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Spettacolo

Liliana Cavani si racconta: “Io tra i fondatori dell’Ulivo per salvare il meglio della Dc. Rai? Non esiste più rapporto”

Liliana Cavani si racconta: “Io tra i fondatori dell’Ulivo per salvare il meglio della Dc. Rai? Non esiste più rapporto”. Liliana Cavani si racconta, la regista e sceneggiatrice romagnola ripercorre le tappe più significative della sua carriera non solo cinematografica in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Approdò in Rai nel 1961, al pari del direttore generale Ettore Bernabei.
«A ogni mia inchiesta, tremava. La prima puntata di “La casa in Italia” durava 50 minuti. L’ultima, a forza di tagli, 20».

Lo credo: Bernabei era l’uomo di fiducia di Amintore Fanfani. Piano Ina casa.
«Non avevo mai visto Napoli: i bimbi vivevano per strada, senza mutande. A Matera la gente stava nelle grotte con le pecore. Le scene delle borgate romane commossero Paolo VI: regalò un alloggio a una coppia. Era costretta con quattro figli in due stanze, eppure ospitava una madre mendicante con il figlioletto».

Lei è l’unica regista ad aver dedicato tre opere a Francesco d’Assisi. Perché?
«Tutto nacque nel 1966 da un libro pubblicato 70 anni prima da un medievista protestante di Ginevra. Era all’Indice. Mi capitò in mano per caso. Meraviglioso. Ne parlai in Rai con Angelo Guglielmi. Si entusiasmò, ma aveva a disposizione solo 30 milioni di lire. Trovò un produttore, Leo Pescarolo, che voleva fare il suo primo film. Una troupe di sette persone e appena cinque settimane di lavoro. Ad appoggiarmi c’era Pier Emilio Gennarini, braccio destro di Bernabei».

[…] Ma non era atea?
«Non posso dire di esserlo. Vengo da una famiglia laicissima di Carpi, questa sì atea. Il nonno materno, un sindacalista socialista, chiamò i figli Libero e Libera. Però feci la prima comunione e la cresima. Nel 2005 fui chiamata in Vaticano a presentare ai cardinali l’enciclica d’esordio di Benedetto XVI, Deus caritas est».

Liliana Cavani si racconta: “Io tra i fondatori dell’Ulivo per salvare il meglio della Dc”

[…] Maria Romana, la figlia di De Gasperi, mi disse: «Far morire la Dc fu una follia. Fossi stata nei panni di Mino Martinazzoli, mai avrei firmato l’atto di decesso».
«Fui tra i fondatori dell’Ulivo. Il meglio della Dc cercammo di salvarlo. Sono legata alla figura di Odoardo Focherini, nato come me a Carpi. Salvò dalla deportazione 110 ebrei. Fu catturato dai nazifascisti. Morì nel lager di Hersbruck. Oggi è beato. Il suo nome figura fra i Giusti delle Nazioni nello Yad Vashem».

La sua è una spiritualità inquieta.
«Sono religiosa».

[…] Ha mai sentito il bisogno di pregare?
«Ma io prego».

[…] Da quanti anni non torna a Carpi?
«Ci sono stata in autunno. Ho un cugino cui voglio bene e tanti amici. Non c’è più il cinema Fanti, dove la mamma mi portava già a 3 anni. L’amore per il grande schermo è nato lì. E ancora resiste».

Guarda i film sul piccolo schermo?
«No, vedo le serie tv in casa di amici. Mi sono piaciute Chiami il mio agente! e The Crown. Ma non sono abbonata né a Netflix, né ad Amazon Prime, né a Sky».

Fedele al suo rapporto con la Rai.
«Non esiste più. C’era quando stavo in consiglio d’amministrazione, con Enzo Siciliano presidente. Durò appena 18 mesi. Dopodiché Massimo D’Alema prese il posto di Romano Prodi al governo».

Che cosa ama vedere in televisione?
«Il cinema inglese. Tentai d’introdurre in Rai la linea portata nella Bbc da David Puttnam, produttore di Fuga di mezzanotte, Momenti di gloria, Urla del silenzio e Mission: meno film americani, più film europei. Sarebbe potuto nascere il nuovo cinema italiano».

Liliana Cavani si racconta: Rapporto con la Rai? Non esiste più”

[…] Sa dirmi perché i figli dei maestri quasi mai superano i padri? Penso ad Alessandro Gassman o a Christian De Sica.
«È un disegno che ci sfugge. Si nasce un po’ qua, un po’ là… Se dovessi salvare un solo film italiano, sceglierei L’oro di Napoli di Vittorio De Sica».

Ma il suo regista preferito chi è?
«Ingmar Bergman. Mi ha insegnato il cinema a basso costo e la scelta degli attori. Per Galileo andai a Londra. Un’agenzia mi presentò Cyril Cusack, che veniva dall’Abbey Theatre. Pensai: eccolo! Senza di lui, sarebbe stato un altro film. Bernabei lo rifiutò. Fu venduto alla Cineriz, che lo cedette a Mediaset. Più visto».

[…] S’immaginava i successi che ha avuto?
«A dire il vero, da filologa della lingua arrivai a Roma nel 1959 avendo nelle tasche del loden i titoli dei testi da consultare nella Biblioteca Vaticana per scrivere un’edizione critica dei Commentarii di Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II».

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