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Spettacolo

Elio: “Autotune come il doping nel Calcio. Spettatori adulti allibiti quando canto quella canzone”

Elio: “Autotune come il doping nel Calcio. Spettatori adulti allibiti quando canto quella canzone”. Per Elio l’autotune è come il doping nel Calcio, il leader degli Elio e le Storie, 64 anni, parlando del suo nuovo spettacolo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’, non lesina bacchettone agli artisti che ‘abusano’ dello strumento. Di seguito vi proponiamo alcuni passaggi.

Quando un musicista inizia a ridere, la cosa migliore da fare è lasciarlo fare, perché alla fine si finisce per ridere con lui. «Dopo anni d’esperienza con gli Elio e le Storie Tese, comprese scene leggendarie come una sera a Belluno quando c’era ancora Feiez, in cui dopo una gag non riuscivamo a riprendere a suonare, posso garantire che è così. Se ci si diverte sul palco, anche il pubblico si diverte».

Oggi porterà in scena il suo nuovo spettacolo, intitolato proprio «Quando un musicista ride», al Teatro Colosseo di Torino. Anche in questo caso il riferimento è a una canzone di Enzo Jannacci, come già accaduto con il precedente «Ci vuole orecchio». È quindi una sorta di sequel? «Sì, ma questa volta non solo in omaggio a Jannacci. Dopo i tre anni di tour di “Ci vuole orecchio”, i miei collaboratori mi hanno proposto di fare qualcosa di nuovo e siamo partiti da Jannacci per aggiungere brani di Cochi e Renato, Giorgio Gaber, I Gufi, Clem Sacco. Un vero concentrato di follia milanese. Milano è sempre vista come una città lavoratrice, grigia, tutta nebbia e fabbrichette, al massimo da bere e berlusconiana, ma per me il suo ingrediente principale è la follia. O almeno lo è stato nel periodo in cui sono cresciuto».

Elio: “Autotune come il doping nel Calcio”

Negli ultimi tempi, Jovanotti è intervenuto sul tema dell’autotune, in particolare dopo le critiche mosse nei confronti del suo uso durante il Festival di Sanremo. Se da un lato Elio ne aveva parlato malissimo, Jovanotti ha sottolineato che tutto dipende da come lo si usa. «Certo, dipende da quello, anche noi Elio e le Storie Tese nel 2003 lo abbiamo usato in “Budy Giampi” come un effetto per ridere. Il problema è che oggi il 99% dei cantanti se ne serve per correggere l’intonazione. L’autotune è come il doping nello sport, impedisce di gareggiare tutti nelle stesse condizioni. Lo trovo davvero un’umiliazione, sia per chi lo usa che per chi ascolta».

Ma qual è la funzione principale di «Quando un musicista ride»? È più un modo per cantare brani che ama o per salvare un repertorio che rischia di essere dimenticato? «Agisco per impulsi semplici, il primo è fare ciò che mi piace e adoro cantare queste canzoni. Il secondo è l’idea di farle scoprire a chi non le conosce. Agli spettacoli ci sono spesso tanti bambini, sono quelli che ridono di più e sono felice di instillare loro la curiosità verso questa musica. Mentre a volte gli spettatori adulti mi guardano allibiti, per esempio quando canto “La gallina” di Cochi e Renato, come se pensassero “davvero si potevano scrivere certe cose”?».

E a questo come risponde? «Sììì, si poteva ed è giusto così! Nella vita ci devono essere dei limiti, ma nell’ambito dello spettacolo e dell’arte no. Ed è interessante che quando furono scritte queste canzoni, 50 o 60 anni fa, la censura esisteva davvero ma non era così stupida da mettere questi limiti. Oggi teoricamente non c’è, eppure ne esiste una non ufficiale che porta a una diffusa paura di dire o fare qualcosa di sbagliato. Spero che questa paura non ci sia nei miei spettacoli».

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