Gabriel Garko: “Io ancora assediato dalle donne. Coming out? Faccio una precisazione. Vorrei adottare un bambino”. Gabriel Garko ancora assediato dalle donne nonostante il coming out, è lo stesso attore a rivelarlo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
L’ultima fan invasata, convinta di poter diventare la sua nuova fidanzata, gli è capitata nei giorni scorsi.
«Diceva di essere Marilyn Monroe e si era piantata davanti a casa. Minigonna, tacchi a spillo e tette di fuori, non voleva andarsene e una volta è riuscita persino a entrare dentro casa. Sono riuscito a farla uscire con le buone maniere, ma poi ho dovuto chiamare i carabinieri, perché un giorno mi si è addirittura buttata sotto le ruote dell’auto… una matta… era diventata pericolosa e non mollava!».
Le succede spesso di essere assediato dagli ammiratori?
«Purtroppo sì e, oltretutto, non è tanto facile scovare la mia abitazione… bisogna conoscere bene la zona e venirci apposta. Cerco di essere sempre disponibile con loro, ma c’è un limite a tutto, non posso accettare l’invasione della mia vita privata, diventare il bersaglio di gente invasata: è una privazione della libertà».
Gabriel Garko: “Io ancora assediato dalle donne”
Il successo è una prigione dorata?
«In passato l’ho vissuto come tale: una volta, vedendo la mia immagine sulla copertina di una rivista, mi sono addirittura spaventato. Ma ormai mi sento più libero. Oggi le persone sui social vendono la loro vita che è finta. Lo star system vende sogni e, se non sei molto equilibrato e la tua vita non è serena, si vive male, perché devi nascondere la tua vera identità interiore, cosa che ho fatto anche io per anni. Ho tante volte interpretato personaggi che non avevano nulla a che fare con me e il dover restare sempre nascosto non è facile. Il lavoro però mi ha fortificato».
[…] Finalmente libero e fortificato anche da quando ha fatto il coming out riguardo alla sua omosessualità?
«Preciso subito che non sono molto d’accordo col coming out: la vera normalità ci sarà quando non sarà più necessario doverlo fare. Innanzitutto, non è che tutti devono sapere i fatti tuoi, non è assolutamente giusto che una persona debba confessare pubblicamente la sua omosessualità solo perché la società impone che tutti devono essere eterosessuali. E se il mondo fosse al contrario? E se gli etero dovessero fare coming out?».
[…] I suoi genitori l’hanno lasciata libero di dichiarare la sua verità?
«Assolutamente sì. Hanno sempre saputo la mia verità, erano molto evoluti, non erano bigotti, non mi hanno trasmesso dei tabù e sono sempre stati miei complici. Quindi credo che, se in una famiglia normale padre e madre dicessero ai figli che esistono l’uomo etero, quello gay, la donna lesbica, il trans… eccetera, tra vent’anni non ci sarebbero più problemi nel dichiararsi serenamente in un modo o nell’altro».
E lei, tempo fa, ha anche espresso il desiderio di diventare padre. Sarebbe d’accordo con la maternità surrogata, il cosiddetto «utero in affitto»?
«No, non vorrei mettere al mondo una nuova vita, semmai sarebbe bello adottare un bambino, per dagli la possibilità di una vita migliore e, per esempio, non capisco per quale motivo i single non possano assumere questo ruolo, oppure una famiglia arcobaleno. L’importante è che siano delle brave persone e che possano assicurare la giusta, dovuta dignità a un orfano. Però… aggiungo che, pur avendo pensato spesso a compiere questo passo, oggigiorno forse non mi sento più motivato a diventare padre: non mi piace la società in cui viviamo e detesto l’accanimento morboso che impazza sui social. Oggi più che mai, i giovani devono poter contare su una famiglia sana alle spalle, per difendersi dal mondo virtuale, dove tutti si sentono in diritto di giudicare tutti».
Gabriel Garko: “Vorrei adottare un bambino”
Una famiglia come la sua?
«Sì, ho avuto questa fortuna: l’ho definita una famiglia da Mulino Bianco, allegra, piena di energia, armonia, senza pregiudizi, con tanto amore e tanta libertà di pensiero. Inoltre con tre sorelle adorabili».
[…] Una carriera che dura da circa trent’anni. L’errore più grande commesso?
«Quando mi proposero di andare negli Stati Uniti per intraprendere un percorso di lavoro nel cinema americano, non ho avuto il coraggio di trasferirmi, non ci sono andato. Sono quelle che si dicono le sliding doors… e non me lo perdono».
La più grande paura?
«L’ignoranza della gente, non quella culturale, ma quella della grettezza che sfocia puntualmente nella mancanza di rispetto».
Perché ha cambiato il suo nome e cognome: da Dario Oliviero a Gabriel Garko? Mancanza di rispetto nei riguardi della sua famiglia?
«Al contrario! Ho compiuto questa scelta proprio perché, quando ho iniziato questo mestiere non volevo mettere in mezzo la famiglia d’origine. E comunque Garko nasce da Garchio, un cognome che ha a che fare con mia nonna materna».
Però esisteva già l’attore Gianni Garko…
«Che infatti mi fece causa: secondo lui non potevo usare il suo stesso cognome, che anche nel suo caso era un nome d’arte. Finimmo in tribunale, ma l’ho avuta vinta io».
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