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Fabio Volo: “Influencer? Un tempo c’erano filosofi e lavoratori. Io non mi faccio usare dal prodotto”

Fabio Volo sugli influencer, l’intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Fabio Volo: “Influencer? Un tempo c’erano filosofi e lavoratori. Io non mi faccio usare dal prodotto”. L’attore protagonista del film Sky ‘Genitori vs Influencer’, parla dell’argomento in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi

Nel film sugli influencer, dice: «sono imbecilli che non sanno fare nient’altro nella vita, il prodotto peggiore di un’epoca alla deriva». Nella vita, Fabio Volo, lo pensa anche lei?
«E’ il messaggio veicolato che fa la differenza, diventa negativo secondo il tema che si sceglie. Ci sono quelli dedicati all’alimentazione sana…L’umanità si è evoluta perché si influenza, un tempo c’erano i filosofi. La parola influencer è bella. Io appartengo alla generazione precedente, dove i più grandi ti insegnano, papà era panettiere e mi ha insegnato a fare il pane. Poi si invertì la ruota, fui io a insegnargli a usare il computer. La gente mi conosce perché faccio delle cose, libri, radio, film, che diventano il prodotto. Non mi faccio usare dal prodotto».

E il suo rapporto con i social?
«Internet cerco di sfruttarlo il più possibile, quando scrivo un libro invece di andare alla Biblioteca comunale digito Google. Invece non uso tanto i social networks, ho un milione di followers su Instagram ma non è il mio mezzo, mi sento goffo, faccio fatica a dire Ciao ragazzi sto mangiando gli spaghetti».

Fabio Volo: “Influencer? Un tempo c’erano filosofi e lavoratori”

Come si regolerà con i suoi due figli?
«Sebastian ha 7 anni, Gabriel 5. Il cellulare lo usano al massimo per fare una foto, non ho giochi. Cercherò di dare loro stimoli per potersi difendere, per usare e non farsi usare, e poi li lascerò andare».

Qual è il fascino maggiore nell’essere padre?
«Che si vive due volte, ieri ho insegnato ad andare in bici senza rotelle e mi sono ricordato quando capitò a me. Oltre al fatto che i figli ti chiariscono i rapporti che avevamo con i nostri genitori».

Quando lei da ragazzo discuteva con suo padre…
«Mi chiudevo in camera e mi isolavo, oggi puoi chattare con l’Australia. Quello di mio padre era un altro mondo, mi ha insegnato il rispetto del lavoro, la disciplina. Poi è subentrata la cultura della Lotteria, l’idea di fare fortuna con un colpaccio, di non costruire. Io sono sempre stato stimolato dai no più che dai sì, quando mi dicevano lascia stare tanto non ce la farai, mi caricavo il doppio».

Crescere nella povertà cosa lascia?
«A tavola non lascio avanzi e spengo la luce anche quando sono in hotel».

Gli odiatori sociali?
«Ho iniziato a essere insultato con i fax. Il web è pieno di frustrazione e insicurezza. Ma non è che il mondo di fuori sia acqua e sapone, basta fare un giro in auto. Solo che ora si può dare dello str…a distanza, e non per le mascherine».

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