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Emma Becker: “Io da prostituta a scrittrice, vi racconto i miei anni nel bordello”

Emma Becker: “Io da prostituta a scrittrice, vi racconto i miei anni nel bordello”. La scrittrice francese Emma Becker ha lavorato in una casa di tolleranza dove ha preso spunto per scrivere un libro ‘La Maison’ che in Francia ha scalato le classifiche generando scalpore e non poche polemiche. Lo racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] «Ho lavorato in due case molto diverse. La prima, che ho chiamato La Giostra, era triste, le ragazze venivano dall’Est, dubitavo spesso che volessero fare quel lavoro, forse erano state fatte loro delle false promesse. In quel posto mi sono sentita come una giornalista, non riuscivo a identificarmi con loro, descrivevo e basta. Poi nella seconda, La Casa, era tutto diverso, forse perché non comandavano gli uomini, ma una donna, un’ex prostituta».

Perché si trasferì da Parigi a Berlino?
«I miei genitori stavano divorziando, io e mia sorella ci siamo trasferite insieme a Berlino. Fu una sorpresa, per lo stile di vita, le feste, la libertà sessuale. Al KitKatClub credevo di essere nell’Antica Roma! C’erano grassi, vecchi, brutti, giovani, belli, persone in sedia a rotelle… Una decadenza fantastica. Il “vivi e lascia vivere” di Berlino ti fa capire che lì ha senso la prostituzione legale».

Emma Becker: “Io da prostituta a scrittrice”

Poi sceglie di lavorare in un bordello.
«Dopo qualche mese dovevo trovarmi un lavoro: ancora la cameriera? La fiorista? I miei genitori non erano con me, sentivo di non dovermi giusfiticare su come guadagnavo, così ho provato».

[…] Qual è stata la prima volta che ha fatto sesso per soldi?
«Avevo 20 anni, ero in Francia, dove la prostituzione è illegale, ed è vero che puoi fare un sacco di soldi però devi essere pronta a prendere un rischio maggiore perché non c’è nessuno a proteggerti o non puoi andare dalla polizia a lamentarti. Sono stata un’ora con un ragazzo e quando sono uscita dalla camera avevo 500 euro da spendere, perché non avevo affitti da pagare, vivevo con i miei nonni. Le persone dicono spesso sia una fantasia femminile comune, per me no. Vero è che un rapporto occasionale può deludere, io ho provato un orgasmo: 500 euro per avere un orgasmo! Non male, mi dissi».

Quali erano i prezzi nel bordello?
«Guadagnavo 80 euro all’ora. Per questo alcune colleghe hanno detto: “Lei è a buon mercato, non ha bisogno di soldi, lei va lì solo perché vuole scrivere un libro”. Sì, nei mesi migliori puoi arrivare a 2 o 3mila euro. E comunque nel bordello mi veniva dato il 55% dei miei soldi, il resto andava alla casa. Come scrittrice invece puoi arrivare al 10, 12% dei ricavati e devi lavorare di più».

[…] Lei racconta anche incontri spiacevoli, con clienti violenti; e altri divertenti, piccole rivincite, come la costosa ripetizione di sesso orale ricevuto da un cliente imbranato.
«Facevo perlopiù “sesso da matrimonio”. Ero sorpresa all’inizio, perché io avevo letto i libri del Marchese de Sade, pensavo di incontrare ragazzi con richieste assurde… e invece gli uomini vogliono sesso basico con una donna che non è la loro. E c’erano un sacco di ragazzi che non lo avevano mai fatto prima, da “iniziare”. C’erano anche quelli un po’ strambi, ma il menù fisso era la posizione del missionario e parlare di lavoro, mogli… Ero l’amante di uomini sposati, a pagamento».

Emma Becker: “Io prostituta per scelta e poi scrittrice”

Una recita. Che logora…
«Dopo un po’ che si fa questo lavoro, parlo per me, cominci a desiderare qualcosa che sia autentico, qualcosa per cui non vieni pagata. Qualcosa che abbia un significato. Reciti giorno dopo giorno, il tuo lavoro è far finta di essere l’amante, felice quando ti vengono a trovare, quando a te in realtà non interessa, a te interessano i soldi che riceverai, come a qualsiasi persona che lavora. E alla fine la recita diventa realtà. Non so, una parte di me stava appassendo, avevo bisogno di una relazione vera».

Quando ha conosciuto il suo compagno, lavorava già nella casa?
«Sì. Era amico del fidanzato di mia sorella. Gli ho detto che non avrei smesso di lavorare solo perché stavamo insieme e lui ha capito; mi ha sempre supportato ed è stato molto orgoglioso dell’uscita del libro. Questi uomini rari, come diciamo in francese, non si trovano sotto lo zoccolo di un cavallo».

[…] In famiglia com ‘è stato preso? Da suo padre, sua madre…
«Mio padre, quando ne abbiamo parlato, non aveva niente contro il sex work in sé, ma credo sia difficile per un padre immaginare la propria figlia così. Il che è già problematico se ci si pensa, perché non è che una figlia appartenga al padre. Le donne in famiglia capivano chiaramente di cosa stessi parlando. Non solo di sex work, ma delle relazioni tra gli uomini e le donne in quel mondo.

Mia nonna è stata sposata per 50 anni, capiva cosa intendessi con “prestazioni sessuali” gratuite, fare sesso con il proprio marito perché lo vuoi vedere contento e vuoi ci sia una bella atmosfera in casa… Com’è che non viene chiamata prostituzione? Penso che la prostituzione abbia molte forme. La mia è soltanto una abbastanza onesta e diretta».

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