Danni degli alimenti ultra-processati: non solo obesità, scoperta anche implicazione sull’attività cerebrale. I danni degli alimenti ultra-processati non si limitano al rischio obesità, c’è anche una implicazione legata all’attività cerebrale. Uno studio condotto dalla neuroscienziata Stephanie Kullmann dell’Università di Tubinga, ha analizzato gli effetti di una dieta ipercalorica sul cervello di giovani uomini sani.
Dopo cinque giorni di consumo di snack ad alto contenuto di grassi e zuccheri, i partecipanti non hanno registrato un aumento di peso, ma hanno mostrato cambiamenti significativi nell’attività cerebrale, simili a quelli osservati nelle persone obese. L’esperimento ha coinvolto 29 uomini sani, di cui 18 hanno seguito una dieta ipercalorica.
Ogni partecipante ha ricevuto snack per un totale di 1.500 calorie al giorno, con un consumo medio effettivo di 1.200 calorie. Nei primi giorni, i partecipanti hanno trovato l’esperienza piacevole, ma successivamente hanno iniziato a percepirla come un peso. Dopo cinque giorni, le scansioni cerebrali hanno rivelato un aumento dell’attività nelle aree legate alla ricompensa alimentare, un fenomeno solitamente associato all’obesità e alla resistenza cerebrale all’insulina.
L’insulina svolge un ruolo chiave nel metabolismo e nella regolazione dell’appetito. In condizioni normali, il pancreas la rilascia dopo i pasti, permettendo al cervello di ridurre il senso di fame. Tuttavia, nelle persone con resistenza cerebrale all’insulina, questa risposta è compromessa, favorendo lo sviluppo di obesità e diabete di tipo 2. I risultati dello studio indicano che anche un breve periodo di consumo eccessivo di cibi processati può alterare l’attività cerebrale in modo simile a quanto avviene nelle persone obese.
I dati
Una settimana dopo la fine dell’esperimento, i partecipanti che avevano seguito la dieta ipercalorica hanno mostrato una riduzione dell’attività in due aree del cervello associate alla memoria e alla risposta agli stimoli visivi legati al cibo. Secondo Kullmann, ciò suggerisce che il cervello si adatta rapidamente ai cambiamenti nella dieta, anche prima che si manifesti un aumento di peso significativo.
L’esperta ha paragonato questo fenomeno a quanto accade durante le festività, quando molte persone consumano cibi ultra-processati in grandi quantità. Lo studio ha concluso che la risposta cerebrale all’insulina è collegata all’aumento di peso a lungo termine e a una distribuzione malsana del grasso corporeo. I ricercatori hanno evidenziato che il consumo eccessivo di cibi ricchi di zuccheri e grassi non solo favorisce l’accumulo di grasso nel fegato, ma altera l’azione dell’insulina nel cervello anche dopo la fine del periodo di consumo.
Questi risultati sottolineano l’impatto negativo degli alimenti ultra-processati non solo sul peso corporeo, ma anche sulle funzioni cerebrali. Comprendere questi meccanismi potrebbe aiutare a prevenire disturbi metabolici e cognitivi associati alla dieta moderna. Tuttavia, lo studio ha ricevuto alcune critiche, in particolare da Christoph Buettner della Rutgers University, che ha sollevato dubbi sulla somministrazione di insulina tramite spray nasale, ritenendo che potesse influenzare i risultati. Kullmann ha difeso la metodologia adottata, sottolineando il controllo rigoroso degli effetti dell’insulina nel flusso sanguigno.
Alla conferenza Neuroscience Next 2025 di Buenos Aires, la dottoressa Claudia Suemoto dell’Università di San Paolo ha discusso il legame tra consumo di cibi ultra-processati e declino cognitivo, confermando l’importanza di monitorare l’impatto della dieta sulla salute cerebrale e metabolica.
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