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Salute

Morelli: “Giovani schiavi della bellezza ma è veleno. Le più infelici? Donne di una categoria precisa”

Morelli: “Giovani schiavi della bellezza ma è veleno. Le più infelici? Donne 40enni di una categoria precisa”. Raffaele Morelli sui giovani schiavi della bellezza, le donne più infelici, e non solo, lo psichiatra e psicoterapeuta milanese, 76 anni, ne parla in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Morelli incontra quotidianamente un numero variabile di pazienti. «In media 4-5 al giorno, non tutti i giorni; per la psicoterapia di gruppo 22 a settimana; per quella online da 200 a 300 una volta al mese». Tuttavia, la sua attività non si esaurisce con le sedute, poiché dedica il resto del tempo ad altre pratiche fondamentali per il suo equilibrio interiore. «Il resto è scrivere, silenzio, stare con me stesso».

Quando gli viene chiesto quale sia il disagio più comune tra i suoi pazienti, non ha dubbi: «L’ansia. Tentativo dell’inconscio di portarti a un sapere superiore che non vedi, energia vitale che irrompe». Nonostante la diffusione di questa condizione, Morelli non ricorre alla prescrizione di psicofarmaci. «Non lo faccio da 40 anni. E non domando mai al paziente di parlarmi del suo passato».

Il suo approccio terapeutico è differente e si basa su una ricerca interiore che parte dal ricordo di momenti felici. «Preferisco chiedergli un ricordo felice dell’infanzia: soffriamo perché ci siamo distaccati da quel bimbo. Se stai male, non fare nulla: accogli il male».

Morelli: “Giovani schiavi della bellezza ma è veleno”

Questa prospettiva può apparire innovativa, ma per Morelli ha radici profonde. «Se vai da uno psicoterapeuta e sulla sua scrivania non trovi testi che parlino dei cinesi, dei taoisti, dei saggi greci e romani, fuggi: significa che vuole curarti con il pensiero moderno. Il peggiore per sanare l’anima». A suo avviso, il pensiero moderno ha molte limitazioni nel trattamento delle sofferenze psicologiche. «La scienza ci ha insegnato come combattere i batteri, ma per i mali dello spirito il nesso di causalità non c’è».

Accanto all’ansia, un altro problema sempre più diffuso è rappresentato dagli attacchi di panico. «Dai 14 ai 25 anni il suicidio rappresenta la seconda causa di morte». Secondo Morelli, i giovani sono sempre più alienati da una realtà virtuale che li imprigiona. «Vivono ancorati a Internet tutto il giorno, nei social diventano i robot degli altri». Questa dipendenza dall’immagine e dal giudizio altrui porta anche a un crescente desiderio di modificare il proprio aspetto fisico. «A 18 anni le ragazzine chiedono di rifarsi il seno. Appena hanno un lavoro, risparmiano per ritoccarsi labbra, zigomi, naso».

Per Morelli i giovani cercano costantemente di modificare il loro aspetto, ma cambiare il proprio volto significa alterare un’immagine originaria e profonda. «Se cambi il volto, modifichi l’immagine che avevi al momento in cui fosti concepito». Eppure, non piacersi non è necessariamente un problema, anzi, può rappresentare un’opportunità. «Non ti piaci? Non potrebbe capitarti di meglio. La bellezza è un veleno. Non si vive nel giudizio degli altri». L’ossessione per l’approvazione sociale è diffusa e si manifesta anche attraverso la dipendenza dai “like” sui social network. «Sa chi è più infelice dopo i 40 anni? Le donne belle. Non ricevono più complimenti».

Di fronte a una società che sembra aver smarrito il senso del sacro, Morelli riflette anche sulla questione della fede. Alla domanda se creda in Dio, risponde con fermezza. «Come si fa a non credere in Dio, come si fa?». Il suo rapporto con la spiritualità è arricchito da esperienze di confronto con altre tradizioni religiose. «Ogni anno vado a tenere una lezione alla Comunità ebraica di Roma, in realtà sono io che imparo da loro». Durante questi incontri, ha avuto modo di discutere con esponenti della cultura ebraica, come il rav Roberto Colombo. «Gli ho chiesto: ma noi che cosa sappiamo di Dio? Mi ha risposto: “Niente. Ne sappiamo quanto di un secchiello d’acqua. Non è il mare. Ecco, c’è il mare da sapere”».

