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Bassetti: “La telecamera per me è una droga. Mi piace piacere. Io raccomandato? Qualcuno ha malignato”

Matteo Bassetti e la telecamera, il noto infettivologo si racconta al settimanale ‘Chi’

Bassetti: “La telecamera per me è una droga. Mi piace piacere. Io raccomandato? Qualcuno ha malignato”. Il noto infettivologo si racconta tra vita privata e professionale in una intervista rilasciata al settimanale ‘Chi’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Professore, dicevamo che lei è…
«Sono il sogno che avevo da bambino: un infettivologo».

Di solito un bambino sogna di fare l’astronauta oppure il calciatore.
«Io no. I miei amici non erano gli eroi dei fumetti, ma virus, batteri, funghi, protozoi. Quando poi mi sono iscritto all’università, io e lo stafilococco ci conoscevamo da parecchio tempo».

Infanzia difficile?
«Tutt’altro. Famiglia meravigliosa e un padre importante».

Infettivologo anche lui.
«Casomai infettivologo anche io. Lui maestro, io allievo. Era una autorità, ancora oggi si studia sui suoi libri. Da bambino mi portava a congressi e conferenze. Non capivo nulla, come se parlassero in arabo o fenicio, ma tra me e me mi dicevo: un giorno capirò».

Figlio d’arte, quindi. Più vantaggi o svantaggi?
«I vantaggi sono nei geni che mi ha tramandato. Per il resto ho dovuto sgobbare il doppio dei miei colleghi per essere all’altezza. Oggi siedo alla sua scrivania di direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova».

Se uno volesse malignare…
«Infatti hanno malignato. Peccato che mio padre sia morto nel 2005. Ho fatto tutto da solo e l’ho fatto anche per lui e per mamma Giuliana, professione capofamiglia, che purtroppo è morta di tumore pochi mesi fa».

[…] Gino Paoli?
«Abitava a cinquanta metri da casa nostra, collina di Quinto, lo vedevo uscire dal cancello con superauto e superdonne. Un mito, ma soprattutto un poeta pazzesco che ha scritto la colonna sonora dell’amore tra i miei genitori, Sapore di sale, e poi del mio grande amore».

Bassetti: “La telecamera per me è una droga”

Si riferisce a Maria Chiara, sua moglie?
«E a chi sennò?».

Racconti.
«Primo incontro nel 2001, ma non accadde nulla. Non che non mi avesse colpito: ero appena tornato dagli Stati Uniti, iniziavo a lavorare, trentenne del genere “voglio tutto subito” e quindi poco incline ai legami. Fase breve. L’anno successivo io e Maria Chiara ci siamo fidanzati, sei mesi dopo le ho chiesto di sposarmi e dopo altri sei mesi, era l’1 giugno 2003, eravamo marito e moglie».

[…] Gelosa del fatto che lei è considerato un sex symbol?
«Si tratta di una leggenda messa in giro da voi giornalisti».

Il fisico c’è, lo sguardo anche. Fa il modesto?
«Non le nascondo che, come dice mia moglie, mi piace piacere. Che c’è di male? Ho 50 anni, professore e direttore, ora anche la notorietà. Perché dovrei vergognarmene?».

In famiglia che dicono?
«Papà, così non vale. Se con le donne il tuo avversario è il professor Galli, vuol dire che ti piace vincere facile».

[…] Riesce a stare un po’ in famiglia?
«Stare con la famiglia è il mio unico hobby. Anche in questi mesi difficili, da 16 ore al giorno in reparto, non ho mai saltato una notte a casa».

[…] Però ora lei è in tv tutti i giorni. Rivincita?
«Lei ha fatto il lavoro più interessante del mondo, quello di mamma che, a differenza di andare in tv, è per sempre».

 A proposito, quando i riflettori si spegneranno?
«Guardi, non le nascondo che la telecamera è una droga. Ma quando non mi chiameranno più vorrà dire che l’emergenza è finita. Accetto volentieri lo scambio, ma non credo che sarà per forza oblio».

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