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Alba Parietti: “Mia mamma malata, in casa era paradossale. Ho scelto di raccontare la sua storia per un motivo”

Alba Parietti: “Mia mamma malata, in casa era paradossale. Ho scelto di raccontare la sua storia per un motivo”. Alba Parietti su sua mamma che soffriva di disturbi mentali, l’opinionista televisiva, 63 anni, racconta il motivo per il quale ha scelto di incentrare il suo monologo a ‘Le Iene’ proprio sull’argomento. Di seguito vi proponiamo alcuni passaggi dell’intervista rilasciata a ‘Il Corriere della Sera’.

La complessa storia di sua madre, Grazia Di Pietromaria, una donna dalla personalità mutevole e tormentata da una malattia mai diagnosticata. «Nessuna diagnosi lo ha mai potuto definire, perché lei rifiutava di farsi visitare dai medici», spiega Alba, ricordando l’atmosfera vissuta in casa che definisce «paradossale». «C’era una donna allegra e premurosa che, nel giro di poco tempo, diventava sospettosa, aggressiva, a tratti violenta con mio padre. Si auto-convinceva che era in atto un complotto contro di lei, dichiarava che i miei amici o noi stessi della famiglia fossimo una specie di Associazione votata a fare del male».

Fin da bambina, Alba ha assistito a questi cambiamenti improvvisi e dolorosi. «Ricordo quando lei e papà ingaggiavano forti litigi. Mio padre — sbagliando, ma oggi posso capirlo — minacciava di lasciarla e allora lei dichiarava che mi avrebbero spedito in collegio. Al solo sentire quella parola scoppiavo a piangere, mi buttavo a terra». Un dolore che la piccola Alba cercava di gestire a modo suo. «A un’amica dissi che mi avevano fatto una puntura che non faceva più sentire dolore. È evidente che cercavo di proteggermi dal dolore psichico traslandolo sul piano fisico. Ancora oggi ho una soglia di sopportazione del dolore altissima».

Alba Parietti: “Mia mamma malata, in casa era paradossale”

Nonostante le difficoltà, Alba rifiuta di vedersi come una vittima. «Guardi, in questo racconto non voglio essere una vittima. Innanzitutto perché non mi sento tale e poi perché se oggi sono quella che sono — una donna realizzata, una mamma a mia volta e una professionista —, è stato anche grazie a mia madre». Oggi, con la lucidità dell’età adulta, riflette sul contesto dell’epoca. «Grazia era malata, ma all’epoca era difficile fare i conti con le malattie mentali. Vigeva una sorta di “non detto” per cui bisognava “tenere tutto in famiglia” e mio padre ha scelto di fare così per proteggerla. Perché, vede, negli Anni Sessanta l’unica alternativa era il manicomio».

Anni dopo, Alba ha ritrovato i diari della madre, scoprendo un nuovo lato della sua storia. «Un mondo. Grazia ha tenuto un diario dall’età di 7 anni fino alla morte. Parlava della guerra, ma anche della malattia. Parlava di sé in terza persona e solo allora, dopo la sua morte, ho capito: lei era consapevole di quello che le stava succedendo. Anche lei ha sofferto, non solo noi». Questa consapevolezza ha suscitato in Alba un senso di colpa per alcune sue reazioni passate. «E allora mi sono sentita in colpa, perché non nascondo che qualche volta io sono stata aggressiva. Un giorno, esasperata, ho preso una sedia e l’ho scagliata contro il muro».

Alba Parietti: “Mia mamma? Ho scelto di raccontare la sua storia per un motivo”

Il senso di colpa ha continuato a farsi sentire anche in età adulta, soprattutto quando si è trovata a prendere una decisione difficile. «Quando mamma entrò in stato di morte cerebrale dopo un ictus, io diedi l’autorizzazione all’espianto degli organi. Mi sembrava bello poter donare la vita a qualcun altro. Ma poi ho cominciato a tormentarmi: e se l’avessi fatto, inconsapevolmente, per vendicarmi di lei? Così anche io ho sottoscritto per me stessa la tessera da donatrice. Per mettermi l’animo in pace».

Attraverso i diari, Alba ha scoperto che anche altri membri della sua famiglia avevano sofferto di disturbi mentali. «Fino ai dieci anni non ho saputo di avere uno zio. Aldo soffriva di schizofrenia, era internato nel manicomio di Collegno. Ricordo quando lo vidi per la prima volta: lo sguardo perso, l’odore di borotalco. Ero poco più di una bambina, non potevo capire, solo oggi affronto con obiettività tutto questo e il dolore mi ha insegnato che, dietro la malattia mentale, si celano sensibilità uniche, menti geniali».

Nonostante le sofferenze, Alba riconosce il valore della sua famiglia. «Mia madre era raffinata e ironica, mio zio era un intellettuale. Però erano dei malati e i malati sanno essere dei fini manipolatori, seppure inconsapevoli». In passato, la malattia mentale veniva trattata con metodi drastici. «E all’epoca, le malattie mentali le curavano con l’elettroshock e per il resto era proibito parlarne». Oggi, invece, la situazione è diversa, e Alba sente la responsabilità di condividere la sua esperienza. «Oggi non è più così. Oggi possiamo e dobbiamo parlarne. Ed è per questo che ho scelto di raccontare la storia di mia madre: spero che questo faccia da sprone per le tante persone che stanno affrontando quello che ho affrontato io».

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