ci siano stati frequenti rinvii nelle scelte riproduttive”. Di conseguenza, sostiene lo studio del presidente Istat, “è legittimo aspettarsi un sensibile calo di nascite nel mese di dicembre”.

Secondo un resoconto provvisorio di 15 grandi città, che aggregano circa 6 milioni di residenti e hanno dato luogo nel 2019 al 10,6% dei nati in Italia, nel corso del 2020 le nascite sono diminuite mediamente del 5,21%, con un calo medio del 3,25% nei primi 10 mesi, che poi sale all’8,21% in corrispondenza del mese di novembre e raggiunge il 21,63% in quello di dicembre.

Per Blangiardo (nella foto) “se dovessimo riprodurre tale comportamento su base nazionale arriveremmo a conteggiare da un minimo di 398mila nati – applicando il -5,21% al dato annuo del 2019 – a un massimo di 402mila unità, limitandoci a estrapolare unicamente l’effetto osservato nel bimestre novembre-dicembre. Saremmo per l’appunto – seppur poco al di sotto o poco al di sopra – a un passo dalla inviolata soglia dei 400 mila nati annui”.

Il Covid-19, secondo l’analisi di Blangiardo, ha avuto effetto sulle migrazioni e sui processi di formazione delle famiglie. Nei primi otto mesi del 2020 – secondo le prime anticipazioni disponibili – le migrazioni in Italia hanno subito una riduzione del 17,4%. A confronto con gli stessi otto mesi 2015-2019 si è registrato un -6% per i movimenti interni, tra comuni, e del 42% e 12%, rispettivamente, per quelli da e per l’estero. L’unico dato in controtendenza riguarda il Regno Unito (+62,8%): effetto dovuto alle regolarizzazioni indotte dalla Brexit.

Calo demografico Italia, 2020 flagellato dal Covid

I primi dati sulla nuzialità per il periodo gennaio-ottobre 2020, segnalano per il 2020 circa 85mila matrimoni (erano 170mila nei primi dieci mesi 2019 e 182mila nello stesso intervallo 2018). La variazione negativa del numero di matrimoni è stata nel complesso del 50,3% – rispetto al 2019 e a parità di periodo – ma il calo raggiunge la punta del 69,6% se ci si limita a quelli religiosi. Questi ultimi rappresentavano il 49,5% del totale delle unioni nei primi dieci mesi del 2019 (erano il 51,8% nello stesso periodo del 2018) e sono scesi al 30,3% nel 2020.

Blangiardo evidenzia che “a livello territoriale la caduta più consistente ha riguardato il Mezzogiorno, dove ha agito in modo significativo il forte ridimensionamento delle unioni religiose, il corrispondente tasso di nuzialità si è ridotto sino a mantenere nel Sud circa un quarto del valore che aveva nel 2019 e nelle Isole circa un terzo”.

Nel documento si prefigura un quadro demografico negativo anche per i prossimi mesi. “Stante la persistente diffusione delle nascite provenienti da coppie coniugate (pari a 2/3 del totale secondo i dati del 2019) sembra legittimo aspettarsi, pressoché ovunque, un fattore aggiuntivo negli scenari di ulteriore caduta della natalità che potrebbero caratterizzare l’immediato futuro”, si legge ancora.

Secondo Blangiardo “se oltre a ciò mettiamo in conto il prosieguo degli effetti del rinvio dei concepimenti, qui valutati sui nati di dicembre (e in parte di novembre) ma verosimilmente destinati a protrarsi nel corso del 2021 (almeno nei primi mesi), si forma la piena convinzione che, a meno di inaspettati e improbabili fattori a supporto della fecondità, difficilmente si ci potrà sollevare in tempi brevi dalla soglia dei 400mila nati toccata nel 2020. In realtà, il timore è che il confine possa ancor più discostarsi, sempre al ribasso, nel bilancio finale 2021”.

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