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Spettacolo

Umberto Smaila: “Lite con Jerry Calà? La sua fu una pugnalata. Mago Zurlì la mia svolta di tutto”

Umberto Smaila: “Lite con Jerry Calà? La sua fu una pugnalata. Mago Zurlì la mia svolta di tutto”. Umberto Smaila e la lite con Jerry Calà, l’attore e conduttore si racconta rivelando retroscena inediti sulla sua lunghissima carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

A 10 anni, serio serio, suonava Chopin.
«In terza elementare la maestra convocò i miei genitori per segnalargli una mia attitudine artistica. Fui iscritto al corso di dizione e recitazione e a quello di pianoforte e solfeggio. Il classico nipotino che veniva messo sulla sedia per recitare le poesie ai parenti. A scuola ero il primo della classe, un bambinone con il fiocco azzurro e il colletto bianco. Prendevo sempre dieci, poi sono peggiorato».

Papà era fabbro.
«Costruiva ringhiere e cancelli insieme ai fratelli, i tre Smaila emigrati da Fiume, lo guardavo battere il ferro con quel freddo e mi faceva compassione, per i geloni gli vennero due manone grosse così che quando mi accarezzava pareva un orso buono. Ex sassofonista, si chiamava Guerrino perché era nato nel 1915».

A 18 girava con i capelli dipinti d’argento.
«A fine anni Sessanta Verona era la Liverpool italiana, io il tastierista dei Killjoys, e il proprietario del locale in cui si andava a suonare — gratis, ovvio — si inventò questa trovata per distinguerci da un’altra band con i capelli verdi. Mi spruzzavo in testa una laccaccia argentata comprata dal ferramenta e attraversavo la città in Lambretta, purtroppo senza casco perché non si usava, vergognandomi come un ladro».

Umberto Smaila: “Lite con Jerry Calà? Poi ho capito il suo punto di vista”

Nel 1971 i Gatti approdano al mitico Derby.
«Ninì Salerno e Franco Oppini erano in classe con me al liceo classico Scipione Maffei, Jerry Calà, più piccolo di un anno, lo abbiamo ripescato più tardi, quando già studiavo Giurisprudenza all’università, scegliendo con cura tutti gli esami più facili — mi sono fermato a quindici — ma prima siamo passati per Roma. Dovevano scritturarci per una serie di spot sull’educazione stradale del ministero dei Trasporti. Ci presentammo a casa dei funzionari Rai per fare i provini in calzamaglia nera, tipo I Gufi, non se ne fece niente. La svolta arrivò con Cino Tortorella».

Il Mago Zurlì?
«Lui. Ci invitò nella sua villa di Milano a cantare qualche canzone, quindi ci portò prima a mangiare — sia benedetto — e poi al Derby. Fummo letteralmente buttati sul palco, la gente si divertì. Il proprietario ci pagò 5 mila lire a testa. “Ora scrivete qualcosa di nuovo e saranno 10 mila”. Restammo due mesi chiusi in casa».

Andò subito alla grande.
«Momenti irripetibili, con Paolo Villaggio, Enzo Jannacci, Cochi e Renato, mostri di bravura. Eravamo i più piccoli, i cocchi di mamma».

Abatantuono era il vostro tecnico delle luci.
«Avrà avuto diciassette anni e di studiare non aveva più voglia. Possedevamo un riflettore solo, il suo massimo compito era premere un pulsante, tic, acceso e tic, spento. Sarebbe stato anche il nostro autista, però non si decideva mai a prendere la patente, perciò guidavo io, e Diego era seduto accanto a me, perché eravamo i più grossi, gli altri tre si schiacciavano sul sedile di dietro del catorcio di turno. Era Jerry che provvedeva all’acquisto, sempre a prezzi stracciati, perciò regolarmente si fondeva il motore».

Umberto Smaila: “Lite con Jerry Calà? La sua fu una pugnalata”

Il successo in tv con «Non stop», programma cult di Raiuno dal 1977 al ’79.
«Di nuovo fu merito di Mago Zurlì. Vivevamo in una specie di comune di artisti in via Venini, a Milano. Cino ci chiamò come ospiti nel suo programma per ragazzi, dove ci notarono gli agenti di Pippo Baudo, Gentile e Marangoni, che ci presero nel cast assieme a Massimo Troisi, Enzo Decaro e Lello Arena, ai Giancattivi, a Carlo Verdone, a Gaspare e Zuzzurro, si girava a Torino».

[…] Nel 1981 Jerry va per conto suo e lei la prende malissimo. Non vi siete parlati per anni. Rancoroso?
«Leale. Ci eravamo giurati una sorta di eterno amore, fu una pugnalata. Poi però mi capitò la stessa cosa e lì ho capito che quando il treno passa, ci sali. Dopo ci siamo chiariti e adesso ci sentiamo tutti i giorni, a Pasquetta ci ritroveremo noi quattro al solito ristorante di Verona».

Nel 1987 e per 4 stagioni scandalizzò l’Italia con gli spogliarelli piccantini delle ragazze Cin Cin a Colpo Grosso su Italia 7.
«Non mi aspettavo un successo del genere, altrimenti avrei firmato un altro contratto. Girammo 800 puntate, fu venduto in tutto il mondo e replicato per 18 anni consecutivi, passava il tempo e io restavo sempre giovane, un miracolo».

Le femministe la inseguivano col forcone.
«Più che altro si indignarono i benpensanti, i codini, i borghesi, però lo guardavano eccome. Conservo religiosamente le recensioni entusiaste di Beniamino Placido e Oreste Del Buono».

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