Lella Costa: “Social? Non ci sono per un motivo preciso. Io erede di Franca Valeri? Mi ha onorata ma non parlerei di eredità”. Lella Costa sui social è il ci motivo per cui non di è iscritta, il paragone con Franca Valeri, e non solo. L’attrice, comica e scrittrice milanese, 72 anni, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
L’attrice esordisce rispondendo alla domanda se sia più facile far ridere o far piangere, osservando che entrambe le espressioni rappresentano declinazioni di un’unica attitudine. Ha dichiarato: «Sono diverse declinazioni di una stessa attitudine, che non passa per il razionale. Però i codici della commozione sono più condivisi, quelli della comicità sono più personali. A teatro hai un pubblico che ti sceglie, a differenza della tv che è più ecumenica». Quando le viene chiesto il motivo del titolo del suo nuovo libro, “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione”, spiega: «È una frase di Emma Goldman, che dà anche un senso al ritmo del mio omonimo spettacolo teatrale, con la regia di Serena Sinigaglia. L’idea nasce da una sua provocazione, mentre Gabriele Scotti è stato il nostro sherpa tra le biografie femminili».
Lella Costa: “Social? Non ci sono per un motivo preciso”
Passando al tema della cucina e citando un esempio emblematico, commenta: «Semplicissima. Peraltro la cucina è sempre stata terreno delle donne. Poi, quando ha cominciato a diventare glam, sono arrivati gli chef. Gli uomini ci costruiscono un’epica, su quello che fanno». Riflettendo sugli uomini «bravi», offre qualche esempio storico: «Sì certo. Il marito di Alfonsina Strada le regalò una bici nuova. Il padre di Lucrezia Corner la spinse a studiare e infatti è la prima donna laureata al mondo, nel 1678».
Quando le viene chiesto di ricordare gli uomini «bravi» della sua vita, identifica una figura speciale: «Il migliore è mio marito Andrea, una persona di assoluta generosità, tranquillo e sicuro di sé, non ha bisogno di affermare nessun primato. Capovolgendo la frase che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, accanto a una donna “visibile” c’è un uomo che la sostiene». Sul ruolo di nonna, afferma: «Penso che fare la nonna sia più facile, non perché hai meno responsabilità: a me sembra di averne di più quando vado ai giardini con la piccola. Ma c’è un livello di gioia pura diversa dalla maternità, che poi è stata una scelta trasgressiva per il mio lavoro».
Ricordando il periodo in tournée, spiega: «Cercavo di tornare a dormire a casa. Ma non per le mie figlie, era egoismo: volevo godermi il loro risveglio, prima che qualcun altro le accompagnasse a scuola». Quando si interroga su un errore che non ripeterebbe, confessa: «Quando cercavo di non mancare al loro saggio di fine anno, ma era palese la fatica che avevo fatto. Mi chiedo che messaggio ho mandato…».
Lella Costa: “Pensione? Quel giorno spenderò tutti i miei soldi in analisi”
Alla domanda se avesse mai pensato di smettere di recitare, risponde con fermezza: «No. So che prima o poi succederà per forza, ma sarà il pubblico a farmelo capire. Quel giorno starò male, spenderò tutti i miei soldi in analisi, ma dovrò accettarlo. In fondo è stato, ed è, un grande privilegio stare sul palcoscenico: è beatitudine pura».
Ricordando un’esperienza in un teatro semi vuoto, racconta: «Tantissimi anni fa, a Napoli. Una sera c’erano tipo quattro spettatori». E sottolinea come, nonostante ciò, abbia deciso di andare in scena: «Certo. C’è una regola, a teatro: perché uno spettacolo vada in scena ci deve essere un numero di spettatori pari a quello degli attori, più uno». A proposito della presenza del pubblico, osserva: «Mica per niente si tengono le luci spente. Gli attori sono narcisisti e fragilissimi. Quando vedi uno spettatore alzarsi, e magari sta solo andando al bagno, tu speri che si sia sentito male, sennò è uno sgarbo insopportabile».
Riguardo alle serate difficili, ricorda: «Sempre agli inizi, alle convention aziendali, dove facevo un monologo davanti a persone che continuavano a parlare tra di loro. Ma si chiama gavetta. Del resto mi è capitato di esibirmi nei locali con chi si alzava, andava in bagno, mangiava. E non c’erano ancora i cellulari!».
Lella Costa: “Io erede di Franca Valeri? Mi ha onorata ma non parlerei di eredità”
Sul tema dei telefonini molesti a Teatro, rivela: «Può capitare che squillino la domenica pomeriggio, ma lì non c’è dolo: vengono soprattutto signore di una certa età con dei vecchi Nokia. Prima era diverso. Noi avevamo registrato la suoneria con Bocelli che canta Con te partirò, e non appena un telefonino diventava molesto, la facevamo partire e io improvvisavo un balletto ricordando al pubblico di spendere il cellulare».
Infine, discutendo dei social, conclude: «No. Però mi fa molto ridere quando qualcuno mi dice: “Che fortuna, beata te”. Stare sui social è una scelta. Chi fa il mio mestiere è molto fragile: puoi avere 10 recensioni positive, ma ti concentri sull’unica negativa. Preferisco sottrarmi all’aggressività dei social». Ricordando il teatro in cui si è emozionata di più, menziona: «Al Teatro Regio di Parma. E al Teatro Greco di Siracusa: lì debuttai nel 2020 con La vedova di Socrate, di Franca Valeri; lei mancò poco dopo».
Quando le viene chiesto se si sentisse l’erede di qualcuno, risponde: «Quando mi chiese di interpretare La vedova di Socrate perché secondo lei ero l’unica che poteva farlo, mi ha onorata e commossa. Ma forse non parlerei di eredità». Infine, svelando il suo sogno più ambizioso, conclude: «Un sogno non realistico è il Teatro alla Scala. Dopodiché, ho fatto anche l’opera nella mia vita: ero la voce narrante, e per giunta sui pattini a rotelle, per il Candide di Bernstein all’Opera di Firenze».
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