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Bobby Solo: “Rivalità con Modugno e Little Tony? Ecco come stanno veramente le cose”

Bobby Solo e la rivalità con Modugno e Little Tony: l’intervista a ‘La Repubblica’

Bobby Solo: “Rivalità con Modugno e Little Tony? Ecco come stanno veramente le cose”. Il cantante si racconta tra passato e presente ripercorrendo alcune tappe della sua carriera in una intervista a ‘La Repubblica’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Sui giornali impazzava la sua rivalità con Modugno.
«Un’ invenzione, finta anche quella con Little Tony, con cui condividevo Elvis. Per il mio primo Festival mia madre mi aveva dato 10 mila lire e dovevano bastare per pranzi e cene. Quando Tony vide il ciuffo alla Elvis e mi sentì cantare, mi adottò come un fratello maggiore, mi portava in tutti i più grandi ristoranti con la sua Jaguar E color verde bottiglia. Ha sempre pagato tutto, non sono mai riuscito in tutta la mia vita a pagare io per lui. Nel 2003, quando tornammo al Festival in coppia, i paparazzi ci seguivano come fossimo due star di Hollywood, ci divertimmo molto».

Nel ’67 tornò al Festival con “Canta ragazzina”, fu l’ edizione segnata dal suicidio di Luigi Tenco.
«Rimasi scioccato, ci precipitammo all’ Hotel Savoy con Lucio Dalla ma la polizia ci allontanò. Fu un’ edizione difficile, i cantanti erano sconvolti, qualcuno diceva che non si era trattato di un suicidio».

Lei quell’ anno si esibiva in coppia con Connie Francis.
«Concetta Franconero, un’ italoamericana. Fece poi anche una versione di Zingara , non parlava bene l’ italiano e in studio di registrazione, a New York, qualche italoamericano burlone gli suggerì di pronunciare “prendi questo in mano, zingara”. Si sente distintamente, quando l’ ho ascoltato non potevo crederci».

Bobby Solo: “Rivalità con Modugno e Little Tony? Un’invenzione”

Nei suoi primi Festival lei cantò in abbinamento anche con Frankie Laine, con gli Yarbirds, con i Minstrels.
«Per familiarizzare con gli Yardbirds, la Ricordi mi mandò al Mayfair di Londra, un hotel di lusso, per 10 giorni prima del Festival. Andavamo avanti a whisky, feci amicizia con Jeff Beck che mi insegnò ad arpeggiare in finger picking. I coristi dei Minstrels erano Barry McGuire, Kenny Rogers e Kim Carnes, in hotel a Bordighera cantavamo le canzoni dei cowboy fino alle 4 di mattina. Ero felicissimo».

Ha guadagnato tanto nella sua carriera?
«Non quanto si è detto. Passai a mia madre i 70 milioni di lire che la Ricordi mi dette nel ’67 per il rinnovo del contratto ma lei li perse in un investimento sbagliato. Diciamo che non me la passavo male: tra il ’64 e il ’68 ho cambiato 47 automobili, allucinante».

Negli anni 70 due volte al Festival, poi il silenzio per quasi 10 anni.
«Era cambiata l’ aria, andavano di moda i gruppi inglesi, noi venivamo percepiti come il passato. Successe anche a Gianni Morandi, che studiò contrabbasso, e a Gino Paoli che si era messo a fare il night. Io aprii una sala di registrazione. In quel periodo il manager Willy David di me disse: “Un’ aquila con l’ ala spezzata vola all’ altezza di una gallina, ma una gallina non volerà mai all’ altezza di un’ aquila”. Lo considero ancora il più bel complimento mai ricevuto».

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