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Spettacolo

Jalisse: “Noi vittime di un pregiudizio. Un etichetta ci ferisce. Sanremo? Riproveremo fino al 2030”

Jalisse: “Noi vittime di un pregiudizio. Un etichetta ci ferisce. Sanremo? Riproveremo fino al 2030”. Jalisse vittime di un pregiudizio, è lo stesso Fabio Ricci, componente del duo formato con Alessandra Drusian, a dirlo in una intervista all’edizione veneta de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Ricci, avete riflettuto su quali possano essere le ragioni dei continui dinieghi ricevuti?
«Ci chiediamo tuttora il perché. Venticinque pezzi respinti in un quarto di secolo. Possibile che nessuno sia piaciuto? Da cantautori, ogni anno abbiamo pensato di proporre un brano a Sanremo, per avere una gratificazione professionale, ma anche un palco importante da cui far conoscere i nostri pezzi. Non ci è stata data questa opportunità. Credo che sia dovuto a un pregiudizio forte, che ci etichetta e ci colloca in un momento storico preciso e non ci dà l’opportunità di muoverci da lì».

Messa così, sembra quasi che «Fiumi di parole», a cui è legato il successo del duo Jalisse, non sia stato un bene per la vostra carriera.
«Assolutamente no. Vincere Sanremo nel 1997 è la cosa più grande che ci sia mai successa. Questa canzone è diventata di tutti e il Festival ci ha fatti conoscere».

Però?
«Noi siamo artigiani della musica, facciamo musica per lasciare una bella sensazione, scriviamo brani che possano suscitare un sentimento. Sicuramente in tante cose andiamo contro corrente. Ad esempio, abbiamo collaborato con un gruppo metal quando tutti puntavano sul reggae o sul rap. Noi siamo diversi. Forse sarà per questo che ci hanno esclusi. Eppure, anche i Måneskin e il loro rock erano contro corrente, ma hanno vinto».

Jalisse: “Noi vittime di un pregiudizio”

Qualcuno vi dipinge come «meteore» della musica italiana. Sentite di esserlo?
«Ci chiamano desaparecidos, e questo ci ferisce. Non siamo noi che non vogliamo comparire, semplicemente veniamo respinti, non ci viene data la possibilità di esibirci sul palco e far conoscere la nostra musica. All’estero abbiamo avuto una forza in più. Siamo stati in Kazakistan, Sud America, Spagna, a Mosca insieme per l’Enit, all’ambasciata italiana. Nella playlist della United Airlines, che vola da Los Angeles a New York, c’è il nostro album, mentre in Italia non hanno mai passato nelle radio principali le nostre nuove uscite».

Avete mai pensato che fosse un rischio presentarsi a Sanremo con un’etichetta discografica indipendente?
«No, ormai sono tante le etichette indipendenti che portano avanti il loro progetto. La nostra è una piccola casa discografica, che però ci permette di produrre e pubblicare dischi. Tra l’altro, è la stessa che ci ha consentito di presentarci al Festival nel 1997, quando abbiamo vinto. E con questa abbiamo prodotto l’ultimo album, Voglio emozionarmi ancora, scritto durante la pandemia».

Cosa sono stati i Jalisse negli ultimi 25 anni di carriera?
«Abbiamo continuato a fare concerti, incidere dischi con la nostra casa discografica, a scrivere canzoni parlano anche di globalizzazione, di affiancare gli altri, di stare uniti guardando al futuro. Proprio questo racconta il brano che abbiamo presentato a Sanremo 2022, È proprio questo quello che ci manca. Parallelamente, ci dedichiamo alla musica di sonorizzazione per i film. Per esempio, ho lavorato alla colonna sonora del docufilm “L’incanto e la delizia”, sulla reggia di Sassuolo, del regista Francesco Zarzana».

[…] il duo Jalisse si candiderà anche l’anno prossimo per Sanremo?
«Abbiamo ancora tanti brani da far conoscere, quindi fino al 2030 siamo coperti — scherza il cantautore — Abbiamo il desiderio di tornare a Sanremo, e non possono dirci di smettere di sognare».

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