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Vecchioni: “Mia moglie non si è ripresa dopo la morte di Arrigo. Successo nel 2024? Forse un modo della vita per ripagarmi”

Vecchioni: “Mia moglie non si è ripresa dopo la morte di Arrigo. Successo nel 2024? Forse un modo della vita per ripagarmi”. Roberto Vecchioni sulla moglie, che non si è più ripresa dopo la morte del figlio, il cantautore brianzolo di origini napoletane, 81 anni, ne parla in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

L’artista ha dichiarato di voler far riflettere sul concetto di amare la vita comunque sia, bella o brutta che sia, perché in realtà è sempre bella. Questo pensiero si carica di un significato ancora più profondo alla luce della tragedia che lo ha colpito due anni fa, con la perdita del figlio Arrigo. Riflettendo su come si possa affrontare un dolore tanto grande, ha spiegato: «È il senso dell’Infinito di Leopardi, comprendere che dolore e gioie nella vita capitano a tutti, per natura o destino. Le persone sono colpite da tante malattie gravi, da problemi mentali, spirituali. È impossibile guarire dal dolore: la mamma (mia moglie Daria) non vive più. È strano, fai tantissime cose, è un continuo darsi da fare ed essere impegnati per essere in condizione di risolvere problemi. Eppure, quando ti fermi per un attimo, c’è solo quel pensiero, a mio figlio».

Guardando all’anno appena trascorso, ha raccontato quanto sia stato intenso per lui. «Il 2024 è stato un anno trionfale, con 50 concerti, la partecipazione a Sanremo in duetto con Alfa nella serata delle cover, l’uscita del libro, uno sbattersi in modo tremendo. Ho pensato che fosse un modo della vita per ripagarmi. Ma nulla ti potrà mai ripagare dalla perdita di un figlio». Nonostante la sofferenza, però, qualcosa rimane. A questo proposito, ha detto: «I sogni e lo stare vicino a mia moglie che ha in testa solo il figlio».

Vecchioni: “Mia moglie non si è ripresa dopo la morte di Arrigo”

Il legame con la moglie è profondo e duraturo. Quando gli viene chiesto da quanti anni stanno insieme, risponde semplicemente: «Quarantatré». A proposito del segreto di una relazione tanto lunga, spiega: «Avere un sacco di pazienza da entrambe le parti. Nel momento in cui uno sta bene deve badare all’altro: deve vincere chi sta perdendo, senza far vedere che lo fai apposta».

Da pochi giorni è arrivato in libreria il suo nuovo libro, ‘L’orso bianco era nero. Storia e leggenda della parola’, edito da Piemme. Lo descrive così: «È un elogio della parola che desidero arrivi a tutti, un libro per chi vuole amare e capire ciò che si dice e dicono sofisti, politici, pubblicitari. Lo definirei un pastiche sulla parola, un libro serio popolarizzato, che raccoglie tante cose che ho scritto e annotato negli anni, stipate in block notes, quaderni, schemi per lezioni, sghiribizzi personali. Non è una grammatica, ma tratta la parola da amare, specchio del pensiero: per questo chi parla allo stesso modo è simile, ha lo stesso cuore e anima. Dovrebbe essere così anche per noi popoli dell’Europa».

Nel suo rapporto con il linguaggio, emergono anche immagini poetiche e suggestive. Quando definisce le parole come «gioielli che soffrono per arrivare a te», gli viene chiesto se ce ne sia una in particolare che ama. Risponde: «Quelle che hanno la radice europea “lb”, live e life in inglese, liebe in tedesco, libertà, libro, ma anche libidine in italiano. Sono parole bellissime».

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