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Paolo Crepet: “Belve? Disperazione allo stato puro, non ci andrei mai. I miei 3 pilastri per orientarci”

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Paolo Crepet: “Belve? Disperazione allo stato puro, non ci andrei mai. I miei 3 pilastri per orientarci”. Paolo Crepet su Belve e non solo. In una intervista a ‘Il Corriere della Sera’, lo psichiatra e sociologo torinese, 73 anni, spiega il motivo per cui a suo avviso la tv in Italia è alla deriva. Di seguito ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Crepet riflette sul grande successo ottenuto lo scorso anno con le sue serate teatrali, che hanno registrato 75mila presenze. Alla domanda su come si spieghi un risultato simile, afferma: «Forse qualcuno ha scoperto che non dicevo delle cazzate. Un illustre giornalista mi chiamava ‘il Taricone della psicanalisi’. Ma le cose sono cambiate, è cambiata la gente. I miei libri hanno un loro successo, così come le serate». Questo successo, secondo lui, riflette un bisogno profondo di punti di riferimento nella società contemporanea.

Paolo Crepet: “I miei 3 pilastri per orientarci”

Lo psichiatra e sociologo sottolinea che «la gente ha bisogno di guide e, dove non le trova, le inventa. C’è bisogno del libretto delle istruzioni per la vita. Però poi le istruzioni sono così semplici e banali che uno si domanda: ma perché non le seguono? Non stiamo parlando di illuminazioni di Einstein». Proseguendo su questa linea, individua tre pilastri fondamentali per orientarsi nella complessità della vita: «Primo: credere nei bambini e nei ragazzi, quindi lasciarli sbagliare. Oggi c’è una schizofrenia da iper controllo: a scuola c’è il registro digitale, ma alle due di notte non sai dov’è tua figlia tredicenne. La geolocalizzazione ti dice solo che è in quella piazza, ma magari è ubriaca. Secondo: dare l’esempio non è passato di moda. Se i genitori sono sempre sul cellulare, cosa deve pensare un figlio? Terzo: cambiare la scuola davvero, non con tentativi. Quest’ultimo è complicatissimo, ma il ministro qualcosa di buono lo sta facendo, come rintrodurre il 5 in condotta».

Il sociologo si sofferma poi su quello che definisce un fenomeno di “eclissi delle emozioni”, osservando: «Ce ne sono pochissime. Se va in giro per la città, trovare un ragazzo e una ragazza che si baciano è rarissimo; prima fuori dal liceo ci si dava appuntamento per questo. Vedere due che limonano sotto un portico non esiste più. Abbiamo fatto un baratto: pur di tenerci stretta la nostra comfort zone abbiamo rinunciato alle emozioni. Anche l’amore è visto come una fatica, un impegno».

Paolo Crepet: “Io eretico? Non quello a cui viene dato fuoco in piazza”

Questa rinuncia si riflette, secondo Crepet, nella necessità di riscoprire ciò che definisce “nuove eresie” per affrontare le sfide del presente. Lui stesso si è sempre sentito un eretico: «Non quello a cui viene dato fuoco in piazza: l’eretico è colui che cerca e cercando è scomodo. Vorrei che tutti gli intellettuali fossero un po’ eretici e non banalmente facendo i bastian contrari di professione. La tecnologia digitale, intelligenza artificiale compresa, non porterà necessariamente il mondo in avanti. Poi, per carità, siamo tutti contenti che ci siano avanzamenti in medicina o che Musk metta tutti questi “cosini” che girano intorno al mondo e ci danno informazioni importanti».

A proposito di Elon Musk, Crepet lo definisce geniale, ma con alcune riserve: «Invece che giocare con i trenini in soffitta lui gioca con i satelliti intorno alla Terra. È geniale, quanto Bill Gates o Steve Jobs. Adesso mi pare che qualcosa gli stia dando un po’ troppa euforia… Ma quando un uomo, da Cesare in avanti passando per Napoleone, pensa di volersi prendere il mondo e in quel preciso momento diventa un una cosa che a me non piace: un dittatore. Prima o poi qualche attore rifarà la scena di Charlie Chaplin che prende a calci il mappamondo, stavolta vestito non da Hitler ma da Musk».

Sul futuro con l’intelligenza artificiale, Crepet esprime preoccupazione: «Mi spaventa la vita che farà mia figlia. Di giovani grandi viaggiatori ne conto meno delle dita di una mano. Non gliene frega niente a nessuno che sei andato in Perù: interessa molto di più una che si fa il selfie con la boccuccia a cuoricino. Oggi l’atto artistico è azzerato, a meno che uno consideri arte inzuppare un biscotto nel caffelatte, magari taggando la pasticceria così hai per i prossimi tre mesi il cappuccino gratis».

Paolo Crepet: “Belve? Disperazione allo stato puro, non ci andrei mai”

Passando alla televisione, Crepet analizza il successo di programmi come ‘Belve’: «Perché la gente è disperata. Cosa c’è di interessante? Non mi hanno mai invitato e io non ci andrei mai. La Fagnani sarà anche carina, ma è colpa di chi fa il programma che deve cercare la volta in cui sei scivolato sulla buccia di banana: disperazione allo stato puro. E gli adolescenti lo vedono che noi siamo spietati. La televisione trash di cui si parlava anni fa era l’anticamera di questo; adesso è una televisione animalesca, infatti si chiamano “Belve”, “Iene”. Non c’è nulla di umano».

Crepet riconosce che una volta esisteva una televisione capace di arricchire: «Una volta c’era Baricco che si era inventato una grande televisione e tu da quelle trasmissioni ne traevi nettare. Magari non sapevi nulla di lirica o di letteratura, ma quell’oretta ti permetteva di aprire il cervello».

Come soluzione, propone lo “sciopero” della televisione, spegnendola: «Ogni tanto in treno osservo cosa guarda la gente: tutti davanti al cellulare a guardare per ore un gattino che scivola dentro la vasca. Il livello è questo. E se i giovani vedono che anche la zia guarda il gattino, è finita». Per nutrire le emozioni, suggerisce di affidarsi ai podcast: «Ci sono dei podcast molto interessanti e c’è gente che non guarda il gattino, ma si sente la storia del medioevo. Certo, ci vuole uno bravo come Alessandro Barbero che sa raccontare le cose».

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