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Governo Draghi, leghisti e forzisti ai ministeri chiave: il Sud teme la catastrofe

Governo Draghi, leghisti e forzisti ai ministeri chiave: ecco perché i cittadini del Sud temono la catastrofe

Governo Draghi, leghisti e forzisti ai ministeri chiave: il Sud teme la catastrofe. Partiamo da un concetto molto semplice: se un’automobile ha metà del motore in avaria, per rimetterla a posto e tornare ad avere prestazioni performanti bisogna aggiustare la parte che non sta funzionando. È solo una metafora, ma rispecchia alla perfezione quanto accade in Italia, dove mezzo Paese è fermo per mancanza di infrastrutture adeguate e di investimenti.

Un concetto che trova d’accordo lo stesso Mario Draghi. In una recente intervista, infatti, il neo Premier ha dichiarato: “senza sviluppo del Sud, l’Italia non va da nessuna parte”. Una linea che trova d’accordo la stessa Ue, lo dimostra l’enorme mole di finanziamenti sborsati per il Bel Paese, con l’idea di colmare quel divario che blocca al palo l’economia nostrana.

Sarebbe stato dunque lecito aspettarsi un piano con il Sud al centro di progetti e finanziamenti. Ma nelle ultime settimane non abbiamo sentito, e letto, altro, al di fuori delle virtù di Mario Draghi che ieri ha messo in piedi una squadra di governo formata da 23 ministri, solo 4 dei quali meridionali, di cui nessuno da Sicilia e Sardegna. Insomma, se da una parte vige la retorica del ‘siamo tutti italiani’, da un’altra sarebbe stato più giusto spendere figure che conoscono per vissuto il territorio e i problemi che lo affliggono.

E invece allo sviluppo dell’Economia troviamo Giancarlo Giorgetti, mentre al Turismo Massimo Garavaglia e come ministro per il Sud, Mara Carfagna. Il Mezzogiorno d’Italia che aspettava il cambiamento e la rinascita, da ieri vede il futuro con l’immagine del passato: una squadra di ministri a trazione settentrionale che promette sviluppo e posti di lavoro da almeno tre decenni, mentre il divario tra le due aree continua a crescere.

Governo Draghi, leghisti e forzisti ai ministeri chiave: i timori del Sud

In tutto ciò c’è una labile speranza: i ministeri del recovery, ovvero quelli che saranno i maggiori protagonisti nella gestione dei 209 miliardi del Next Generation Eu, sono stati ‘de-politicizzati’ da Mario Draghi. Il neo presidente del Consiglio ha di fatto blindato con un gruppo di tecnici i dicasteri del Tesoro, della Giustizia e della Transizione ecologica e digitale, ovvero quelli fondamentali per il Green deal europeo e per la svola digitale richiesta dall’Ue. Una sorta di regia a controllo dei maggiori investimenti.

Ma per lo sviluppo del Sud, nessuna garanzia. Ci è stato detto che Draghi è la garanzia, ma abbiamo anche sentito che il Presidente del Consiglio incaricato è l’unico che può tenere testa all’Europa. E perché? L’Ue spinge per lo sviluppo delle aree depresse, tenere testa in questo caso equivale a dire “i soldi li gestisco io e li spendo come mi pare”. Un discorso da brividi se consideriamo l’andamento degli investimenti negli ultimi 160 anni.

Ad oggi, l’unica volontà che emerge dai maggiori esponenti politici (perlopiù di destra come Meloni, Salvini, Berlusconi, ma anche Renzi), è quella di eliminare il reddito di cittadinanza, un sussidio che per i motivi di cui sopra beneficia maggiormente il Mezzogiorno. Eppure basterebbe seguire le linee guida dell’Europa per cancellarlo: investire al Sud e creare lavoro dove non c’è. Di conseguenza spariscono i beneficiari del reddito.

Da ieri i cittadini del Sud sono terrorizzati, si aspettavano un rilancio, ma si vedono sbattuti ai tempi dell’emigrazione verso le fabbriche del Nord. Uno scenario che farebbe la fortuna delle grandi imprese, ma che nello stesso tempo aprirebbe la strada al baratro per l’intera Nazione. Si, perché se hai mezzo motore guasto e continui a riparare la parte funzionante, non vai lontano. E prima o poi l’auto resta in panne, definitivamente. Chiedetelo al vostro meccanico di fiducia…

Carmine Gallucci

direttore@brevenews.com

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