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Il rapporto tra il mondo dei videogiochi e la fantascienza

Il rapporto tra il mondo dei videogiochi e la fantascienza

A Barcellona, vicino al monumento Arco di Trionfo, c’è una zona commerciale molto frequentata da giovani, dove converge un’offerta eterogenea di prodotti culturali e di intrattenimento: i romanzi di fantascienza si trovano sullo stesso scaffale dei manuali di giochi di ruolo, le raccolte di fumetti manga sono ammucchiate insieme a libri di fantascienza economici, giochi da tavolo e giochi di strategia accanto a magliette, poster e altri prodotti di marketing orientati ai supereroi Marvel e DC Comics. L’ultimo oggetto che entra a far parte di questa eterogenea famiglia culturale è proprio il videogioco.

Uno di questi negozi espone, tra ironia e orgoglio, lo slogan di benvenuto: “Vicio y Subcultura” (Vizio e sottocultura). Al di là dello stigma o dell’etichetta di “freak”, una caratteristica comune esiste tra la narrativa fantascientifica e i videogiochi che, oltre ad aiutare a comprendere la relazione tra i due generi, permette di approfondire l’identità e la strana sinergia che definisce questo particolare amalgama culturale. È una questione di prospettiva cognitiva che domina l’esperienza dell’utente. In termini tradizionali, il lettore di narrativa pone fondamentalmente due tipi di domande: le domande riguardanti la creazione di aspettative di suspense (“come si svolgerà la trama?”) o domande collegate alle aspettative di curiosità (“cosa è successo ai personaggi? Come è iniziato tutto?”). I lettori di fantascienza, senza smettere di porre tali domande, di solito concentrano la loro attenzione su un altro tipo di domanda: “com’è quel mondo e come funziona?”.

Il rapporto tra il giocatore e il videogioco, che sia di fantascienza o di qualsiasi altro tipo di gioco, è basato su una prospettiva molto simile. Qui troviamo ancora una domanda centrale, spesso necessaria, man mano che il gioco procede: “Com’è quel mondo e come funzionano le sue regole? In un confronto illustrativo, Brian McHale sostiene che mentre la lettura di un romanzo poliziesco rimarrebbe in una dominante epistemologica, associata a domande e aspettative sul come, per ricostruire o dare un senso alla trama, la lettura della fantascienza si concentrerebbe piuttosto su un dominante ontologica, associata a domande e aspettative su come funziona il mondo narrativo, in termini di organicità.

Qualcosa collega però i diversi generi di “vizio e sottocultura”: precisamente la loro vicinanza, il rapporto interrogativo sui modi di essere e sulla forma della finzione. Modi che disegnano un punto di partenza di una narrazione che si stacca dal lineare, da una narrazione aperta al gioco. Non è necessario stabilire un confine netto tra l’epistemologico e le prospettive ontologiche nel processo di lettura/gioco, com’è appunto dal punto di vista della coesistenza tra le due dominanti del rapporto conoscitivo tra la lettura del genere fantascientifico e l’esperienza di gioco in generale.

Come viene rappresentata la fantascienza attraverso il design di giochi e videogiochi

A metà degli anni ’70, poco prima che un gruppo di giovani registi di Hollywood trasformassero la propria creatività in blockbuster mondiali (Star Wars, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Alien) tale movimento irruppe sulla scena della cultura di massa nordamericana. Come una specie di rituale per pochi,trasmesso di garage in garage, la creazione, la pratica e lo scambio di giochi di ruolo si fece strada nella stanza sul retro delle narrazioni di finzione. Gruppi di lettori, appassionati di fantasy edi fantascienza, decise di sistematizzare per la prima volta un nuovo formato di gioco. Qualcosa che era direttamente imparentato con le improvvisazioni teatrali dell’epoca, mischiato con i giochi da tavolo e le miniature di soldatini, fino a fondersi con un certo livello di interattività narrativa. In questo contesto sbucarono libri e manuali, pubblicati in modo sempre più capillare, partendo come un piccolo fenomeno, un culto quasi, per iniziare lentamente ad avere un successo commerciale crescente, esponenziale.

Non passerà molto tempo prima che titoli come Dungeons and Dragons (1974) Traveller (1977), SpaceOpera (1980), BattleTech(1984), Cyberpunk (1988) dettassero una nuova linea guida. Sia i giochi di ruolo che i videogiochi condividevano la proprietà di convertire la narrativa in potenziale narrativo. Ora nei giochi di ruolo la domanda su come un certo universo di gioco funzionasse emergeva sistematicamente dalla rottura dell’universo proprio nella struttura formale dell’opera, diffondendosi attraverso variabili narrative e di gioco. Piuttosto che sviluppare storie, tali sistemi di gioco condividevano qualcosa, attraverso una sorta di strategia di isolamento dei componenti da qualsiasi finzione tipica (dal palcoscenico ai personaggi, passando per l’azione o l’atmosfera) per offrire apertamente al giocatore, come materiale grezzo, promuovendola loro rielaborazione in storie possibili senza soluzione di continuità né limiti di tempo e di spazio.

In ogni sessione di gioco, quegli estratti di storia si intrecciano in un racconto sotto forma di giochi e campagne. La scomposizione di questi segmenti è la caratteristica principale dei manuali di giochi di ruolo fin dalla loro nascita. Qui troviamo sezioni intitolate ad esempio: “Mondi”, “Attrezzature”, “Incontri”, “Sistemi”, “Narrazione”e “Character file”. questo metodo diventa quindi un sistema funzionale per interagire e per comunicare tra appassionati di diverse città, paesi, nazioni.

Una narrazione potenziale che si muove attorno a un copione aperto e solo in parte prestabilito, attorno al quale ogni giocatore modella il proprio personaggio, nonché materiali indispensabili per la progressione narrativa attraverso la collaborazione dei giocatori diversi. Abbiamo visto come anche per ciò che riguarda un classico come la roulette vi sia un riferimento in Ready Player One, libro e film diretto da Steven Spielberg.

Che ruolo gioca la fantascienza in questa struttura di narrativa potenziale

Nel libro Terminal Identity, Scott Bukatman analizza il cuore della fantascienza contemporanea tra un mondo reale, soggetto a confini spazio/temporali e i mondi che appartengono alla finzione, che mettono in discussione o diluiscono tali leitmotiv. Bukatman afferma qualcosa che era già presente nelle contraddizioni e nei problemi di identità dei personaggi dei vari Wells, Bradbury e Asimov. Ma poco dopo, l’autore escogita una svolta radicale a favore di uno stile moderno, dove l’elemento dell’elettronica assume un ruolo e una funzione centrale. In questa svolta possiamo includere sicuramente anche il mondo del videogioco, con la sua funzione che viene invertita.

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