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Sarcina: “Ho paura di quello che leggeranno i miei figli su internet. Scamarcio? Nessun chiarimento”

Francesco Sarcina e la paura di quello che leggeranno i sui figli su internet, la confessione in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Sarcina: “Ho paura di quello che leggeranno i miei figli su internet. Scamarcio? Nessun chiarimento”. Il leader de ‘Le Vibrazioni’ torna a parlare dei suoi momenti difficili in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Sarcina, perché raccontarsi in modo così crudo?
«Quando io e mia moglie ci siamo lasciati, in tv, si è scatenato un salottino di basso profilo. Tutti parlavano di me come se fossi solo la fine di quella relazione e non 25 anni di musica, di palchi sudati. Come se la mia vita non sia, invece, più intensa, drammatica, ricca di soddisfazioni e cadute. Mi ha fatto profondamente male perché sono il papà di due figli a cui devo qualcosa.

Nina ha 5 anni e mezzo e temo il momento in cui avrà l’età per leggere su Internet certe cose sul padre. Tobia ne ha 14, l’ho visto soffrire. Gli ho voluto spiegare chi sono e che sono nato in ambienti dove c’erano violenza, droga e dovevi sopravvivere, sapendo picchiare e giostrartela. Gli ho detto: te lo racconto perché il silenzio è pericoloso. Mi ha detto che l’ho sconvolto nel senso buono. Dopo, ho pensato: quasi quasi, scrivo un libro».

[…] Sua madre, a un certo punto, se ne va. Che ricorda di quel giorno?
«Sono tornato a casa e ho visto il vuoto, il buio. Fin lì, i miei litigavano, non c’erano soldi, papà si faceva i cavoli suoi, era sempre via, mamma aveva perso il figlio che aspettava ed era rimasta scioccata, ma comunque erano i miei genitori, erano le fondamenta della nostra casa modesta. Invece, quel giorno, loro crollano ed è come se si fosse aperta una voragine in cui sprofondava tutto. Il tempo si è fermato».

Sarcina: “Ho paura di quello che leggeranno i miei figli su internet”

Si è fermato anche per suo padre?
«Lo ricordo sempre sul divano liso, stava lì immobile e cambiava la forza di gravità: entrare in casa era come entrare in un buco nero dove tutto si distorce. Per cui, stavo sempre fuori. E più stavo in giro, più tutto peggiorava. Ci hanno dato lo sfratto, ci hanno staccato la corrente per due anni. D’estate, come fai senza il frigo? Mangiavo solo pane e Nutella».

Con sua madre si è riconciliato?
«Anni dopo, mi ha chiamato dalla Puglia: voleva tornare a Milano. Sono andato a prenderla in macchina. Oggi che sono genitore anch’io, so che ha avuto un esaurimento nervoso, capisco come deve essersi sentita».

Quanta rabbia aveva dentro, da ragazzo?
«Ero arrabbiato con la vita e con le donne. Anche il sesso era cattivo, rabbioso. Preso il diploma, facevo il manovale, mi spaccavo la schiena, poi andavo in giro a suonare, rimorchiare e ammazzarmi di canne. Col tempo, alcol e coca hanno preso il sopravvento. L’alcol è la droga peggiore, la più subdola. Però non sono mai stato un tossico depresso, da paranoia. Forse, perché, avevo la musica: per me, scrivere canzoni è una medicina, una seduta di psicanalisi, mi mette a posto».

Com’è, adesso, essere sobri?
«Sento le voci, parlo con le piante e vedo gli spiriti: ho capito che la realtà si percepisce solo nella naturalezza di quello che sei. Ho capito che mi buttavo negli eccessi per staccarmi dalle sofferenze. E che poi mi dicevo che avevo bisogno delle sofferenze perché sulle sofferenze scrivo canzoni. Questo libro mi ha permesso di guardarmi a fondo come non avevo mai fatto».

Come si è disintossicato?
«Mi sono chiuso in casa per cinque mesi. Mi sono legato al letto. J-Ax mi ha suggerito di fare tutti gli abbonamenti a Netflix e simili. L’ho deciso mentre mi stavo separando, il giorno in cui mi hanno detto che forse avevo un tumore: ho sentito dentro così tanta violenza e cattiveria che non ho dormito. Quella notte, non ho visto la mia vita, ma quella dei miei figli. Mi sono detto: di questo passo non avranno un padre o, se lo avranno, starà su una sedia a rotelle per dieci anni, come è successo al mio. Allora, ho deciso di prendermi cura di me. E per fortuna, non avevo un tumore, ma solo un problema alla tiroide».

Sarcina: “Ho paura di quello che leggeranno i miei figli su internet. Scamarcio? Nessun chiarimento”

Oggi, è tutto alle spalle?
«È una lotta che va avanti, ma sono tranquillo. Non sono mai salito sul palco fatto, però sempre con gli strascichi dei giorni precedenti. Il primo concerto da perfettamente lucido è quello al Forum di Assago, nel marzo 2019».

[…] Che cosa l’ha fatta cambiare?
«Mia figlia Nina mi ha fatto rinnamorare della femmina».

Col primo figlio, scoprendo che sarebbe diventato padre, era scappato in Messico.
«Di sua madre Diana ero innamorato, ma era un tira e molla, non mi sentivo pronto. Non presi nemmeno la valigia. Andai a Tulum, dove avevo un terreno. Buttai il telefono, sono stato due settimane su una palafitta. Venne a recuperarmi una mia ex messicana».

Perché temeva della paternità?
«Amo prendermi cura degli altri, ma avendo visto la mia famiglia crollare, ho avuto il terrore di costruire qualcosa che poi finisse».

Con Scamarcio si è chiarito?
«No e non mi interessa».

Quando ne parlò, disse che era un’altra sofferenza che le avrebbe fatto scrivere molte canzoni. È andata così?
«Ne ho scritte una valanga, complice la pandemia. Di nuovo, la scrittura mi ha salvato: mi ha proiettato nel bello delle cose quando torneranno belle. Ho scritto sull’amicizia, sulla nostalgia di una tavola in compagnia…».

[…] La rabbia era anche per il male di suo papà?
«È finito in ospedale una settimana prima che Dedicato a te uscisse e facesse il botto. La rabbia sa quale è? Che mi aveva sempre dato del pirla e io non potevo fargli vedere che ce l’avevo fatta e dirgli: il pirla sei tu. La rabbia, per dieci anni, è stata che finalmente avevo successo ma, ogni volta che salivo su un palco, mi sentivo in colpa perché non ero accanto a mio padre invalido».

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