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Spettacolo

Shel Shapiro: “Quasi una leggenda? Non mi associo per un motivo. Eurovision? Persa di vista musica per i vestiti”

Shel Shapiro: “Quasi una leggenda? Non mi associo per un motivo. Eurovision? Persa di vista musica per i vestiti”. Shel Shapiro su Quasi una leggenda e non solo, il cantautore parla del suo nuovo disco solista pubblicato dopo 14 anni di assenza in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Non è un titolo ego-riferito «Quasi una leggenda», album con cui Shel Shapiro torna a farsi sentire a 14 anni dall’ultimo lavoro solista.
«La verità è che quasi tutte le leggende che conosco sono morte, quindi cerco di non associarmi troppo».

Che cosa intende allora con «Quasi una leggenda»?
«Era un modo per essere spiritoso. Viviamo in un mondo di miti, in cui la gente vuole dei supereroi, forse per combattere la normalità che ci accomuna. Ma volevo smitizzare questi aggettivi di potenza. La leggenda, forse, sta nell’avere determinazione».

Nel disco ci sono due ospiti: Dori Ghezzi e Lina Sastri. Come ha convinto Ghezzi che canta così raramente?
«Qualche anno fa stavo lavorando a uno spettacolo teatrale che poi non è andato in porto e una delle canzoni originali era questa “Non arrenderti”. Non so perché ho chiesto a Dori di cantarla, ma siamo amici da 50 anni e ha accettato. Negli anni 70 avevo scritto “Era” con cui lei e Wess andarono all’Eurovision. Lei canta benissimo. Quando hai vissuto esprimi verità e consapevolezza con la voce».

Cosa pensa della grande attesa per l’Eurovision a Torino di quest’anno?
«In verità non sto seguendo. Mi sembra che ci sia la tendenza a perdere di vista la musica in favore di vestiti e presentazioni. È tutto un po’ sopra le righe, ma pare che alla gente piaccia».

Vale anche per Sanremo?
«Quest’anno non c’è stato niente che mi abbia scioccato e non ho visto nulla che non avevo già visto. Mahmood e Blanco sono molto bravi e la canzone è molto bella».

Shel Shapiro: “Quasi una leggenda? Non mi associo per un motivo”

I Måneskin le piacciono?
«Sì, già da “X Factor”. Sono un segno dei tempi: contemporanei, anche spudorati e va benissimo. A 20 anni cosa vuoi che facciano, stiano in casa a pensare alla guerra? Hanno trovato una loro dimensione nell’appoggiarsi a cose già sentite, ma alla fine a chi assomigliano? Direi a loro stessi e quindi vuol dire che hanno carattere e talento».

[…] Dopo una carriera così ricca e lunga, cosa la spinge a fare ancora dischi?
«Chi si siede sugli allori è andato in pensione mentalmente e lo trovo di una tristezza totale. Io faccio molta fatica a pensare di vivere del passato, certo ai concerti mi chiedono “È la pioggia che va” o altri pezzi vecchi e io li faccio, ma non c’è niente di più bello di dire “ho una canzone nuova”. Così stai andando avanti con la testa e partecipi attivamente alla vita».

Quindi alla pensione non ci pensa proprio?
«Spero proprio di no. Anzi adesso vado in tour, cominciamo a fine aprile. Sceglierò 4-5 pezzi nuovi, alla mia età averli è linfa vitale».

La sua famiglia è di origini russe. Che effetto le fa il conflitto in Ucraina?
«Lo stesso di qualunque altra guerra. In quel che sta succedendo la sensazione di essere sotto ricatto è totalmente immorale. Non so cosa pensino i russi, ma molti sono disposti a rischiare la libertà per protestare, quindi power to the people, potere al popolo».

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