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Eva Robin’s: “In collegio volevo farmi prete, ho cambiato idea per in motivo. A 8 anni con un 50enne ma non è stato un trauma”

Eva Robin’s: “In collegio volevo farmi prete, ho cambiato idea per in motivo. A 8 anni con un 50enne ma non è stato un trauma”. Eva Robin’s sul collegio dove voleva farsi prete, e non solo. L’attrice è personaggio tv transgender, 66 anni, ripercorre le tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

«Dai quattro agli otto anni sono stata in collegio, prima dalle suore, poi dai preti. La soffitta era quella della suore. Lì mi nascondevo alla ricerca di solitudine, tra oggetti accatastati, quadri».

Altri ricordi di quel periodo?
«Pattinaggio artistico. Purtroppo smetto prima di imparare la trottola. Il Motivo? Mi buttano fuori dal collegio per aver strappato il velo a una novizia dopo un diverbio non ricordo su cosa».

Cosa rimane degli anni in collegio?
«La suggestione per i simboli sacri. A dieci anni volevo farmi prete. Servivo messa come chierichetto, mi piaceva la vestizione».

Cambia idea?
«Capisco che in realtà m’interessano solo le tonache, non ho alcuna vocazione».

Come lo capisce?
«Non volevo rinunciare alla vanità, rifiutavo l’umiltà. Volevo l’oro» «Tutto quello che luccica, me inclusa. Me nella versione luccicante».

Eva Robin’s: “A 8 anni con un 50enne ma non è stato un trauma”

La sua versione luccicante?
«Comincia a otto anni. Mia madre mi lasciava dalla vicina di casa, Carmen, che aveva un’amante. Un giorno che Carmen non c’è, io e lui rimaniamo soli. Era un cinquantenne grande, scuro, mi affascinava. Giochiamo alla lotta, sono io a buttarmi su di lui senza immaginare le possibili conseguenze».

Conseguenze?
«Sesso orale. Ricordo la sua voce: “metti la bocca lì, apri, chiudi”. Poi non ricordo più niente».

Comprende che si tratta di violenza?
«Non ho mai vissuto l’episodio come una violenza, anzi. Torno a casa allegra e lo racconto a mia madre».

Reazione?
«Lei va alla polizia a denunciare l’uomo che si becca il foglio di via da Bologna».

Ripensando a quell’evento?
«Al tempo non è stato un trauma, non ho pianto, ma chi lo sa. In fondo solo adesso sto riflettendo su certi accadimenti del passato».

Altra tappa della sua educazione sentimentale?
«Dodici anni: mia madre mi affidava a un suo amico archeologo, un uomo di oltre sessant’anni che mi portava al cinema, al fiume. Proprio al fiume m’insegna a masturbarmi».

Eva Robin’s: “In collegio volevo farmi prete, ho cambiato idea per in motivo”

In che modo lei vive l’esperienza?
«Lui mi ha iniziato alla scoperta del mio corpo, alla conoscenza delle reazioni. In collegio pensavo di avere una malattia a vedere questa cosa, questa parte di me, che cambiava dimensione».

La spinta a unirsi ai travestiti?
«Curiosità, voglia di conoscenza. Ero attratta dagli uomini, ma non cercavo qualcosa di preciso. Andavo, mi buttavo a capofitto, volevo uscire dal quotidiano».

Il quotidiano?
«Mesto già dalla pancia: incinta di me mia madre trova mio padre a letto con la sua migliore amica. Lo insulta, e se ne va di casa. Si sistema nel sottoscala di un palazzo confinante con un fornaio. Per riscaldarsi dormiva addossata alla parete dietro cui c’era il forno. Stava bene, mi ha raccontato, doveva solo scacciare i topi attirati dall’odore di latte».

Chi è stata sua madre?
«Madre di quattro figli di padri diversi per guadagnare da vivere giocava a carte. La notte girava i locali, e mi portava dietro».

Ricordi di quelle notti?
«Mi addormentavo sui tavoli».

Poi?
«Dagli undici anni non sono più andata, rimanevo a casa con mia sorella. Ma siccome mamma tornava di notte alticcia e disperata, venendoci a svegliare, io mettevo i tappi nelle orecchie che ho continuato a mettere anche da adulta, pur vivendo da sola. Li ho tolti tardi, appena ho capito che lei non sarebbe più arrivata a tormentarmi».

Mai desiderata l’operazione?
«Sono per la somma, non per la sottrazione».

Eva Robin’s: “Ormoni? Me li passava un vicino”

Ha preso ormoni?
«Me li passa il vicino di casa infermiere. Il Progynon depot, quello che davano a Mussolini per tenerlo carico, più ormoni di scimmia e vitamine, l’ho letto su un libro».

Perché gli ormoni?
«Volevo bloccare la crescita dei peli. La barba mi faceva paura. In più avevo l’acne che grazie agli ormoni e ai trattamenti di Dodo D’Hambourg, passa».

Dodo D’Hambourg?
«La spogliarellista di Hitler trasferitasi a Bologna dove aveva aperto un centro estetico».

Dunque gli ormoni?
«Bloccano i peli, la barba appunto».

Altri cambiamenti?
«Il seno. È un incidente di percorso, non lo volevo. Ma a quel punto non potevo tornare indietro. Erano esperimenti, in quegli anni noi abbiamo sperimentato molto».

1979?
«Divento corista di Amanda Lear. La truffo. M’insinuo nella sua compagnia di ballo come femmina. Se lei avesse saputo cos’ero davvero, non mi avrebbe presa, veniva da una scuola di night di grande invidia e competizione».

Lo scopre?
«Se ne accorge dopo un po’: tra una canzone e un’altra, specie in Romagna, la gente urlava: “Eva, Eva”. Lei mi prende da parte e dice: “tu sei molto popolare qui”».

Diventate amiche?
«Nella vita, almeno al tempo, Amanda non aveva amiche transessuali. La sua era proprio un’idiosincrasia per le persone che facevano questa scelta».

Eva Robin’s oggi?
«Mia madre è morta da tempo, qualche amica anche. Di certo sono più sola. I periodi in cui non lavoro le giornate sono lunghissime».

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