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Andrew Garfield: “We Live in Time? Una scena mi ha stupito. Vorrei essere diretto da Guadagnino per il resto della vita”

Andrew Garfield: “We Live in Time? Una scena mi ha stupito. Vorrei essere diretto da Guadagnino per il resto della vita”. Andrew Garfield su We Live in Time, il rapporto con Luca Guadagnino, e non solo, l’attore britannico con cittadinanza statunitense, 41 anni, si racconta in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

L’attore racconta di essere rimasto affascinato da We Live in Time, un film che ha trovato particolarmente complicato, originale e toccante. «Quando ho letto la sceneggiatura l’ho trovata insolita, avvincente», afferma, sottolineando quanto lo abbia colpito la profondità della storia.

Uno dei momenti più intensi del film è la scena di un parto, che descrive come estremamente forte e realistica. «Non ho mai visto nulla di simile, è una delle scene più belle che abbia girato, così veritiera, assurda, dura, ha consolidato in me l’idea di accettare il progetto. Devo ringraziare soprattutto Florence, con lei si è innescata una fiducia profonda». L’intesa con la collega ha avuto un ruolo determinante nella sua decisione di prendere parte al film.

Ripensando ai suoi inizi, ricorda il suo primo film, Leoni per agnelli, girato nel 2007 accanto a leggende del cinema come Robert Redford, Meryl Streep e Tom Cruise. «Improvvisamente ho capito che da quel momento molte cose sarebbero cambiate, sapevo che sarei stato in grado di assumermi la responsabilità della mia carriera e affrontare qualunque cosa fosse capitata. Mi sono detto: “Non posso semplicemente prendere quello che mi viene dato”». Fu un periodo emozionante e privilegiato, vissuto a Los Angeles tra letture di sceneggiature e audizioni continue.

A proposito della difficoltà di lasciarsi alle spalle i personaggi che interpreta, spiega che accetta un ruolo solo se sente che ha qualcosa di forte e curativo, sia per lui che per il pubblico. Tuttavia, confessa che alcuni personaggi continuano a seguirlo anche dopo le riprese. «In realtà, quando qualcuno di loro mi segue fino a casa, la lotta tra noi permane e non mi lascia».

Andrew Garfield: “We Live in Time? Una scena mi ha stupito”

Un esempio emblematico è il periodo delle riprese di The Social Network. «Ricordo che stavo lavorando a The Social Network, giravamo la scena in cui io arrivo alla casa affittata da Mark Zuckerberg, e Sean Parker, ovvero Justin Timberlake, mi apre la porta. È un momento carico di risentimento, il mio personaggio si sente incredibilmente offeso, abbandonato, arrabbiato e maltrattato. Facciamo alcuni ciak, era un venerdì, arriviamo a metà e dobbiamo interrompere, avremmo ricominciato il lunedì. Mi dissi: “No, sarà durissima restare nella parte, tenere alta quella frustrazione”. E infatti litigai due volte durante il fine settimana. Non sono finito in una rissa, grazie a Dio, altrimenti avrebbero dovuto ritardare le riprese perché probabilmente sarei finito ko, ma mi sentivo offeso ovunque guardassi».

Oltre al legame con i suoi personaggi, c’è un altro aspetto che lo stupisce ancora. «Sembrare più giovane di quanto sono in realtà. È sempre stata una benedizione e una maledizione (ride, ndr)».

Parlando del suo approccio alla professione, gli viene chiesto se esista una componente competitiva nel suo lavoro e se ami vincere. «Forse vincere non è la parola giusta, direi piuttosto che amo nutrirmi di ciò che desidero. Però sono competitivo, o almeno lo sono quando si tratta di giochi da tavolo, tennis, basket, qualsiasi sport. Alcuni dei miei amici non vogliono neanche giocare con me».

Andrew Garfield: “Vorrei essere diretto da Guadagnino per il resto della vita”

Tra le sue passioni c’è anche la poesia, che considera un mondo affascinante. «Leggo spesso Mary Oliver, Rumi, che attinge a cose eterne, filosofiche, ma anche David Whyte, John O’Donohue. Io e Florence ci scambiavamo poesie durante le riprese».

A teatro trova qualcosa che il cinema non riesce a dargli completamente. «La disciplina, e un amore puro e appassionato per la scrittura: il palco è comunità, condivisione, ha un aspetto anche tribale. Perché sul set di un film, a volte, ti senti solo, ognuno è nel proprio processo di immedesimazione».

Infine, riflette sul suo rapporto con Luca Guadagnino, con cui girerà After the Hunt, un thriller in cui reciterà accanto a Julia Roberts e Chloë Sevigny. «Luca è un maestro, lo conosco da 14 anni. Ci siamo incontrati la prima volta all’aeroporto di Heathrow, a Londra. Era con Tilda Swinton, si stavano preparando per le riprese di Io sono l’amore. Conosceva il mio lavoro, gli era piaciuto fin da quando avevo cominciato. Mi propose il personaggio del figlio di Tilda e per me fu particolarmente toccante. Lui in realtà all’epoca era ancora sconosciuto ai più, avrei voluto tanto interpretare quel ruolo ma purtroppo non riuscimmo. Da allora è passato del tempo, e adesso finalmente ce l’abbiamo fatta: eravamo entrambi nervosi all’idea di lavorare insieme. Vorrei essere diretto da lui per il resto della vita, ha un modo elegante di muoversi tra cinema europeo e titoli più internazionali».

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