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Luca Barbarossa: “Maradona mi fece una sorpresa e poi cantò al concerto. Vittoria a Sanremo? Stavo per portare un’altra canzone”

Luca Barbarossa: “Maradona mi fece una sorpresa e poi cantò al concerto. Vittoria a Sanremo? Stavo per portare un’altra canzone”. Luca Barbarossa su Maradona, la vittoria a Sanremo nel 1992, e non solo, il cantautore romano, 62 anni, ripercorre alcune tappe della sua carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Luca Barbarossa ha vissuto una carriera eclettica, spaziando tra diverse esperienze che lo hanno portato a essere tennista, teatrante, cantautore, scrittore e conduttore. Lui stesso aggiunge un dettaglio curioso al suo percorso: «Aggiungo “cameriere”: con le mance che guadagnai a Londra comprai la mia prima chitarra acustica».

Da giovane si divideva tra il campo da tennis e la musica di strada, esibendosi in piazza Navona. Racconta di aver avuto la stessa insegnante di tennis di Adriano Panatta, la severissima Wally San Donnino: «La mattina andavo a scuola a Monteverde, poi mangiavo in trattoria (gestita dal padre) e andavo a fare i corsi di tennis». Tuttavia, il suo incontro con Panatta non andò come sognava: «Aveva una decina di anni più di me ma era il mio idolo. Io ero un infiltrato mezzo nascosto dietro le quinte. Me lo ritrovai davanti. Presi fiato, stavo per fargli la domanda della vita, ma lui mi guardò e mi liquidò con un “’a ragazzì, che stai a ‘ffa, vedi d’annattene”, disse scherzando. Ma avevo già capito che non sarei mai diventato Panatta. Così con Mario Amici cominciammo a suonare per strada: Bob Dylan, i Beatles».

Luca Barbarossa: “Carriera? Decisa dopo una frase di Panatta”

Tra i suoi compagni di scuola c’era anche la figlia di Sergio Endrigo, che Barbarossa ebbe poi modo di conoscere. Invece Antonello Venditti, sebbene fosse più grande di lui, entrò nella sua vita in modo singolare: «Le racconto questa: quando mi dividevo ancora tra il tennis, i ristoranti e le esibizioni per strada, mi chiamò un amico: “Guarda che Venditti sta preparando il lancio del suo disco fuori Roma, perché non vieni a guadagnarti la serata?”. E così feci il cameriere per Venditti, servendo al tavolo dove stavano lui, Gato Barbieri e gli altri produttori: 30mila lire di compenso, era il 1979».

Col tempo, Barbarossa e Venditti finirono per lavorare insieme, in un intreccio di eventi che lo stesso cantautore trova divertente: «Antonello aveva lanciato il grande successo Roma Capoccia, una dichiarazione d’amore alla città. Io nel 1981 vengo invitato a Castrocaro. Porto allora una canzone, Roma spogliata, che nelle mie intenzioni doveva essere una risposta polemica a Venditti, il racconto di una città molto più problematica di quella che aveva cantato lui». L’episodio si concluse con una sorpresa: «Ci ritrovammo a incidere nello stesso studio e una sera lui venne da me. “Aho, bella ‘sta canzone”, mi disse, mentre io strabuzzavo gli occhi. E aggiunse: “Posso incidere io le parti al pianoforte?”».

Nel 1992 Barbarossa vinse il Festival di Sanremo con Portami a ballare, un successo inaspettato: «Macché, no, anche perché io volevo portare un brano più impegnato, Cuore d’acciaio. Per fortuna che Morandi e Dalla mi presero da parte e mi dissero: “E togliti la puzza sotto al naso, forza”». Anche le critiche hanno contribuito al suo percorso artistico: «Vecchioni una volta di me disse che ero troppo bello per essere anche bravo. Poi però cambiò idea e oggi mi dice che sono anche bravo».

Luca Barbarossa: “Vittoria a Sanremo? Stavo per portare un’altra canzone”

Nel panorama musicale romano, Barbarossa ha sempre avuto un grande rispetto per Francesco De Gregori, che definisce un amico: «Sì, almeno io lo considero un amico. Quando cominciai a fare il programma Social Club alla radio, lo invitai, ma lui fece finta di niente. Poi un giorno mi telefonò: “Ma sai che la trasmissione è proprio bella?”, mi disse. E poi gli piaceva Virginia Raffaele, tra le nostre ospiti preferite».

Nella sua vita, oltre alla musica, c’è spazio anche per l’amore. Conobbe sua moglie Ingrid Salvat a Parigi, ma inizialmente erano entrambi impegnati: «A Parigi. Ma eravamo entrambi impegnati. Poi lei venne a Roma e da allora non ci siamo più lasciati».

La musica è stata una costante nella sua vita, imparata da autodidatta: «Da solo, mai frequentato scuole. La mia generazione è stata fortunata perché è stata l’ultima ad aver conosciuto la noia. Nei lunghi giorni senza scuola, magari in vacanza, che cosa potevi fare? Magari imparare a suonare. C’era più tempo, c’era più dedizione». Questo, però, gli creò qualche difficoltà nel momento di dover depositare i primi spartiti alla Siae: «Infatti all’inizio era un problema, perché conoscevo poco la musica. Poi un giorno mi presentarono un signore colto e affabile: era Luis Bacalov, padre di un’altra delle mie compagne di classe. Bene, lo spartito di Roma spogliata lo fece lui, fa fede il documento ancora oggi conservato negli archivi della Siae».

Luca Barbarossa: “Maradona mi fece una sorpresa e poi cantò al concerto”

Tra gli episodi memorabili della sua carriera, ricorda con entusiasmo la volta in cui ebbe una grande sorpresa. Da Barbarossa Maradona si presentò al concerto a Napoli, nel 1987: «E non le ho ancora detto il colpo di scena. La volta che a un mio concerto si presentò Maradona. A Napoli. Nell’anno dello scudetto del 1987». L’arrivo del campione argentino creò non poche difficoltà organizzative: «Era questo il punto. Io sapevo che Diego apprezzava alcune mie canzoni, però in quegli anni per lui era impossibile anche solo fare un pezzo di strada a Napoli: la folla impazziva, davvero rischiava di farsi male per l’affetto dei tifosi. Così quella sera tutto era pronto alle Terme di Agnano, quando lo staff di Maradona ci disse che lui avrebbe avuto piacere di partecipare. “E dove lo mettiamo?”, fu la mia domanda piena di gioia, ma anche di sgomento: l’ordine pubblico nei concerti è una cosa seria. Il mio manager allora ebbe un’idea: letteralmente lo nascondemmo dietro l’impianto audio, in modo che nessuno potesse vederlo. Solo alla fine, sulle note di Roma Spogliata, lo chiamai sul palco a duettare con me. Le lascio immaginare la reazione del pubblico: una follia collettiva». Di quella serata non esistono immagini perché: «oggi che la gente pensa a fotografare, all’epoca ti godevi il concerto, ascoltavi la musica».

Infine, una delle sue canzoni più celebri, Portami a ballare, è dedicata a sua madre. Il brano nacque da un’illuminazione: «Una volta vidi mia madre ballare un vecchio rock’n roll. Era aggraziata, bravissima. Per la prima volta la guardai non come una madre, ma come una donna. Mi chiesi: quanto poco sappiamo delle persone che amiamo? E com’erano “prima di noi”? Quella canzone è un omaggio alla bellezza sconosciuta dei nostri amori».

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