Francesco Gabbani: “Carlo Conti? Con una mossa ha cambiato il Festival. Io positivo nei testi ma non significa che non abbia lati oscuri”. Francesco Gabbani su Carlo Conti, il successo del disco dopo il Festival, e non solo, il cantautore toscano, 42 anni, ne parla in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Il successo del suo disco lo sta vivendo con sorpresa, quasi con incredulità. «Mi spiazza, quasi. Io ho una percezione realistica dell’attuale scenario discografico, che passa molto per lo streaming da cui io sono un po’ chiamato fuori rispetto ad artisti più giovani, come ad esempio Olly (che mi piace, e sono felice abbia vinto il Festival). Naturalmente mi fa molto piacere il posizionamento in vetta alla classifica delle vendite di dischi fisici: è un segnale di affetto da parte del mio pubblico, con cui ho un rapporto di fiducia reciproca».
Si ritrova spesso nel ruolo di «portatore di positività» e ammette che si tratta di una scelta consapevole. «Sicuramente. Ma vorrei sottolineare il fatto che è una scelta: l’interfaccia comunicativa che parte dal sorriso e si riflette nei miei testi non significa che io non abbia lati oscuri di sofferenza o di inquietudine. Ho scelto la positività come modus vivendi».
Francesco Gabbani: “Io positivo nei testi ma non significa che non abbia lati oscuri”
Il suo tour nei palazzetti sta per ripartire e l’inizio sarà proprio dalla Toscana, un luogo che per lui ha un significato particolare. «Riprendiamo nella sostanza lo show che a dicembre avevamo fatto al Forum di Milano. Ripartire dal Mandela mi evoca la grande emozione del mio primo palazzetto, a Firenze appunto, all’inizio del 2018. Quel concerto sold out fu una festa a chiusura di un anno strepitoso. Oggi non rimpiango certo il 2017. Sono felice di tornare sul palco del Mandela, che sarà strapieno».
Parlando di Sanremo, ha un’opinione positiva sulla direzione data quest’anno da Carlo Conti. «Carlo Conti ha portato il suo modo di fare spettacolo: ha messo la musica al centro di un festival più asciutto, con meno fronzoli. Secondo me gli artisti hanno apprezzato. Provo verso Carlo un senso di gratitudine, perché ha creduto in me fin dagli inizi: nel 2016 e poi nel 2017 mi ha dato la possibilità di esprimermi quando ancora il pubblico non mi conosceva. Non era scontato che mi riprendesse quest’anno, con una canzone dalla cifra molto diversa: ha dimostrato di apprezzare e rispettare la mia evoluzione».
La sua passione per la musica affonda le radici nel negozio di strumenti musicali della sua famiglia, dove ha lavorato fino al 2016. «Ho lavorato nel negozio dei miei genitori praticamente fino al Sanremo 2016. Se la musica fosse scritta nel mio destino non lo so. Sicuramente, da bambino giocavo con la musica. A 4 anni suonavo per gioco la batteria. Al liceo avevo una band (Trikobalto) con cui suonavo blues e già pensavo di voler fare il cantautore».
Francesco Gabbani: “Carlo Conti? Con una mossa ha cambiato il Festival”
Il momento in cui la musica è diventata per lui qualcosa di serio coincide con il primo grande passo lavorativo, quando i Planet Funk produssero il disco della sua band. «Mi ero appena iscritto al Dams di Firenze quando i Planet Funk produssero il primo disco dei Trikobalto. Era la mia prima chance lavorativa. Lasciai l’università, con grande dispiacere di mia madre che per me aveva immaginato tutto fuorché la strada complicata dell’artista. All’epoca l’ho contrastata, oggi la comprendo. Mio padre, invece, ha sempre cercato di lasciarmi libero, spingendomi però a restare con i piedi per terra. Per questo ho continuato per anni a lavorare in negozio, trasportare pianoforti, montare palchi, fare il fonico…».
Il concetto di accettazione del «non senso» emerge anche in «Viva la vita», una canzone che può sembrare leggera ma che ha un significato profondo. «Una canzone che può sembrare semplicistica ed è, anche, liberatoria, ha una sua dietrologia: nel passaggio “amo la vita così com’è” ci sono tutte le cose a cui non riesco a dare risposte. Fonte di ispirazione è un pensatore fiorentino: Tiziano Terzani. L’anno scorso ho letto La fine è il mio inizio: ho trovato illuminante il modo in cui un uomo colto, che ha toccato con mano culture variegate, a fine vita abbia distrutto tutte le sovrastrutture per arrivare a dire “Risposte non ne ho. Forse è questa l’unica risposta che ho”».
Quando pensa alle sue paure, ne emerge una in particolare: l’ignoto. «Quello che non conosco. Per questo, ancora oggi, ho paura del buio». Infine, riguardo alla possibilità di diventare padre, si dice aperto all’idea. «Sì. Sto cercando il senso della mia esistenza. Se la guardo in senso evoluzionistico, c’è anche la procreazione. Non remo contro».
Seguici anche su Facebook. Clicca qui
Aggiungi Commento