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Spettacolo

Kekko dei Modà: “Depressione? La pandemia mi ha dato il colpo di grazia. Il veleno di cui parlo nella canzone sono i farmaci”

Kekko dei Modà: “Depressione? La pandemia mi ha dato il colpo di grazia. Il veleno di cui parlo nella canzone sono i farmaci”. Kekko dei Modà e la depressione, il cantante napoletano, 55 anni, racconta la sua lotta con quello che definisce il suo male oscuro in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Quando si è accorto di essere depresso?
«Il 29 aprile 2021: mi sono svegliato e non riuscivo a piegare le gambe. Pensavo fosse un’influenza ma dopo dieci giorni a letto ho temuto che potesse essere una malattia degenerativa. Mi ha visitato un neurologo e mi ha diagnosticato la depressione».

Un fulmine a ciel sereno?
«Ho capito tutto dopo. Da anni avevo attacchi di panico prima dei concerti, ma sono andato avanti negando, mostrandomi forte anche per il senso di responsabilità verso la mia famiglia e i miei genitori. Ho accumulato troppo e il cervello alla fine mi ha bloccato il fisico. La depressione è un male oscuro che non si fa vedere e vive dentro di te».

Kekko dei Modà: “Depressione? La pandemia mi ha dato il colpo di grazia”

Torni ai primi segnali…
«Nel tour del 2017, quello dopo i due San Siro, sentivo le gambe che non tenevano, andavo in confusione… all’ultima data mia madre aveva in mano il rosario… Ho pensato di smettere del tutto. Nei mesi successivi mia figlia Gioia mi ha chiesto più volte: “Papà perché non canti più?”. Le dicevo che era per il mal di gola. Mi si è stretto il cuore quando la pediatra le ha prescritto un antibiotico e lei le ha detto di darlo anche a me».

E poi?
«Dopo due anni altro disco, “Testa o croce”, e un altro tour: ero così distrutto che accolsi bene la notizia dello stop dei tour per il Covid… La pandemia, invece, mi ha dato il colpo di grazia. Quando sei in quello stato cerchi di tenere solo le cose che ti fanno sentire al sicuro: il solito ristorante, i soliti amici… Il Covid mi ha tolto anche quello. Ci sono stati momenti non semplici, ricordo quando chi mi era vicino mi vedeva con lo sguardo perso nel vuoto… Quindi è arrivato il blocco fisico: un mese dopo, l’11 maggio, ho iniziato a curarmi. I farmaci sono il veleno di cui parlo nella canzone. All’inizio li vedi così, pensi che quelle medicine si diano ai pazzi. Mi vergognavo, ma lentamente sono tornato a vedere i lati positivi della vita».

Adesso come sta?
«Non sono guarito, ma il tour dell’anno scorso mi ha lasciato carico di adrenalina e mi ha fatto capire che se stai sul divano non guarisci. Questo mi ha dato il coraggio di affrontare il Festival».

[…] Vi dava fastidio essere bollati come un gruppo musicalmente vecchio?
«Se essere vecchi significa riempire stadi e palazzetti allora era una bella cosa… Oggi lo accetto, allora mi dava fastidio che non venissero mai considerati i nostri risultati. C’è sempre stato un pregiudizio verso chi fa musica nazional-popolare, come accade a Ultimo adesso, ma le mode passano, le canzoni restano».

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