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Gabriella Genisi: “Lolita Lobosco? Meglio Bari, a Padova perdeva forza. Camilleri e Zingaretti decisivi”

Gabriella Genisi: “Lolita Lobosco? Meglio Bari, a Padova perdeva forza. Camilleri e Zingaretti decisivi”. Gabriella Genisi su Lolita Lobosco e non solo, la scrittrice pugliese, 57 anni, parla del suo libro divenuto fiction in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

“Esiste una geografia del giallo. Dalla Val d’Aosta di Rocco Schiavone alla Sicilia di Montalbano, passando per la Napoli del commissario Ricciardi. In questi libri il territorio è fondamentale, e anche nei miei. Avevo trasferito Lolita Lobosco a Padova, l’avevo anche promossa questore. Ma perdeva forza, come una lumaca senza guscio. Dopo tre pagine l’ho fatta tornare a Bari, rinunciando alla promozione”.

Ci vuole raccontare di Lolita Lobosco?
“Lolita nasce nella mia testa nel 2006, e lo devo ad Andrea Camilleri. Quando ho letto, e poi visto Montalbano in tv, sono rimasta folgorata. Mi sono immaginata un commissario donna, che come lui avesse un forte legame con il territorio e un approccio empatico ai casi. Una volta, le poliziotte di carta al massimo erano ispettrici. Un gradino più basso, sempre, un’ingiustizia. D’altronde le donne sono entrate in polizia nel 1959 e sono diventate dirigenti solo nell’81. Anche la letteratura ha i suoi tempi”.

Il suo personaggio è “scritto”, poi è arrivato quello televisivo. Com’è andata?
“Mi telefona Luca Zingaretti, io tramortita: Montalbano! Dice: io e Luisa abbiamo letto i tuoi libri, vogliamo farne una fiction. Ha funzionato (sette milioni e mezzo la media di spettatori a puntata, ndr). Luisa è meravigliosa. Perfetta. È riuscita a rendere in pieno malinconia e sensualità, rigore e abbandono. Quando ho visto l’anteprima, durante il lockdown, in una Roma deserta, mi sono commossa. Il mio personaggio parlava e si muoveva come avevo immaginato”.

Gabriella Genisi: “Lolita Lobosco? Meglio Bari, a Padova perdeva forza”

[…] Lei e Lolita un po’ vi somigliate.
“All’inizio i lettori pensavano che Lolita Lobosco fossi io. Alle presentazioni mi dicevano: “Ma perché ti sei lasciata col magistrato?”. Oppure: “Lui non ti merita”.  Al settimo anno, siamo entrate in crisi. E ho creato un nuovo personaggio, l’opposto. Chicca Lopez, marescialla salentina. Più piccola, giovane, maschile. Lolita è sexy suo malgrado, Chicca porta anfibi, chiodo, jeans e va in moto. Sono diversi anche i territori. Ma il Salento di Chicca non è quello che vediamo su Instagram, le spiagge, la movida. Ha una radice anche violenta e tradizioni millenarie. È suggestivo e oscuro”.

Quindi ha tradito la polizia?
“Mi sono divisa in due. Ora, dopo nove libri, la commissaria è un po’ cambiata, i toni da commedia restano, ma il clima complessivo è più inqueto. E le tematiche sono sempre più d’attualità: credo molto nella scrittura civile. In Terrarossa parlo di caporalato, una piaga non solo pugliese, anche se da noi forse ha un impatto maggiore: la Puglia raccoglie grano, olive, pomodori, uva… Ma c’è anche una faccia sana della nostra agricoltura, quella attenta all’etica e alla sostenibilità come il personaggio di Suni Lagioia. Che non si è suicidata ma…”.

[…] Lei ha cominciato a scrivere a quarant’anni, quando i figli erano già grandi. La sua famiglia come vive il fatto di avere una celebrity in casa?
“I figli per molto tempo erano scocciati: ‘Non capiamo perché c’è chi si fa chilometri per sentirti parlare’. Adesso un po’ se ne compiacciono, e sono comunque i miei primi lettori. Mia madre, invece, mostra da sempre alle amiche le riviste che parlano di me: “Visto, mia figlia?”.

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