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Paola Cortellesi, il marito: “Rischiamo il divorzio a ogni film. Ci siamo trovati su cose semplici”

Paola Cortellesi, il marito: “Rischiamo il divorzio a ogni film. Ci siamo trovati su cose semplici”. Paola Cortellesi, il marito regista e sceneggiatore Riccardo Milani si racconta tra vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi

«Fare commedia per disperazione» non è un controsenso?
«Racconto l’Italia che non mi piace, con passione però, perché amo questo Paese. Al cinema amo sentire la gente ridere e quando si riesce a far ridere e anche a far alzare un po’ la testa si fa un’operazione importante. Da regista non ho mai avuto il piacere di appartenere a una cerchia ristretta di cineasti e intellettuali. Preferisco rivolgermi a un pubblico largo, raccontare a chi non la pensa come me, magari storie di persone normali che nel quotidiano fanno cose orribili».

Cose orribili di che tipo?
«In auto, ti fanno i fari per avvisare che c’è l’autovelox: segno di un Paese che si compatta contro la legge, come se c’è da evadere le tasse, saltare file, non denunciare le prepotenze».

Lei invece denuncia, interviene?
«Cerco di parlare con le persone, se si fermano, se non tirano fuori la spranga. Ho visto uno aprire il portabagagli, prendere una mazza da baseball e frantumare un parabrezza: è una scena vera, messa in Un gatto in tangenziale».

Paola Cortellesi, il marito: “Rischiamo il divorzio a ogni film”

Nella disperazione, è ottimista o pessimista?
«Ho sempre la speranza che il Paese sia migliore di quello che racconto e a volte sono troppo ottimista. Ho avuto scontri con gli sceneggiatori. PerScusate se esisto!, in cui Paola è un’architetta che si finge uomo per poter lavorare, dissi: non è che raccontiamo un Paese che non c’è più? Furio Andreotti, Giulia Calenda e Paola hanno dovuto convincermi, cifre alla mano, della disparità delle donne nel mondo del lavoro».

[…] A lei come arriva la passione per il mestiere?
«Sono nato a Roma, in via Segesta, sopra il Cinema Airone. A due anni, mi affacciavo a una grata pericolosissima per sentire le voci dei film. Captavo dialoghi, urla di indiani e cowboy. I miei avevano lavori modesti, ma vicino a casa c’era la Scalera Film. Papà iniziò a fare la comparsa e a bazzicare l’ambiente come autista e tuttofare, poi diventò ispettore di produzione. Conobbe Alberto Sordi, portò a casa i dentoni finti di un suo film e portò me bambino a casa sua».

[…] Fra i suoi film, ce n’è soltanto uno drammatico, «Piano, solo», perché?
«Perché è la storia vera del tormento di un ragazzo, Luca Flores, un musicista importante morto suicida. In adolescenza la fragilità è padrona, io me ne portavo dietro un po’. Verso i 16, 17 anni, frequentavo un centro sociale, aiutavamo le periferie. Uno di noi era morto, fu un dolore che faceva pensare anche al suicidio. Il male di vivere ci ha attraversato molto in quegli anni. Un contributo doloroso è stato il terrorismo».

[…] Il suo primo grande successo è «Benvenuto presidente» con Claudio Bisio, dove riesce a far ridere della malapolitica.
«Anche lì, ero incerto sul tema: c’era già il soggetto e mi faceva soffrire che fosse centrato sull’idea che il Parlamento fosse una fogna e che chiunque sarebbe stato meglio di un politico, anche un pescatore eletto presidente della Repubblica perché tutti votano per sfregio Giuseppe Garibaldi e un Giuseppe Garibaldi esiste davvero».

Paola Cortellesi, il marito: “Rischiamo il divorzio a ogni film”

[…] Ha due figlie grandi e una, di nove anni, avuta con Paola Cortellesi. Che padre è?
«Non lo so, uno che cerca di dare l’esempio».

Il primo incontro con Paola?
«Per Il posto dell’anima volevo una protagonista forte, che parte dal paesino per cercare lavoro. Era un film più drammatico di altri e mi serviva uno sguardo anche malinconico. L’avevo vista fare cose divertenti in tv, ma sentivo in lei qualcosa di amaro. L’ho voluta incontrare».

Sua moglie la racconta in modo diverso.
«In effetti, la vidi a casa di Gianni Morandi, faceva le prove di uno spettacolo in giardino. Aveva i sandali, arrivò sudata, coi piedi sporchi di terra. Finge di arrabbiarsi se lo racconto».

Quindi, quando vi guardate con occhi nuovi?
«Mesi dopo il set. Capendo che ci accomunavano lo stesso distacco per le cose, lo stesso amore per la commedia un po’ amara e il fatto di non uscire mai, non essere mondani. Ci siamo trovati su cose semplici».

Quasi vent’anni insieme e sette film. Paola ha detto: «Quando scriviamo una sceneggiatura, siamo a un passo dal divorzio perché litighiamo pure sulle virgole».
«Un po’ è vero. Gli altri due sceneggiatori dicono che sembriamo Casa Vianello».

E la vostra vita di cose semplici com’è fatta?
«Stiamo molto a casa, andiamo molto al cinema e a Pescasseroli. Io sto bene nella natura. Mi piace cercare di avvistare orsi, lupi, cervi».

Scorgere un orso nel bosco è il suo momento perfetto?
«Lo è anche vedere gli esseri umani felici, quando hanno una loro identità e non sono solo schiacciati da quella di consumatori. Questo mi dà un’idea di libertà».

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