Morelli: “Relazioni senza eros? Ci sono altri aspetti”

Questa visione si intreccia con i suoi ricordi familiari e con l’immagine di sua madre intenta a pregare. «Mia madre accendeva un cero e supplicava: “Madonna, pensaci tu!”». In quei gesti semplici vede un rapporto autentico con il divino. «Pregava un essere sconosciuto. Oggi lo sconosciuto è il sacro. Il mondo l’abbiamo tutto qui, davanti agli occhi, appiattito».

La riflessione sulla natura dei rapporti umani lo porta poi a parlare dell’amore di coppia e della sua evoluzione nel tempo. Anche senza eros, secondo Morelli, un legame può continuare ad esistere. «No, resta l’affettività, la relazione». Per lui, infatti, esistono due tipi di amore. «Esistono l’amore della fiamma e l’amore del focolare. Il primo divampa, ma non dura. Il secondo è una brace, emette calore».

Morelli affronta anche un tema che emerge spesso dalle ricerche della rivista “Riza”, da lui diretta: la negatività interiore che alberga in molte persone. «In 8 italiani su 10 albergano rancore, invidia, violenza, cattiveria». Il rancore, in particolare, è un veleno per l’anima. «Quando odiamo, ci autointossichiamo». Per spiegare meglio questo meccanismo, ricorre a una metafora biologica. «Al pari dell’intestino, che assorbe dal cibo le sostanze nutritive e scarta le feci, il cervello trasforma il sangue in coscienza, scartando i pensieri».

Ma spesso non riusciamo a liberarci dai pensieri negativi e dai ricordi, che considera come vere e proprie scorie. «Perché crede che imperversino gli psicofarmaci?». Secondo Morelli, il loro consumo è aumentato enormemente negli ultimi decenni. «Da quando mi sono laureato, il loro consumo è aumentato di otto volte. Oggi 12 milioni di italiani li assumono regolarmente: 5 per la depressione, 2 per l’ansia, 1,5 per gli attacchi di panico, 3,5 per le malattie psicosomatiche».

Morelli: “Sono convinto che l’Alzheimer ci assalga perché ricordiamo troppo”

Il rapporto con il dolore è un altro aspetto centrale della sua visione. «Per lei il dolore delle 9 non è quello delle 20». Questa affermazione suggerisce che la percezione della sofferenza cambia con il tempo. «Qualsiasi evento mi ferisce adesso, ma fra tre ore no». La sua teoria si basa sull’idea che il pensiero stesso possa diventare un nemico. «Sono convinto che il morbo di Alzheimer ci assalga perché ricordiamo troppo, impariamo infinite nozioni inutili».

Anche la sfera sessuale rientra nella sua analisi della condizione umana. È convinto che l’amore fisico possa allungare la vita, ma questo non significa che la castità sia priva di valore. «No. Fin dalle tradizioni più antiche, la castità è il luogo dell’estasi, un orgasmo allargato all’infinito». Tuttavia, oggi il sesso è diventato una prestazione, e ciò ha allontanato gli adolescenti da una visione più naturale della sessualità. «Da quando è diventato una performance, gli adolescenti si sono allontanati dal sesso».

Infine, affronta il tema dell’obesità e del rapporto tra cibo e piacere. «Nel cervello il centro della fame è collegato a quello del piacere». L’educazione alimentare inizia fin da piccoli, spesso influenzata dalle dinamiche familiari. «La mamma: “Vieni a tavola, è pronto”. Il bambino: “Mamma, no, sto giocando”». Secondo Morelli, si mangia troppo perché si è insoddisfatti e si cerca un piacere sostitutivo. «Mangiamo troppo perché siamo insoddisfatti. E spendiamo 136 miliardi di euro l’anno nel gioco d’azzardo».

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